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Tumore al seno avanzato: parte dal web la svolta per dare voce a pazienti “invisibili”

donna carcinomaIn Italia sono migliaia le donne, spesso ancora giovani e professionalmente attive, che affrontano la loro personale battaglia contro il tumore al seno in fase avanzata. Una convivenza che può durare molti anni soprattutto grazie alle terapie che hanno migliorato nel tempo sopravvivenza e qualità di vita di queste pazienti. Ma a dispetto di numeri in rapida crescita, l’esercito delle donne con tumore al seno avanzato è ancora invisibile e senza voce: sui media e nell’opinione pubblica si parla poco di queste pazienti che non sempre riescono a trovare le informazioni, il supporto e l’orientamento di cui hanno bisogno per affrontare la loro condizione.

Ma adesso si volta pagina: cominciano dal web una serie di attività promosse da Salute Donna onlus, associazione in prima linea nella prevenzione e lotta ai tumori femminili, per dare voce a queste pazienti e richiamare l’attenzione di istituzioni, media, opinione pubblica sulle loro esigenze specifiche. Il primo evento è il webinar “Tumore al seno avanzato: diamo voce alle donne”: un innovativo seminario sul web aperto alla partecipazione dei giornalisti, realizzato con il supporto di Novartis, nel quale oncologi e Associazione pazienti si sono confrontati sulla realtà e le prospettive delle donne con carcinoma mammario avanzato.

«Sono ormai moltissime le donne con tumore in fase avanzata che grazie alle terapie innovative hanno una sopravvivenza di molti anni – afferma Annamaria Mancuso, Presidente di Salute Donna onlus – la maggior parte di queste donne trova nei Centri di Oncologia risposte alle proprie esigenze, ma bisogna fare in modo che tutti, a cominciare dai media, si interessino di più della qualità di vita di queste pazienti che vivono la propria vita come tutte le altre donne, ma devono continuare a curarsi per una patologia che oggi può essere cronicizzata come avviene per il diabete e l’ipertensione».

Circa un terzo delle donne con carcinoma al seno in stadio iniziale è destinato a sviluppare una forma di tumore avanzato. Le prospettive per queste pazienti sono migliorate grazie a una più approfondita conoscenza dei meccanismi molecolari alla base delle diverse forme di tumore della mammella e all’avvento delle terapie mirate che agiscono contro specifici bersagli molecolari.

«Un’aspettativa di vita sempre più lunga e la qualità di vita come parte integrante della terapia sono le frontiere della lotta contro il tumore alla mammella – sottolinea il Professor Sabino De Placido, Professore ordinario di Oncologia Medica e Direttore Struttura Complessa di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli – se in passato la neoplasia mammaria avanzata è sempre stata considerata inguaribile, ad oggi dal 5% di pazienti che vive a 5 anni siamo passati al 48%».

Negli ultimi anni l’attenzione degli oncologi è stata volta a porre la donna con carcinoma alla mammella e la sua qualità di vita al centro dei percorsi diagnostico-terapeutici, anche in considerazione dell’impatto che questo aspetto può avere sull’adesione delle pazienti ai trattamenti spesso prolungati nel tempo, e quindi sulla loro stessa efficacia.

«La ricerca farmacologica e gli studi di farmacogenomica si sono concentrati sulla messa a punto di farmaci mirati che colpiscono solo alcuni recettori cellulari specifici alla base dello sviluppo e della crescita dei tumori, intaccando minimamente le cellule sane, con un minor carico di effetti collaterali – afferma De Placidochiaro esempio è rappresentato da everolimus, inibitore di mTOR somministrato per via orale in aggiunta alla terapia ormonale nella malattia avanzata endocrino-responsiva; la modalità di somministrazione, nonché il buon profilo di tollerabilità del farmaco fanno di lui un’opzione terapeutica efficace, in particolare per le pazienti che potrebbero non tollerare trattamenti tossici».

I progressi della ricerca però non sono ancora accompagnati da un adeguato supporto alle pazienti affette da questa forma di tumore, che hanno necessità e bisogni ben diversi rispetto alle donne con carcinoma in stadio iniziale: a causa dei sintomi della malattia, generalmente più gravi nei casi avanzati, delle cure e dei loro effetti collaterali, degli esami da eseguire periodicamente.

La carenza di programmi specifici a supporto delle donne che si trovano in questa fase di malattia lascia le pazienti sole e senza punti di riferimento e interlocutori: dal 22 al 50% delle pazienti sperimenta elevati livelli di sofferenza psicologica, mentre il 33% rischia di sviluppare un disturbo acuto da stress.

«Per dare voce e ascolto alle donne con tumore al seno avanzato c’è più che mai bisogno del contributo di tutti – osserva Annamaria Mancusole istituzioni possono favorire e garantire attraverso adeguate politiche territoriali l’uguaglianza di accesso alle terapie. I medici sono chiamati a informare oltre che curare i pazienti. Ma in questa fase è fondamentale il ruolo dei mezzi di informazione: far sapere che oggi si può sopravvivere a un cancro e ai suoi attacchi sarebbe davvero un meraviglioso messaggio per le donne che ricevono una diagnosi di tumore, per le pazienti già in trattamento e per tutta la popolazione».

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Salute Donna è un’Associazione di volontariato (onlus) fondata nel 1994 presso l’Istituto dei Tumori di Milano con l’obiettivo di promuovere la prevenzione e l’informazione sui tumori femminili presso Istituzioni e opinione pubblica.

Salute Donna è presente in Lombardia, dove ha il maggior numero di sedi, in Piemonte, Abruzzo, Lazio, Calabria, Sardegna, Sicilia, Basilicata e Campania.

Attualmente conta oltre 7.000 iscritti, che collaborano con la fondatrice Annamaria Mancuso nella realizzazione di iniziative rivolte soprattutto a sostenere la ricerca scientifica presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e nei Centri di riferimento oncologico del territorio dove Salute Donna onlus opera.

A ciascuna sede dell’Associazione corrisponde un ambulatorio di prevenzione; alcuni di questi sono attrezzati con mammografo ed ecografo: complessivamente, ogni anno vengono visitate gratuitamente più di 4.000 donne.

Salute Donna onlus aiuta le donne colpite da tumore al seno ad affrontare la malattia offrendo loro un supporto psicologico professionale, grazie all’impegno di un team di psicologhe che collaborano con l’Associazione.

Salute Donna onlus gestisce un Numero Verde (800.223.295), con base a Milano, attraverso il quale è possibile rivolgere domande alle volontarie e a medici specialisti dell’area oncologica o prenotare visite mediche, esami diagnostici e visite psicologiche.

L’impegno di Salute Donna onlus in campo sociale ha ottenuto un significativo riconoscimento da parte del Sindaco di Milano che, in occasione della consegna degli Ambrogini d’Oro, ha assegnato all’Associazione l’Attestato di Benemerenza Civica.

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Il carcinoma mammario avanzato

Secondo i criteri messi a punto dall’American Joint Committee on Cancer (AJCC), il “carcinoma mammario avanzato” (ABC, Advanced Breast Cancer) comprende i più gravi dei 5 Stadi (da 0 a IV) in cui viene classificata la malattia:

•    lo Stadio III, in cui il tumore si è diffusamente propagato ai linfonodi e/o ad altri tessuti dell’area della mammella, ma non ad altre parti del corpo distanti da questa area;

•    lo Stadio IV, in cui il tumore si è esteso ad altre aree distanti dalla mammella, quali fegato, polmoni, ossa, cervello e/o altri tessuti o organi.

Generalmente, si indica come “carcinoma mammario avanzato (o metastatico)” il carcinoma di Stadio IV che si è diffuso anche ad altre aree distanti dal tumore primitivo, mentre per “carcinoma mammario localmente avanzato” si intende iI carcinoma mammario di Stadio III, diffuso localmente nell’area della mammella senza aver attaccato organi o tessuti distanti.

Il carcinoma mammario avanzato è diverso dal tumore al seno in fase precoce per molti aspetti: le opzioni di trattamento, gli obiettivi delle cure e le esigenze delle donne.

Circa un terzo delle donne con carcinoma mammario in Stadio iniziale (Stadio 0, I, II) è destinato a sviluppare una forma di carcinoma avanzato (Stadio III, IV).

Il tasso di sopravvivenza a 5 anni per il carcinoma al seno in Stadio 0 è del 93%, nello Stadio I è all’88%, nello Stadio II è compreso tra il 74-81%, mentre per lo Stadio IV crolla al 15% (dati del National Cancer Data Base). Un gap drammatico che denuncia l’urgenza di mettere in campo nuove terapie per rallentare la progressione della malattia, assicurando alle donne una più lunga sopravvivenza con la migliore qualità di vita possibile.

 Fattori di rischio

Nonostante l’intenso lavoro di ricerca dedicato alla previsione dei rischi di progressione del carcinoma mammario e della sua propagazione ad altre aree del corpo, non si sono ancora ben comprese le ragioni dell’estrema variabilità del comportamento di questo tumore da paziente a paziente.

In uno studio svolto a livello mondiale, il 19% delle donne con Stadio IV interpellate ha ricevuto una diagnosi iniziale di Stadio 0 (4%) e Stadio I (15%), il 30% di Stadio II, e solo il 20% di Stadio III.

Il restante 31% ha ricevuto una diagnosi iniziale di Stadio IV1.

Se sono ormai identificati i principali fattori di rischio per lo sviluppo del carcinoma mammario (età, storia familiare, determinati geni, storia mestruale e riproduttiva, stili di vita) non è ancora noto se questi stessi fattori di rischio abbiano un effetto specifico sul rischio di progressione o di metastasi.

Un’ipotesi accreditata è che le caratteristiche delle cellule del tumore iniziale siano diverse da quelle delle cellule metastatiche. In pratica, le cellule dei tumori in fase iniziale subirebbero delle mutazioni per trasformarsi in cellule capaci di dare metastasi. Per questo motivo in generale i tumori localmente avanzati e/o di dimensioni maggiori comportano un più alto rischio di metastatizzazione, mentre la rimozione di tumori piccoli e in fase iniziale aumenta la possibilità di evitare recidive.

Alcuni marker molecolari, come la presenza di recettori degli ormoni e fattori di crescita, possono risultare utili nella previsione dell’aggressività di un carcinoma mammario e nella valutazione prognostica. In generale, tuttavia, molto resta ancora da scoprire sui meccanismi di progressione e sulle metastasi, e non è possibile stabilire con certezza la prognosi per un determinato soggetto.

Diagnosi

Il carcinoma mammario avanzato può essere asintomatico, ma se i sintomi sono presenti possono includere:

•    dolore alle ossa;

•    malessere o dolore al petto;

•    ulcerazioni della pelle;

•    gonfiore del braccio (in prossimità della mammella con il tumore);

•    perdita di peso;

•    dolore addominale;

•    affanno.

I test impiegati per la diagnosi delle pazienti con carcinoma mammario includono generalmente:

•    mammografia, per lo screening del carcinoma mammario e l’identificazione dei noduli al seno;

•    biopsia della mammella, effettuata con metodiche quali ago aspirato, biopsia con ago a scatto (che impiega un ago di calibro maggiore), tecnica con guida stereotassica o ecotomografica, oppure tecnica a mano libera;

•    Risonanza Magnetica (RM), per l’identificazione del nodulo o la valutazione di un’alterazione anomala rilevata da una mammografia;

•    ultrasuoni, per verificare se il nodulo è solido o contiene liquido;

•    Tomografia a Emissione di Positroni (o PET, dall’inglese Positron Emission Tomography), generalmente utilizzata quando le altre metodiche non hanno fornito informazioni sufficienti.

Grado e sottotipi

Solitamente, nel carcinoma mammario viene valutato il grado istologico, che può aiutare a determinare l’aggressività del tumore, la prognosi della malattia e l’approccio di cura. I tumori di grado più alto sono associati a tassi di sopravvivenza più bassi: ad esempio, i tassi di sopravvivenza a cinque anni per le pazienti con tumore di grado 1, 2 e 3 sono del 95%, 75% e 50%, rispettivamente2.

Le biopsie del carcinoma mammario aiutano a stabilire le caratteristiche molecolari del tumore, che possono avere un ruolo importante nella programmazione delle cure. I marker analizzati più di frequente includono quelli che indicano la presenza di recettori degli ormoni estrogeno (ER-positivi) e progesterone (PR-positivi) e l’eccesso di copie di un gene denominato HER2.

Circa il 70% di tutti i carcinomi mammari invasivi sono positivi ai recettori degli estrogeni e/o del progesterone al momento della diagnosi e vengono trattati quasi sempre con la terapia detta ormonale. I carcinomi mammari con sovraespressione di HER2, ritenuti più aggressivi e soggetti a un maggiore rischio di recidiva rispetto a quelli tipo HER2-negativo, possono essere trattati con una terapia anti-HER2 mirata.

Impatto psico-sociale

Le pazienti affette da carcinoma mammario avanzato hanno necessità e bisogni ben diversi rispetto alle donne con carcinoma in stadio iniziale che riguardano:

  • i sintomi della malattia, generalmente più gravi nei casi avanzati;
  • le cure, continue e sempre diverse;
  • gli esami da eseguire periodicamente;
  • gli effetti collaterali dovuti ai trattamenti;
  • la necessità di terapie di supporto e di sostegno psicologico.

Spesso, la carenza di programmi specifici a supporto delle donne che si trovano in questa fase di malattia lascia le pazienti sole e senza punti di riferimento e interlocutori, persino tra gli amici: si stima che dal 22 al 50% delle pazienti sperimenti elevati livelli di sofferenza psicologica, tanto da sviluppare depressione, mentre il 33% rischia di sviluppare un disturbo acuto da stress.

Dal sondaggio BRIDGE (BRIDging Gaps, Expanding outreach), che ha coinvolto oltre 1.300 donne con ABC di 13 Paesi, emerge che per circa una paziente su due questa malattia riceve una considerazione insufficiente e che amici e familiari si sentono a disagio nel parlarne.

Un altro aspetto che accresce il senso di solitudine delle pazienti è la tendenza degli organi d’informazione a occuparsi più della prevenzione e delle strategie per evitare la malattia, sottolineando le buone possibilità di cura per le fasi iniziali, che della condizione delle donne che combattono contro la malattia negli stadi avanzati.

Oggi però sul fronte del tumore al seno avanzato molte cose stanno cambiando grazie a una migliore conoscenza della malattia e ai progressi delle terapie che permettono a molte pazienti di vivere più a lungo e con una discreta qualità di vita.

Dare qualità al tempo strappato alla malattia e assicurare alle pazienti la migliore assistenza, le migliori terapie e un supporto costante, è l’obiettivo intorno a cui sta prendendo corpo una nuova fase dell’impegno delle Associazioni delle pazienti, oggi sempre più impegnate nel dare voce ai bisogni specifici delle donne con tumore al seno avanzato.

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Le terapie per il carcinoma mammario avanzato

Normalmente, le pazienti con carcinoma di Stadio III ricevono uno standard di trattamento simile a quello delle pazienti negli stadi precoci. Il carcinoma mammario avanzato (ABC, Advanced Breast Cancer) può essere trattato con la terapia sistemica (chemioterapia, terapia biologica, farmaci mirati, terapia ormonale), la terapia locale (intervento chirurgico, radioterapia) o con un’associazione delle due.

Ad oggi, non esiste una cura definitiva per questa fase di malattia; tuttavia, sono disponibili alcuni trattamenti che hanno l’intento di tenere sotto controllo il tumore e allungare il più possibile il periodo libero da progressione della malattia. Altro obiettivo della terapia è quello di alleviare o ridurre i sintomi legati alla malattia o ai disagi degli effetti collaterali delle cure.

La scelta del trattamento dipende generalmente da vari fattori: dimensioni e caratteristiche del tumore primitivo; dimensioni, sede, caratteristiche e numero delle metastasi; età e stato di salute generale della paziente; tipi di trattamento ricevuti dalla paziente in passato e preferenze della paziente.

Normalmente, i trattamenti per il carcinoma mammario includono:

•    Chemioterapia, può essere impiegata nel tumore mammario, indipendentemente dallo stato dei recettori, ma in particolare nei casi in cui sono presenti più metastasi che stanno causando sintomi o stanno compromettendo la funzionalità di un organo.

La chemioterapia viene normalmente eseguita a cicli. I diversi schemi di chemioterapia prevedono cicli di trattamento diversi: alcuni trattamenti vengono somministrati una volta a settimana, altri una volta ogni 3 settimane. Tra un ciclo e l’altro, le pazienti osservano un periodo di pausa che può aiutare ad alleviare gli effetti collaterali. Il numero totale di cicli da seguire dipende dal trattamento chemioterapico, anche se nella maggior parte dei casi, per completare un trattamento sono necessari da 3 a 6 mesi.

•    Terapia ormonale (ovvero trattamento antiormonale o terapia endocrina), può essere scelta se il tumore contiene recettori degli estrogeni e/o del progesterone. La terapia ormonale rappresenta ancora la pietra miliare del trattamento per le donne con carcinoma mammario avanzato ed è impiegata sia nella terapia adiuvante (cioè dopo l’intervento chirurgico di asportazione del tumore primitivo) che in presenza di metastasi.

I trattamenti ormonali sono di 2 tipi:

Inibitori dell’aromatasi

Si tratta di molecole – anastrazolo, exemestane e letrozolo – che riducono la produzione degli ormoni estrogeni nelle donne in post-menopausa. Questo significa che grazie alla loro azione sono disponibili meno estrogeni per nutrire la crescita del carcinoma mammario, ovviamente quando questo risulta positivo ai recettori ormonali.

Terapie antiestrogeniche

Questo tipo di terapie ormonali – in primo luogo tamoxifene, oltre a medrossiprogesterone acetato o megestrolo acetato – possono essere indicate quando le pazienti non rispondono ai trattamenti con inibitori dell’aromatasi o con lo stesso tamoxifene o quando sono intolleranti/allergiche.

La loro azione punta a bloccare gli effetti degli estrogeni sulle cellule tumorali, impedendo loro di legarsi ai recettori degli estrogeni che si trovano sulle cellule tumorali. Se gli estrogeni non sono in grado di “attaccarsi” al loro recettore sulla cellula, quest’ultima non può ricevere il loro segnale che stimola la crescita e la moltiplicazione cellulare.

•    Terapie mirate, rappresentano un nuovo approccio al trattamento del cancro e hanno come bersaglio alcune componenti cellulari che svolgono un ruolo importante nella crescita del tumore, come VEGF, HER2 o mTOR. Spesso questa terapia diretta ad un obiettivo (chiamata anche “terapia target”) viene prescritta in associazione con altri trattamenti (terapia di associazione).

Un tipo di “terapia target” è la terapia mirata per i tumori HER-2 positivi. Questo tipo di farmaco ha l’obiettivo di impedire alle cellule tumorali di ricevere o inviare i segnali di cui hanno bisogno per crescere. Questo approccio è oggi possibile con farmaci che hanno meccanismi d’azione diversi.

L’anticorpo monoclonale trastuzumab, che può essere somministrato in associazione alla classica chemioterapia o da solo, lega la proteina espressa in eccesso bloccando il ciclo cellulare delle cellule cancerose. In alcuni casi, tuttavia, le cellule tumorali riescono ad innescare meccanismi di aggiramento di questo blocco: in questo caso si possono avere resistenze alla terapia con trastuzumab. Altri farmaci target colpiscono il bersaglio con meccanismi diversi: in particolare lapatinib blocca l’avvio della trasmissione del segnale cellulare.

Tra le terapie mirate, infine, negli ultimi tempi si è registrata un’importante novità: everolimus. Si tratta del primo farmaco che ha mostrato efficacia in combinazione con la terapia ormonale in donne con tumore mammario avanzato le cui cellule sono sensibili all’azione degli ormoni estrogeni (ER+) ed HER2-negativo. Everolimus agisce direttamente su una proteina, chiamata mTOR, presente nelle cellule cancerose: questa proteina gioca un ruolo importante nella regolazione della divisione delle cellule tumorali, nella crescita dei vasi sanguigni necessari al tumore per svilupparsi e nel metabolismo cellulare.

•    Radioterapia, utilizzata con l’intento di ridurre il tessuto canceroso e/o alleviare alcuni sintomi. Le radiazioni possono essere somministrate esternamente o anche internamente, per mezzo di un impianto temporaneo.

•    Intervento chirurgico, volto a rimuovere il tessuto canceroso. La lumpectomia serve a rimuovere un nodulo, la quadrantectomia rimuove parzialmente (un quadrante) la mammella, mentre la mastectomia la asporta completamente insieme, in alcuni casi, alle strutture vicine.

Nella maggior parte dei casi, le donne ricevono più trattamenti in associazione. Per le donne con carcinoma mammario di Stadio I, II o III, l’obiettivo primario è trattare il tumore e impedirne la ricomparsa. Per le donne con carcinoma di Stadio IV, l’obiettivo è alleviare la sintomatologia e allungare la sopravvivenza.

I futuri obiettivi della ricerca

 

Molto ancora deve essere fatto per aiutare le pazienti con carcinoma mammario avanzato.

I principali obiettivi ai quali stanno lavorando i ricercatori sono:

•    maggiore personalizzazione della terapia: è ormai chiaro che l’ABC, e il carcinoma mammario in generale, più che essere una malattia specifica, rappresenta una varietà di processi patologici. Di conseguenza, le terapie che funzionano per una paziente potrebbero non funzionare per un’altra. La ricerca sta cercando di caratterizzare con maggiore precisione le varie differenze dell’ABC, con lo scopo di sviluppare terapie e trattamenti più diversificati e personalizzati in base alle singole pazienti. I progressi della ricerca genomica e proteomica hanno rivelato una grande eterogeneità molecolare nell’ABC e il numero delle nuove firme molecolari identificate continua a crescere. I ricercatori hanno fiducia nel fatto che le caratteristiche molecolari di un tumore possano essere finalmente utilizzate per prevedere il trattamento ottimale per ogni paziente;

•    maggiore comprensione del processo metastatico: questo vale sia per il carcinoma mammario che per altri tipi di tumore, e può aprire le porte a nuovi obiettivi terapeutici. Sinora, il trattamento della malattia metastatica si è concentrato sull’inibizione o sulla distruzione delle cellule tumorali. Gli scienziati, tuttavia, sono ormai convinti che la patogenesi delle metastasi richieda più interazioni tra le cellule metastatiche e i vari processi fisiologici del corpo e che l’interruzione di tali interazioni possa inibire le metastasi o contribuire a sradicarle. Queste intuizioni offrono un grande potenziale per lo sviluppo di nuove ed efficaci terapie adiuvanti;

•    opzioni migliori per la malattia triplo negativa: la popolazione di donne con carcinoma mammario triplo negativo (privo di amplificazione ed espressione HER2 dei recettori di estrogeni o progesterone) si conferma ampiamente sottoservita, con poche opzioni di trattamento efficaci. La ricerca sta cercando di identificare le modalità di trattamento di questa forma di ABC;

•    superamento della resistenza alla terapia anti-HER2: è in corso lo sviluppo di agenti per prevenire la resistenza e/o prolungare la risposta a questa terapia, così come lo studio di agenti terapeutici in grado di agire attraverso altre vie;

•    cure di sostegno: sono in corso trial per indagare sulla possibilità di limitare gli effetti collaterali del trattamento, ridurre il dolore e migliorare la qualità della vita.

 

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