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Malattie rare: terapia domiciliare per bambini con sindrome di Hunter

Dopo i pazienti con Malattia di Fabry e di Gaucher, anche i bambini che soffronodella Sindrome di Hunter potranno finalmente eseguire gratuitamente a casa l’infusione della terapia enzimatica sostitutiva in grado di rallentare il decorso e alleviare i sintomi.

Il servizio, sostenuto da Shire, evita ai piccoli pazienti la paura da “camici bianchi”e ai genitori il disagio di recarsi ogni settimana in ospedale, con evidente miglioramento della qualità della loro vita.

Ampiamente utilizzata in Europa e negli Stati Uniti, la home care offre standard di assoluta sicurezza per il paziente, consente ai genitori un tangibile risparmio in tempo e denaro e al SSN di azzerare i costi legati alle infusioni, di ottimizzare l’utilizzo delle risorse ospedaliere, focalizzando le risorse specialistiche al follow-up di malattia

sindrome HunterUna buona notizia per i bambini colpiti da Sindrome di Hunter, una rara malattia genetica che ha un impatto pesante sul loro sviluppo e aspettativa di vita. Finalmente anche in Italia i piccoli pazienti hanno la possibilità di eseguire nella loro casa – senza dover incontrare in una corsia d’ospedale i temuti “camici bianchi” – la terapia enzimatica sostitutiva, unica opzione terapeutica attualmente in grado di controllare la malattia e migliorarne i sintomi.

Un importante contributo per il miglioramento della qualità di vita dei pazienti e dei loro genitori e anche un vantaggio per il Servizio Sanitario Nazionale, perché consente di azzerare i costi legati alle infusioni e di ottimizzare l’utilizzo delle risorse ospedaliere.

Il programma di terapia domiciliare hunter@home, sostenuto da Shire, si aggiunge ad analoghe iniziative a supporto di altre due Malattie da Accumulo Lisosomiale: fabry@home, per i pazienti con Malattia di Fabry e gaucher@home per quelli colpiti dalla Malattia di Gaucher.

«Sono ampiamente dimostrati per pazienti e genitori i vantaggi della terapia domiciliare in termini di miglioramento di qualità di vita, risparmio economico, migliore ottimizzazione del proprio tempo, ottima compliance terapeutica – afferma Daniela Concolino, Pediatra Genetista, Responsabile del Centro Regionale di Pediatria Genetica e Malattie Rare presso l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro – l’estensione in Italia anche per la Sindrome di Hunter nasce nel 2010 con la messa a punto di un progetto pilota, nel quale sono state eseguite più di 400 somministrazioni senza che si registrasse alcun evento avverso».

I vantaggi della terapia domiciliare sono numerosi: il paziente può curarsi negli orari e giorni preferiti, nel rispetto dell’aderenza alla terapia, usufruendo di un supporto medico di assoluta sicurezza, affidato a personale specializzato che agisce in base a protocolli definiti e con la costante supervisione di un medico specialista. Per un bambino questo significa continuare a vedere i propri cartoni animati preferiti mentre fa l’infusione nel salotto di casa sua.

Ai genitori l’home care offerta da Shire consente di evitare il disagio degli spostamenti verso il Centro ospedaliero per eseguire la terapia infusionale, che per i piccoli pazienti con Hunter ha cadenza settimanale: ciò si traduce in minore perdita di giornate di lavoro o di studio e quindi in un tangibile risparmio non solo di tempo e denaro, ma anche in termini di stress.

Un’indagine eseguita sulla qualità del servizio volta a testare, dopo tre anni dall’esordio, la validità di questo modello assistenziale tra i pazienti con Malattia di Fabry, ha quantificato in circa 900 euro l’anno il risparmio del paziente sui viaggi verso l’ospedale e una media di 18 giorni recuperati per mancati accessi ospedalieri.

«Nessuno dei pazienti seguiti nell’ambito di questi progetti ha sentito l’esigenza di cambiare l’infermiere che esegue l’infusione o di interrompere il servizio, e non si è verificata alcuna reazione avversa – dichiara Gianni Belletti, Responsabile Operativo di Caregiving Italia, l’azienda specializzata che si occupa di fornire il servizio. «Altro punto di forza è che i pazienti, o i loro genitori, sono liberati da tutti gli adempimenti burocratici necessari per attivare la terapia domiciliare e avere la disponibilità del farmaco, che è rigorosamente trasportato al loro domicilio nel rispetto delle norme vigenti».

Ma l’home care offre anche una serie di vantaggi per il SSN, sia in termini di risparmio che di utilizzo ottimale delle risorse ospedaliere e specialistiche, che possono così focalizzarsi sul follow-up di malattia. Come rileva Francesco Scopesi, Vice Presidente & General Manager Shire Italia S.p.A., «il servizio è totalmente a carico di Shire, per cui, dal punto di vista della spesa sanitaria, la somministrazione domiciliare della terapia enzimatica sostitutiva adempie in pieno alle esigenze della spending review, perché il SSN non solo non spende denaro pubblico, ma anzi risparmia in termini d’impiego delle risorse dei Day Hospital, siano esse costituite da posti letto o dal tempo dedicato all’infusione da parte del personale specializzato. La terapia domiciliare riesce dunque a conciliare le esigenze dei pazienti e le necessità di risparmio nella spesa sanitaria».

Il programma hunter@home supporta 30 Centri ospedalieri ed è eseguibile in 11 regioni d’Italia, prevalentemente nel Centro-Sud, avendo incontrato alcune resistenze al Nord. A tale proposito Flavio Bertoglio, Presidente dell’AIMPS, Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini onlus e padre di un bambino con MPS II, dichiara: «non posso che essere contento e grato, perché l’infusione a domicilio costituisce un grande balzo in avanti nel miglioramento della qualità della vita dei pazienti e dei loro genitori. Mi auguro vivamente che essa possa estendersi il più possibile e che siano vinte le resistenze immotivate espresse da alcune Regioni italiane, che finiscono per colpire i bambini e le loro famiglie».

La Sindrome di Hunter, detta anche Mucopolisaccaridosi II (MPS II) è caratterizzata da un enzima cellulare difettoso o mancante che purtroppo colpisce i bambini intorno ai due anni d’età, proprio quando iniziano a crescere, costringendoli a una irreversibile regressione e a complicanze sempre più invalidanti. Fa parte del più ampio gruppo delle Malattie da Accumulo Lisosomiale, che sono più di 40, scatenate dal difetto o la mancanza di un enzima contenuto nei lisosomi, delle vescicole che hanno la funzione di riciclare e degradare i materiali di rifiuto prodotti a livello cellulare: tale materiale di scarto finisce per accumularsi nelle cellule, dando origine a una serie molto eterogenea di sintomi e progressive complicanze a carico di fegato, milza, articolazioni, cuore, vie respiratorie, con esito quasi sempre infausto.

I bambini affetti generalmente non manifestano alcun problema alla nascita e crescono normalmente; dopo i due anni di vita i bambini iniziano a subire una regressione dello sviluppo psicomotorio e le conseguenze del coinvolgimento dei vari organi.

Spesso non si riesce ad ottenere una diagnosi precoce – raggiungibile con un semplice test delle urine – che permetterebbe di controllarla attraverso la terapia enzimatica sostitutiva (ERT) a base di idursulfasi (Elaprase®), una copia dell’enzima mancante realizzato con una sofisticata tecnologia del DNA ricombinante. Questa terapia, disponibile dal 2006, ha rappresentato un punto di svolta per i pazienti, che fino a quel momento non disponevano di alcun farmaco per contrastare la progressione della Sindrome: è infatti l’unica in grado di ridurre l’accumulo dei materiali di scarto nelle cellule, rallentando, se non prevenendo, il danno ai tessuti e agli organi.

La Malattia di Gaucher, la Malattia di Fabry e la Sindrome di Hunter sono patologie rare, con un decorso cronico, progressivo e degenerativo: sono tutte patologie causate da accumulo lisosomiale e anche se sono molto diverse tra loro dal punto di vista clinico, richiedono un trattamento simile, la terapia enzimatica sostitutiva (ERT), che fornisce al paziente l’enzima mancante. Nelle Malattie di Gaucher e di Fabry l’enzima è somministrato ogni due settimane, mentre i giovani pazienti con Sindrome di Hunter devono ricorrere alla ERT ogni settimana, eseguendo un’infusione endovenosa che può durare fino a 4 ore.

In USA, Canada, Inghilterra, Paesi Bassi, Francia e Spagna i pazienti con Malattie da Accumulo Lisosomiale possono usufruire della home care, che sposta la terapia dall’ospedale a casa dei pazienti, personalizzando il trattamento in base alle loro specifiche esigenze e riducendo gli accessi ospedalieri. Il trattamento domiciliare in questi paesi è consigliato e nei Paesi Bassi e in Inghilterra il 90% dei pazienti con Malattia di Gaucher e Fabry sono trattati a casa.

Il servizio in Italia

In Italia, il primo servizio gratuito di somministrazione domiciliare delle terapie enzimatiche sostitutive nasce nel 2008 grazie all’iniziativa di Shire HGT che lancia il progetto ert@home, concretizzatosi l’anno successivo con il servizio fabry@home, per pazienti affetti da Malattia di Fabry; nel 2010 il supporto domiciliare è esteso ai pazienti con Malattia di Gaucher, grazie a gaucher@home. Dal 2012, infine, anche i piccoli pazienti con Sindrome di Hunter possono usufruire della terapia a domicilio con l’avvio del servizio hunter@home.

Il modello assistenziale offerto da Shire è costruito intorno alle esigenze del paziente e offre un’assistenza con livelli di sicurezza analoghi al trattamento ospedaliero ma caratterizzato da un approccio personalizzato.

I pazienti sono curati a casa, in stretta collaborazione con il Centro Clinico di riferimento, dal personale altamente qualificato di Caregiving Italia, azienda specializzata nella progettazione e gestione di Servizi terapeutici extra ospedalieri. Il personale impiegato (medici e infermieri) segue periodicamente corsi di aggiornamento e tutte le attività sono erogate in aderenza al Sistema di Qualità ISO 9001 e nel pieno rispetto della normativa sulla Privacy.

Le Malattie da Accumulo Lisosomiale sono patologie croniche di origine genetica caratterizzate da una grande eterogeneità di manifestazioni cliniche e insorgono prevalentemente nei primissimi anni di vita, per difetto o assenza di uno degli enzimi contenuti nei lisosomi, “organuli” presenti all’interno della cellula.

Coinvolti in diversi e complessi processi cellulari come il mantenimento del colesterolo, la riparazione dei tessuti e delle ossa, la difesa da agenti patogeni, la morte cellulare, i lisosomi sono considerati come “centri di riciclo” della cellula e una delle loro principali funzioni è quella digestiva: la membrana lisosomiale racchiude infatti 50-60 enzimi in grado di digerire e metabolizzare sia molecole di origine intracellulare, sia la gran parte delle macromolecole che s’introducono nelle cellule1,2.

Il difetto o l’assenza di uno specifico enzima impedisce il processo di digestione dei prodotti di rifiuto del metabolismo cellulare; a causa di ciò, le macromolecole si accumulano e si espandono all’interno del lisosoma (la cosiddetta “costipazione cellulare”), determinandone l’aumento del volume e dunque il danno cellulare e tissutale.

Esistono più di 40 differenti malattie lisosomiali3, ognuna delle quali è associata al difetto o alla carenza di uno specifico enzima. Fra quelle più note:

• Malattia di Gaucher (glucocerebrosidasi, detto anche beta-glucosidasi acida)

• Malattia di Fabry alfa-galactosidasi A)

• Sindrome di Hunter o Mucopolisaccaridosi II (iduronato sulfatasi)

• Sindrome di Sanfilippo A o Mucopolisaccaridosi III (eparan sulfamidasi)

• Malattia di Niemann-Pick (sfingomielinasi)

• Malattia di Pompe (alfa-glucosidasi acida)

• Malattia di Tay-Sachs beta-esosaminidasi)

L’origine di tale difetto o assenza è una mutazione genetica4,5 che porta ad un’anomala trascrizione delle informazioni del DNA ai siti della sintesi proteica e dunque alla produzione di enzimi anomali. Il deficit enzimatico all’origine di questa classe di patologie può manifestarsi anche a causa della mancanza di una specifica sostanza in grado di attivare l’enzima o per il trasporto difettoso di questo all’interno della cellula, che ne impedisce la corretta localizzazione nel lisosoma1.

In queste malattie, la trasmissione ereditaria avviene attraverso entrambi i genitori portatori sani dell’alterazione genetica, con una modalità definita autosomica recessiva: la patologia insorge quando sono alterati entrambi i geni, sui cromosomi materno e paterno. Nella Malattia di Fabry e nella Sindrome di Hunter, invece, l’alterazione si trasmette attraverso il cromosoma X.

Queste patologie hanno un decorso progressivo che porta al deterioramento delle funzioni vitali, con esito spesso infausto. Le conseguenze patologiche di tale deficit possono interessare più organi e le manifestazioni cliniche includono l’ingrossamento del fegato e della milza, la perdita progressiva di funzioni neurologiche, alterazioni degli occhi, del cuore, delle ossa e della muscolatura.

Considerando ciascuna specifica patologia, tali malattie possono essere definite rare e presentano un’incidenza variabile: da 1 caso su 40.000 nascite della Malattia di Gaucher del Tipo 1, a 1 su 100.000 della Malattia di Fabry, per arrivare a 1 su oltre 4 milioni della Sialidosi, il disturbo più raro3,5,6.

Se invece consideriamo le Malattie da Accumulo Lisosomiale nel loro insieme, esse sono relativamente comuni e rappresentano un grave rischio sanitario, avendo un’incidenza complessiva di 1 caso su 7.700 nascite3,5; un’incidenza che aumenta notevolmente, nello specifico caso della Malattia di Gaucher, tra le popolazioni ebree di origine est-europea, tra le quali tale patologia è particolarmente diffusa e colpisce 1 bambino su 600 – 1.000.

La natura genetica delle Malattie da Accumulo Lisosomiale non consente a tutt’oggi la possibilità di una cura definitiva, ma è stato sperimentato con successo l’approccio basato sulla sostituzione dell’enzima lisosomiale difettoso, la cosiddetta terapia enzimatica sostitutiva (ERT, Enzyme Replacement Therapy). Questo tipo di trattamento si è dimostrato in grado di alleviare segni e sintomi in alcune delle patologie lisosomiali più diffuse, contribuendo a preservare la qualità di vita dei giovani pazienti che ne sono afflitti.

Note

1. Evans J., Manson A. Crash Course: Cell biology and genetics. Mosby Elsevier, terza edizione, 2008.

2. Saftig P. “Physiology of the lysosome”, in Mehta A., Beck M., Sunder-Plassmann G. (eds.) Gaucher disease: perspectives from 5 years of FOS, cap. 3, pp. 21-31. Oxford: Oxford PharmaGenesis Ltd, 2006.

3. Meikle P.J., Hopwood J.J., Clague A.E., Carey W.F. Prevalence of lysosomal storage disorders. Journal of the American Medical Association 1999, 281,(3): 249-254.

4. Hopkin R.J., Grabowski G.A. “Lysosomal Storage Diseases”, in Fauci A.S., Braunwald E., Kasper D.L. et al., (eds.), Harrison’s Principles of Internal Medicine, cap. 35, pp. 2452-2456, 17a edizione. The McGraw-Hill Companies Inc, 2008.

5. Mehta A., Beck M., Linhart A., Sunder-Plassmann G., Widmer U. “History of lysosomal storage diseases: an overview”, in Mehta A., Beck M., Sunder-Plassmann G. (eds), Gaucher disease: perspectives from 5 years of FOS, cap. 1, pp. 1-7. Oxford: Oxford PharmaGenesis Ltd, 2006.

6. MacDermott K.D., Holmes A. and Miners, A.H. Anderson-Fabry disease: clinical manifestations and impact of disease in a cohort of 98 hemizygous males. Journal of Medical Genetics, 2001, 38(11): 750-60.

La Sindrome di Hunter

La Sindrome di Hunter fa parte della famiglia delle Malattie da Accumulo Lisosomiale, patologie croniche di origine genetica caratterizzate da una grande eterogeneità di manifestazioni cliniche, che insorgono prevalentemente nei primissimi anni di vita, per difetto o assenza di uno degli enzimi contenuti nei lisosomi, “organuli” presenti all’interno della cellula.

Chiamata anche Mucopolisaccaridosi di tipo II (MPS II), la Sindrome di Hunter prende il nome dal medico canadese Charles Hunter che per primo l’ha descritta nel 1917. È una malattia rara, progressiva, che colpisce prevalentemente i maschi, con una prognosi a lungo termine estremamente sfavorevole. Sono circa 2.000 gli individui al mondo colpiti dalla Sindrome di Hunter, con un’incidenza intorno a 1 caso su 162.000 nati vivi.

La Sindrome di Hunter è caratterizzata dalla deficienza dell’enzima iduronato-2-sulfatasi (I2S), che compromette la capacità dell’organismo di degradare e riutilizzare i carboidrati complessi detti glicosaminoglicani (GAG).

Tale deficienza ha come risultato l’accumulo di due GAG, il dermatan solfato e l’eparan solfato, nelle cellule di un gran numero di sistemi e organi: pelle, ossa, articolazioni, cuore, fegato, polmoni, milza e sistema nervoso centrale.

Ereditarietà

La Sindrome di Hunter compare a causa di un difetto del gene I2S sul cromosoma X: a differenza delle donne, gli uomini hanno un solo cromosoma X, per cui I pazienti maschi affetti dalla Sindrome di Hunter generalmente ereditano il gene difettoso dalla madre. Le donne possono ereditare un cromosoma X difettoso anche dal padre, se questi soffre della Sindrome.

Una figlia femmina della stessa madre può essere portatrice, cioè avere un solo cromosoma X con il gene difettoso e trasmetterlo ai figli, oppure può avere due normali cromosomi X. In alcuni casi la Sindrome di Hunter può avere origine senza che sia ereditata dai genitori, a causa di una mutazione del gene I2S durante il processo di formazione del singolo ovocita: in questi casi la madre non è portatrice e il rischio di una mutazione spontanea nei figli successivi è molto basso.

Sintomi

I primi sintomi della Sindrome di Hunter si manifestano a partire dal secondo anno di età e includono una serie di condizioni patologiche molto frequenti nei bambini, come ad esempio uno stato influenzale persistente, per cui spesso non sono interpretati in modo corretto, procrastinando la diagnosi.

Tra i 18 e i 36 mesi, il bambino manifesta un declino nello sviluppo, con la perdita delle abilità acquisite, spesso accompagnata da sordità. Successivamente, il progressivo accumulo di GAG danneggia i tessuti e sviluppa sintomi più gravi e invalidanti.

Nelle forme gravi, nelle quali la sopravvivenza può non superare i 20 anni di vita, il bambino presenta un addome globoso per epatosplenomegalia disconosciuta e un’alterazione dei tratti somatici del volto, e nel primo anno di vita soffre di frequentissime infezioni respiratorie con abbondante produzione di muco che non si riescono a risolvere, ha frequentemente delle ernie inguinali e ombelicali.

Diagnosi

Interpretare correttamente i numerosi e diversificati sintomi della Sindrome di Hunter non è facile, poiché essi, nella fase iniziale, si sovrappongono a quelli di più comuni condizioni patologiche. È possibile raggiungere una diagnosi certa attraverso la misurazione dell’attività dell’enzima I2S nel siero, nei globuli bianchi o tramite biopsia cutanea.

Tale analisi è preceduta da esami di laboratorio che possono offrire ulteriori evidenze della presenza della Sindrome; il più utilizzato per lo screening delle MPS è il test delle urine, che verifica un valore elevato di GAG, anche se alcune volte i valori possono risultare normali anche in presenza di malattia. La diagnosi prenatale si esegue misurando l’attività enzimatica di I2S nel liquido amniotico o con villocentesi.

Trattamento della Sindrome di Hunter

Non esiste ancora una cura definitiva per questa condizione patologica e prima dello sviluppo nel 2006 della terapia enzimatica sostitutiva (ERT) a base di idursulfasi i pazienti non avevano a disposizione nessun farmaco per contrastare il progredire della sindrome. L’idursulfasi è una copia purificata dell’enzima umano iduronato-2-sulfatasi, prodotta con tecnologia del DNA ricombinante: l’enzima viene prodotto da una cellula umana nella quale è stato immesso un gene (DNA) che la rende capace di produrre l’enzima, che sostituisce quello mancante o insufficiente, riducendo l’accumulo dei GAG nelle cellule e rallentando, se non prevenendo, il progressivo danno di tessuti e organi. Idursulfasi è infatti indicato per la terapia a lungo termine ed è in grado di migliorare e controllare efficacemente i sintomi e gli effetti delle complicanze provocate dalla patologia nell’organismo.

Il farmaco è stato oggetto di uno studio della durata di un anno svolto su 96 pazienti di sesso maschile di età compresa tra 5 e 31 anni e l’efficacia del medicinale è stata confrontata con quella di un placebo (trattamento fittizio). La sua efficacia è stata provata sulla base della funzionalità polmonare e sulla distanza che i pazienti riuscivano a percorrere camminando in 6 minuti, che consente di misurare gli effetti congiunti della malattia sul cuore, sui polmoni, sulle articolazioni e sugli altri organi.

Idursulfasi ha mostrato di migliorare le funzioni polmonari, con effetti positivi sulla respirazione e la deambulazione dei pazienti che, dopo un anno di trattamento erano in grado di percorrere mediamente 43 metri in più rispetto agli 8 metri dei pazienti trattati con placebo.

Gli effetti indesiderati più comuni, riscontrati in più di 1 paziente su 10, sono le reazioni tipiche correlate all’infusione: reazioni cutanee, febbre, mal di testa, ipertensione e gonfiore nella sede di infusione. Altri effetti indesiderati possono essere affanno, dispnea, dolori addominali, nausea, diarrea e dolori al petto.

La ERT per la Sindrome di Hunter è somministrata ogni settimana sotto forma di infusione, della durata media di tre ore. Recentemente i pazienti che dopo alcuni mesi in clinica tollerano bene le infusioni hanno la facoltà di praticarle a domicilio, grazie al servizio di home care hunter@home, offerto gratuitamente da SHIRE.

Riferimenti: J. Munzer, Overview of the mucopolysaccharidosis, Reumatology 2011; 50:V4-V12

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