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La politica che torna alla fine dell’estate

politica 2+2I giovani lasciano le spiagge e l’antipolitica riposa stanca per il Solleone ed i temporali fisici e politici e si affida ai messaggi mediatici ed ad Internet, sperando nelle difficoltà di Berlusconi ed inseguendo i sogni di Renzi.

Il terzo settore del corpo elettorale (diciamo quello che si è astenuto nelle ultime recenti elezioni), si divide, mi scrive un intellettuale, noto per le battaglie sulle pari opportunità, Silvio Di Giorgio, in attività più o meno rinunciatarie (apatìa, apostasìa, atarassìa, disimpegno e disinteresse della cosa pubblica, rinuncia, delusione, autoemarginazione dal contesto sociale e partecipativo) e/o si rinchiude in contesti sportivi, celebrativi ed esaltativi dei consumi, delle chiacchiere, dei tornei più o meno ludici, della moda e dello spettacolo, dei viaggi da raccontare senza scopo di arricchimento culturale.

Per altri, forse, le astensioni sono segnali di un rigorismo auspicato di esigenza morale ed etica da parte della classe politica e dei governi, in un molto variegato mondo della non partecipazione apparsa sempre più crescente, se si escludono i convegni in sordina dei movimenti cattolici.

Prevale il rifiuto di quella politica, in cui economia e finanza appaiono disgiunte dal fabbisogno socio-economico, dalla correttezza e dal buon governo della cosa pubblica.

E Bagnasco, il presidente dei Vescovi Italiani, se ne fa portavoce, parlando a Famiglia Cristiana ed avvertendo, che “c’è chi ha bisogno del pane“ e “non per modo di dire”, “c’è sempre un clima surriscaldato e demagogico che preferisce all’affronto dei problemi la scorciatoia degli slogan e delle dichiarazioni incendiarie”.

Sono stati disattesi i principi fondamentali di una organizzazione statuale e sociale e di un sano sistema economico, pur di produrre falsi miti di benessere, arricchimenti facili e discutibili, godimenti fisici e materialistici, ma anche male affari, illegalità e profitti a danno dei bilanci pubblici (ma anche privati), dei patrimoni pubblici e privati.

Ciò ha consentito ad una casta plutocratica, più o meno ampia, di personaggi di godere, anche, di trattamenti pensionistici oltre ogni giusta ricompensa.

Nessun governo ha ritenuto necessario ed opportuno provvedere in tempo a congelare e ricalcolare (in meno) il surplus del surplus (forse centuplicato), erogato a favore di boiardi di stato o manager privati di primissimo piano, e chissà con quali evasioni fiscali e contributive.

Nessun governo ha pensato di redistribuire il carico fiscale e combattere l’evasione fiscale con mezzi e risorse umane adeguati, con la conseguenza che vi sono in giro politici più o meno evidenti, i quali nella sostanza vorrebbero patteggiare i due aspetti del binomio: produrre ricchezza e dare lavoro contro indisponibilità ad assumere il ruolo di “soggetti fiscalmente onerati e perseguibili”, se non con applicazione di aliquote ridotte in virtù di un assunto che probabilmente non accoglierebbe nè il principio progressivo, né tanto meno quello proporzionale.

I magistrati hanno colpito Berlusconi, colto in flagranza per problemi fiscali, per una colpa, che potrebbe apparire relativa se passasse il messaggio della improcedibilità per motivi fiscali ed il Governo, nonostante le dichiarazioni di Letta, vive ancora momenti di turbolenza. Falchi e colombe stentano a fare sul serio e i temporali che preannuncino crisi ed elezioni anticipate si fanno ora più vicini, ora temporaneamente scansati.

Nel mondo i giornali hanno un bersaglio in meno per le avventure galanti di un Presidente, che ha governato per tanti anni e portato l’Italia a vendere ai ricchi beni di consumo di eccellenza, fino ad accrescere l’interesse internazionale delle grandi marche ad adescare il ”made “ in Italia, garantendo, in cambio, stabilità al Paese, anche se spesso in condizioni di isolamento politico-parlamentare .

Per fortuna del mondo c’è un nuovo papa Francesco, venuto dal Sud, che stenta ad ambientarsi nei fasti della Chiesa, che lo ha eletto Pontefice e Vescovo di Roma, che ricerca nuova collegialità e non tarda a rinnovare i suoi collaboratori.

Ha iniziato i viaggi del Pontificato da Lampedusa per incontrare gli straccioni, che arrivano notte tempo in cerca dell’accoglienza sicula, come primo approdo per raggiungere l’Europa dei ricchi, anche se in crisi.

Cercano pane per sfamarsi e lavoro per vivere da emigrati, talvolta con le loro famiglie, quasi a ricordare le leggi della natura che si rispettano in tutte le contrade.

E poi da Rio, Francesco ha voluto incontrare milioni di giovani, che hanno cancellato le differenze culturali, religiose, economiche, le distanze etniche, per ritrovare momenti di fraternità per la giustizia e la pace, per riscoprire i diritti naturali dei popoli, per ritrovare la fede nella comune origine della persona umana, da difendere nella sua dignità universale e creativa attraverso il lavoro, la famiglia e la pace, per la quale eleva, in questi giorni, un accorato appello ai Governanti del mondo.

Nella vecchia Europa questo papa ha stregato le nostre riflessioni sui richiesti cambiamenti rivoluzionari ed attenuato i contrasti tra gli ideologhi della destra e della sinistra, storicamente all’origine dei grandi dissesti e degli eventi bellici calamitosi, che hanno coinvolto il mondo intero, nella prima metà del secolo scorso.

Oggi diffonde messaggi di pace tra culture e religioni, tra nazioni e continenti, ed invita, coloro che ricoprono responsabilità pubbliche, senza confusione di ruoli e di interferenze, a vivere a contatto con i bisogni dei popoli, ad essere aperti politicamente alla società, per costruire comunità nuove più giuste, libere, partecipate, che rifiutino ogni violenza e dispotismi .

A Roma, prima dei suoi viaggi, Papa Francesco aveva invitato i ragazzi delle scuole ad avvicinarsi alla politica e con il rispetto dei grandi pontefici, suoi predecessori, aveva proposto, sulle indicazioni di Benedetto XVI, una sua prima Enciclica, la Lumen Fidei, quasi a ridisegnare un riferimento istituzionale, evangelico, offerto, dalla Chiesa cattolica, come momento nuovo di dialogo, di ripensamento, di speranza, di conforto alla missione umana.

Da Rio de Ianeiro, il 25 luglio, come ci ha ricordato in un editoriale di “la Repubblica”Barbara Spinelli, dalla cattedrale di San Sebastiano, il papa che testimonia in prima persona la sua missione, si è rivolto ai suoi fedeli, religiosi e laici, e li ha invitati a concretizzare l’amore verso il prossimo bisognoso.

E, se fosse necessario, ha affermato: “meglio fare casino, che chiudersi dentro i recinti delle proprie parrocchie e immaginarsi potenti, anche se dentro già si è morti. Meglio uscire “fuori per strada” e disturbare e farsi valere, piuttosto che installarsi nella comodità, nel clericalismo, nella mondanità, in tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi”.

La giornalista laica sembra confondersi e condividere le suggestioni di quel richiamo rivolto alla sua Chiesa. Ed ai suoi fedeli, l’uomo più pacifico del mondo, è sembrato portare alla politica l’accorato disegno del Cristo del Vangelo, che non è venuto a portare la pace ma la guerra dell’amore, della solidarietà.

E la politica dei militanti ha ricevuto una scossa, lascia le vacanze, prepara decreti e proposte di legge,ed i cattolici tutti avvertono che sono chiamati al fare, al proporre, a partecipare al cambiamento epocale, che si richiede per superare tutte le crisi incombenti sull’umanità lontana e vicina al nostro vivere.

Non sono sufficienti le categorie di destra e di sinistra, ammorbate dal tempo.

A Eugenio Scalari forse dispiace, ma deve prenderne atto. Già Bobbio aveva tentato di superare quella dialettica, anche se talvolta costruttiva.

Per non subire il potere della finanza internazionale l’Europa reagisce ed in Italia si è ritentato, con il contributo significativo dell’UDC, di sperimentare le larghe intese, prima con Monti e poi politicamente con Letta, sull’onda lunga della storia e dell’antifascismo postbellico, caro a De Gasperi ed ai Costituenti.

Ed è stato uno sforzo generoso di superare i consolidati comportamenti delle comode guerre fredde, che non basta a tracciare la fine delle turbolenze e il rintanarsi delle masse nell’antipolitica silenziosa, astensionistica, che determina il crollo dei consensi tradizionali dei partiti di destra e di sinistra o provocatoria di radicali cambiamenti

generazionali, animati non da movimenti storici, sindacali, culturali, ideologici, ma da stregonerie spettacolari, pur cariche di temporanei successi.

Ecco ora dopo la calda estate l’inizio dei ripensamenti dei partiti, consapevoli di ricercare un nuovo assetto operativo e prospettico tra moderne istanze giovanilistiche e localistiche (Renzi raccoglie i sindaci del Sud, intanto per problemi interni), e difese di organigrammi esistenzialistici, colpiti gravemente dagli elettori.

A destra si curano, nel contempo, le ferite inferte al leader dalla magistratura, che procede nel suo corso, anche se talvolta ad orologeria, e si spera nella saggezza di Napolitano nel dirimere le sopravvenute tensioni.

Al centro, danneggiato dal sistema elettorale, che favorisce inverosimilmente e ormai da lungo tempo, un bipartitismo, spesso di facciata, si spera nella fantasia e nella memoria di un proporzionalismo, che, con le preferenze, manteneva comunque un contatto con la società e l’elettorato e si aprono i cantieri della mobilità politica, alla quale i cattolici hanno, negli ultimi anni, offerto contributi notevoli, anche se non significativi nell’attestazione dei risultati conseguiti.

Ma il lievito ha una funzione di fermento, non di evidenziazione e di potere.

Spetta all’UDC di un moderato in maniera profetica, non molto fortunato, per alcuni, nelle ultime elezioni nazionali, Pierferdinando Casini, di avere generosamente pensato e sostenuto, prima il Governo dei tecnici delle larghe intese e poi il Governo Letta ed ora la difficile ripresa di iniziative politiche, guardando all’Europa.

Aveva, infatti, l’UDC condotto a Chianciano, nell’autunno del 2012 una campagna di apertura a rappresentanze più legate ai mondi della cultura, delle imprese, dei movimenti sociali, più che agli organigrammi dei partiti, fino ad aiutarle a confluire in quelle cioè condivise, anche personalmente, con Scelta Civica.

Un innesto, in carenza di strumenti elettorali innovativi, che non è stato accolto, per i tempi, per la breve preparazione, per la non presentazione ed elaborazione di un programma capace di diffusa comprensione, di condivisione, di consensi, per avere sostenuto il peso difensivo, doveroso, del Governo non popolare di Monti, e incerto, nello scontro elettorale bipolare di approdi certi, per il futuro, per il non radicamento di Scelta civica, alla quale è arrivato il sostegno dell’UDC.

Si impone ora la faticosa ripresa del dialogo operativo, che esiste nel parlamento, tra Scelta Civica e l’ UDC, e Paola Binetti, Giuseppe De Mita, Cesa, Buttiglione, De Poli, Galletti, Dellai e numerosi parlamentari se ne fanno portavoci sensitivi, a Roma come ad Avellino, presenti con Monti, Ciriaco De Mita, Casini, Mauro e D’Alia, quasi a voler superare resistenze di posizione di natura elettorale, troppo recenti, ed evitare i malintesi ai quali anche Monti, per amplificazione della stampa, non sempre è riuscito a dirimere.

Al di là dello spontaneismo e della rinuncia ai palcoscenici tradizionali, sono comunque da stimolare questi recenti tentativi tra parlamentari e sostenitori dei due gruppi, per riprendere, a tappe forzate, un dibattito su tutte le motivazioni che portano all’intesa ed all’allargamento del progetto, in vista delle Europee e della maggiore incidenza propositiva nel Governo in atto unitariamente, sostenuto.

A perdere, al momento, è toccato, nelle apparenze mediatiche, al Coordinatore di Scelta Civica, Olivero, affiancato ora da un ufficio di presidenza, quasi ad avviare una autonoma vita partitica di Scelta Civica, più che disegnare un cammino comune con l’UDC ed oltre l’UDC e Scelta Civica, tale da superare i recinti partitici tradizionali ed essere riferimento per nuovi traguardi dei moderati di centro, che non escludano i rinnovati fermenti di movimenti e associazioni di ispirazione cattolica e laica.

Si tratta, infatti, di offrire spazi operativi e culturali politici, di convergenze e di rappresentanza, non solo ad associazioni, di antica e contestata ispirazione e rivendicazione come la Associazione Nuova Democrazia Cristiana, di Gianni Fontana, alla DC di Angelo Sandri (in contestazione con Pizza e Rotondi), ma al CDU di Tassone, alla Cosa Rosa di Pezzotta, ai Forum delle Associazioni del Lavoro di ispirazione cristiana, a Retinopera ed alle Consulte laicali, alle Fondazioni culturali e sociali ed ai tanti politici cattolici e laici, presenti ed operanti nelle diverse collocazioni partitiche, anche se spesso insofferenti e guardati con diffidenza.

Nessuna volontà restaurativa di esperienze, anche nobili e legate alla migliore storia della democrazia italiana, ma di riproporsi, sulla base di una laicità delle origini (da Sturzo agli studiosi di Camaldoli, a De Gasperi ), conosciuta ed accettata dal cattolicesimo di papa Francesco, che offre una piattaforma di sensibilità, di voglia di cambiamento, di riformismo, che centri l’attenzione sulla persona umana, sui temi del lavoro, della famiglia, dell’ambiente, della cultura dei giovani e delle donne, dell’etica pubblica dell’ Europa e della sopranazionalità della politica italiana ed europea nei riguardi dei popoli nuovi e dei bisogni delle nazioni.

L’estate, che si avvia alla fine, non è mancata di realizzare iniziative di studio, dalle Giornate della FUCI tornata a Camaldoli, alla Associazione degli ex parlamentari, chiamata da Gerardo Bianco a riflettere sulla Costituzione ed i Costruenti, alla Sicilia, da parte dell’UDC (ove D’Alia ha consegnato il testimone del suo operato programmatico per il Governo Crocetta a Giovanni Pistorio).

Ora si annuncia il Convegno di Senigallia del Movimento Cristiano dei Lavoratori, dal 5 -6 e 7 settembre, sul tema “La Famiglia ed il Lavoro“ e la Settimana Sociale dei Cattolici di Torino dal 12 al 15 settembre, ancora sul tema “Famiglia, speranza e futuro della società italiana”.

L’annuale riflessione dell’UDC di Chianciano, dal 13 al 15 settembre, si presenta, infine, come offerta di dibattito politico, che l’UDC (sulla scia dei convegni estivi della tradizione di Saint Vincent di Donat Cattin), offre ai mondi vitali dell’associazionismo cattolico e laico, ed in questo momento ai partiti in un confronto serrato di verifiche e di impegni rassicuranti il paese con alcuni propositi del Governo in carica.

E forse il disgelo dei rapporti tra l’UDC e Scelta Civica, dopo l’iniziale comune cammino, ci auguriamo che possa essere definitivo.

Il Chianciano dell’UDC, pur nei suoi contenuti interni, sarà un’occasione anche per Letta, che non ha lesinato la sua presenza al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini?

E tutto nell’ottica del ruolo europeo della politica italiana, così sollecitata, da una presenza forte dell’Italia per i prossimi mesi, per il suo prestigio nazionale e per i problemi internazionali, presenti nel mediterraneo e per quelli della fame, della cultura, del lavoro, della salute, della mobilità umana, dalle incancellabili testimonianze dei viaggi di Papa Francesco per la pace.

Senza retorica e messianismo d’occasione, senza orgoglio e appartenenze, non potrà mancare il contributo della cattolicità ad operare, all’unisono con altre forze religiose, partitiche e culturali, per il bene del Paese, dell’Europa, e della pace tra i popoli del mediterraneo e nuovi dai bisogni esistenziali.

Non possiamo, infatti laici credenti e non, disconoscere il generoso invito alla solidarietà od alla politica, come massima espressione di carità, di operosità, di generosità civica, a livello nazionale ed internazionale, che la Lumen Fidei conferma e l’appello per la pace rende urgente ed universale.

Ferdinando Russo

onnandorusso@alice.it

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