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Customer (un)satisfaction: un servizio del cavo(lo)

cavo-asusLa soddisfazione del cliente è sinonimo di qualità. Se io cliente rimango soddisfatto del tuo prodotto o servizio, questo è di qualità, altrimenti non lo è, e prima o poi mi rivolgerò ad altri. Con la crisi appena iniziata nel 2007, e che si aggraverà nei prossimi 20 anni per portarci – volenti o nolenti – in un mondo nuovo, più saggio o più folle a nostra scelta, un modo per restare sul mercato è mirare alla qualità, e quindi ricorrere a tutti gli espedienti per soddisfare i propri clienti. Il design proprietario e chiuso va contro questa logica, perché complica la vita al cliente per gretti interessi del produttore, e quindi produce insoddisfazione del cliente, e dunque non-qualità. Lo prova il racconto di quanto mi è accaduto in questi giorni.

Da poco più di un anno ho un Eee-pad Transformer Asus, che funziona benissimo. L’unico punto debole è il sistema di caricamento della batteria, composto da un trasformatore da 5 volt con femmina usb e da un cavo che da una parte ha il maschio usb, dall’altra uno spinotto che entra SOLO nell’apparecchio in questione. Già questa è una schizofrenia progettuale: perché mi fai un cavo con un capo universale e l’altro kafkianamente riservato? Progettista Asus, non sai che esistono normali cavi con capo e coda usb, usati in tutti i pc, o mini usb, come quelli di tutti gli smartphone e gli e-reader?

La cosa non costituirebbe un grosso problema se alimentatore e cavo fossero indistruttibili. Invece il cavo è proprio il tallone d’Achille dell’apparecchio, e sono moltissimi i clienti che ne lamentano la rottura.

Nel mio caso, quando ho visto che il pad non si caricava più, sono andato nel negozio in cui l’avevo acquistato, e mi hanno detto che effettivamente non funzionava (grazie, sono qui per questo), ma non sapevano se era guasto l’alimentatore o il cavo.

– Bene, datemi un altro alimentatore e un altro cavo.

– Mi dispiace, ma non li abbiamo. Lei è in garanzia?

– No, mi è scaduta da un mese (a proposito di evasione fiscale, se acquisti senza fattura hai una garanzia di due anni, se vuoi la fattura la garanzia è di un anno).

– Peccato, perché era l’unico modo di risolvere il problema.

– E allora? Che cosa posso fare?

– Si rivolga all’assistenza Asus.

– Mi dà un indirizzo?

– No, se lo cerchi su internet.

Questo primo dialogo è già un bel modo per soddisfare il cliente… Pazienza, torno a casa, mi metto al pc, vado sul sito Asus, e scrivo all’assistenza on line, che mi risponde subito con una email predefinita in cui mi si dice di resettare tutto. Naturalmente non lo faccio, perché il problema è del cavo, non del software. Mi rimetto in cerca sul web, e scopro che l’assistenza Asus più vicina si trova a 70 km. Vedo se posso fare l’acquisto via web, e trovo tante soluzioni dai 30 ai 10 euro, che si dichiarano tutte buone per la mia tavoletta. Per cercare di capirci qualcosa, vado sul forum degli androidiani e constato che alcuni hanno acquistato alimentatori compatibili ma non funzionano, altri hanno messo addirittura l’alimentatore nel frigo. Lo faccio anch’io, ma naturalmente non funziona.

Allora decido di andare in laboratorio dove io possa con i miei occhi vedere se funziona ciò che vado ad acquistare. Telefono all’assistenza e spiego il mio problema. Mi dicono di passare portando tavoletta e cavo. Organizzo la gita a Corinaldo, e partiamo. Arrivato nel laboratorio, mi dicono di lasciare il tutto e ripassare l’indomani.

– Ma io vengo da Porto Recanati!

– Ah, allora può ripassare fra un paio d’ore. Intanto dobbiamo riempire due moduli.

– Per un cavo?

– Sì, che vuole, è la burocrazia italiana…

– Ma non siete un ministero, siete un laboratorio!

– Ha ragione, ma siamo obbligati.

Rinuncio a chiedere chi li obbliga, e andiamo a visitare Ostra Vetere, paesino antico molto bello con più chiese che case, fra cui una brutta chiesa finto gotica del secolo scorso.

Torno nel laboratorio, e il tecnico mi dice che ha riparato il cavo e ha controllato l’alimentatore, per cui ora funziona tutto. La riparazione consiste nell’allargare leggermente con un taglierino due alette del contatto che si erano chiuse e lo facevano ballare nell’alloggiamento (ahi ahi, progettista Asus! Mi fai un contatto chiuso e proprietario, e dopo un po’ si mette pure a ballare fino a perdere il contatto! Se usavi una usb tutto questo non succedeva. Che razza di designer tecnico sei?).

Esprimo il mio disappunto, con voce sempre più irritata. Normalmente sono calmo, ma da qualche tempo ho deciso di arrabbiarmi a freddo come forma di protesta civile.

– Ma vi pare possibile che per un cavo che non fa contatto devo farmi 140 km, quando se avessero usato un cavo universale non ci sarebbe stato nessun problema?

– Beh, lo fanno per vendere il loro cavo.

– E vi pare una ragione buona per il cliente?

– No, ma loro fanno così.

– E se vogliono che io compri solo il loro cavo, perché non me lo vendono? Perché non lo danno ai rivenditori? Ho capito, mi costringi a comprarlo, ma almeno vendimelo!

– I rivenditori pensano solo a vendere il prodotto nuovo.

– E a me cliente che cosa me ne importa? Non vi pare che questo sia un modo perverso e sadico di trattare i clienti?

– Sì. A noi non danno neanche i pezzi di ricambio per le riparazioni.

– E dunque? Perché non protestate?

– Perché è inutile. La Asus fa fare le riparazioni in garanzia solo nella repubblica ceca.

– E se la mia riparazione è fuori garanzia?

– Si arrangia. In tal modo pensano che lei compri la nuova versione, che nel frattempo è uscita.

– Solo per il cavo?

– Eh, se le si rompeva prima le facevano tutto in garanzia.

– Quindi se avessi trattato male la tavoletta e l’avessi rotta entro la garanzia, sarebbe stato meglio?

– Beh, effettivamente sì.

– E vi pare che un cliente possa essere contento di tutto ciò?

– No. Ce ne rendiamo conto noi stessi.

– E allora protestate anche voi! Ora per stare tranquillo, visto che il cavo è una ciofeca, me ne ordini un altro, così se si rompe di nuovo non sono costretto a tornare fin qui.

Dopo un’altra procedura di mezz’ora mi ordina alimentatore e cavo, che arriveranno fra non meno di tre settimane (tecnologia veloce, quando un cavo usb l’avrei avuto nel tempo di andare in negozio), e che con la riparazione mi costano 40 euro (un cavo usb costa 2 euro e si trova ovunque!).

Care imprese, è inutile che vi sciacquiate la bocca con customer care, customer satisfaction, “per noi viene prima di tutto il cliente”, se poi riuscite a rendere complicatissimo anche il problema più stupido (cambiare un cavo), in un gioco lose lose, dove perde il cliente e perdete voi, perché col cavolo (fatale evoluzione del cavo) che comprerò di nuovo un vostro prodotto!

Cari designer, imparate da designer che vi hanno preceduto di qualche millennio, progettando la zappa, un oggetto tecnologico a forte riduzione di complessità e ad alta efficienza, basato sul principio della leva, che consiste in una lastra di ferro con un buco. Il cliente/utente prende un paletto e lo infila dentro il buco per farne un manico personalizzato in base alla sua altezza, alla sua forza, alle sue braccia. Quando il manico si rompe, il buon contadino prende un altro paletto, e continua ad usare la sua zappa, perché qualsiasi paletto, di qualsiasi legno, entra in qualsiasi buco!

Immaginate, se ogni zappa accettasse solo il suo tipo di manico, o se il manico fosse tutt’uno con la lama, le madonne dette dal contadino ad ogni rottura di manico!

umbertosantucci.it

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