Nella scuola di sopravvivenza, frequentata nostro malgrado, una delle discipline fondamentali é il “Disincanto”. Il corpo docente della materia é più numeroso di quanto si possa immaginare: da Tolstoy a Nietzsche, da Trilussa a Gioacchino Belli, da Max Weber a Lyotad, da Tourain a Beck, da Enzo Romano a Giorgio Bocca. Ma tra tante eccellenze spicca il nome di un docente particolare: Jep Gabardella, eccentrico protagonista dell’ultimo film di Sorrentino, convinto sostenitore del teorema “bisogna allontanarsi dal mondo per meglio sbalordirsene!”.
Le passeggiate solitarie di Jep lungo le strade di una Roma bella nonostante tutto, ostinatamente opulenta, ma in piena decadenza, sollecitano nei discepoli più attenti una infinità di riflessioni.
Roma Capitale, vista dalle barricate dei possidenti, rappresenta emblematicamente la “sclerosItalia”. Raggiunto l’apice della cultura dell’apparenza, i personaggi da circo che popolano la Capitale hanno rinunciato al perseguimento della “Grande Bellezza” individuale e collettiva, mascherando con rappresentazioni di felicità e di benessere il loro vuoto interiore.
Si salva Jep tra le schiere degli insipienti opponendosi alla mediocrità con l’utilizzo della formula magica del disincanto.
Il disincantato avverte una perdita di senso e il declino dei propri valori, sa vedere la realtà al di là delle “messe in scena”.
Il disincanto non é indifferenza, non é immobilismo, né sprezzo per l’altrui natura, non è snobismo, né arroccamento, é piuttosto un atteggiamento culturale teso al mutamento e alla perfettibilità di un presente dalle tinte volgari.
La distanza stabilita da chi pratica il disincanto aiuta a sopportare meglio il dibattito sulla decadenza dell’ex premier, a osservare senza patimenti lo svicolare dei partiti dinanzi alle priorità dei bisogni dei cittadini e lo slalom di un governo nato zoppo, aiuta persino ad accettare le appassionate gare di karaoke sulle nostre piazze!
Non ci consola sapere che la cultura dell’apparenza ha pervaso ormai tutte le società occidentali e che, epidemicamente, sta dilagando nei paesi emergenti!
Si é avverata la profezia di Zarathustra:” Gli ultimi uomini saranno una massa di mediocri che crederà di aver trovato la felicità nel benessere materiale”.
È il risultato di quella razionalizzazione del mondo ad opera della scienza di cui parlava Max Weber agli inizi del secolo? La responsabilità di tutto ciò è davvero riconducibile all’insaziabile progredire della scienza? Quanto ci pacificherebbe una risposta affermativa! Siamo sempre stati abili cacciatori di attenuanti! In realtà, più che l’ansia della sperimentazione è stata la sete di arricchimento che ha sconfessato la sacralità delle scelte esistenziali più importanti e ha compromesso per sempre il cammino dell’uomo verso la Grande Bellezza.
Superata la materia, il “disincantato” inizierà la sua nuova esistenza, ritroverà la spiritualità smarrita, salverà uno dei suoi organi vitali, non sarà mai più gregario, ma avrà difficoltà a uscire fuori dal fortilizio di sé, poiché è indubbio che la strada del disincanto celi i suoi rischi!
L’isolamento sociale è uno dei rischi più prevedibili: le rivoluzioni individuali hanno sempre avuto difficoltà a scrivere una storia propria.
Verrà un giorno in cui il pendolo tra speranza e disincanto farà risentire i suoi tocchi nel profondo dell’anima del disincantato, lo porterà a fare ancora proselitismo, gli proporrà una nuova prospettiva dell’utopia e, infine, gli benderà gli occhi per fargli intraprendere un altro viaggio, poiché se è vero che solamente Don Chisciotte poteva credere che la bacinella del barbiere fosse l’elmo di Mambrino, è anche vero che senza il viaggio di ricerca del mitico Cavaliere Errante il mondo sarebbe incompleto, perduto.
Nietta Bruno
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