sabato , Luglio 27 2024

Emancipazione rivisitata

donna1C’era una volta un Paese riscaldato dal sole e bagnato dal mare. Riscaldato dal sole, bagnato dal mare e con un tasso di occupazione femminile al di sotto del 50%. Ora tutti gli studi di settore dimostrano che esiste un legame fra impiego femminile, natalità e sviluppo sociale cioè più le donne lavorano, più figli fanno e più creano opportunità di lavoro e dunque meno donne lavorano e più il Paese si impoverisce. Questa verità però in tempi di crisi non può esser detta perchè in tempi di crisi è bene che le donne tornino a fare quello per cui la natura le ha predisposte: le madri. Dunque in tempi di Imu, Tarsu, Spread, Bpt, Iva e inflazione crescente in quel Paese invece che analizzare il reale potenziale femminile ogni discorso finiva col ricondursi alla donna come corpo. La donna in quel felice paese altro non era che carne: giovane e desiderabile o morbida e venerabile. In tempi di povertà sempre più diffusa e di libertà malintesa questi non sono certo argomenti da trattare, in tempi come questi in cui l’io sovrasta il noi ogni riferimento alla questione femminile è insensato. Tutto questo per inciso ha un nome: gender backlash. Significa che si torna indietro perché si ha altro a cui pensare, perché sono cose da femministe, perché non è prioritario. Anzi è urgente che le donne si facciano carico della decrescita felice o infelice che sia, accudendo i figli, facendo conserve di pomodori, pesche o mele cotogne, allevando polli e tacendo i propri desideri di autonomia economica e affermazione sociale. E’ tornato in voga il ruolo destinale di madre e con esso la triade: moglie, madre e mantenuta. In tempi di crisi si dice che l’unico ammortizzatore sociale è la famiglia e dunque la donna che della famiglia “ortodossamente intesa” è il perno, diventa una sorta di psicofarmaco sociale. donna-2La donna torna a essere di questi tempi l’angelo del focolare, la sacerdotessa dei Lari, la portatrice di vita e non importa se l’istinto materno di memoria fascista è un invenzione retorica e deviante, non importa se le donne rappresentano il 60 % della popolazione universitaria. La donna è di nuovo chiamata al più arduo compito: tenere unita la famiglia. E gli uomini? Contentissimi. L’uomo deve fare le guerre fuori di casa, deve cacciare e portare il cibo alla tana e dopo tanto faticare e sudare quando arriva a casa vuole sentirsi accudito, servito e giustamente onorato. Vittime sorridenti ecco cosa sono chiamate a essere le donne in questi tempi di crisi: madri equilibriste e onnipresenti, fiere delle proprie torte e delle pentole lucide e così non ci si chiede più quando finirà il gioco al massacro delle donne infelici e scontente. Quando sarà sufficiente essere e non essere le migliori, quando non sarà più necessario cucinare le lasagne più buone, avere il figlio più bello e con i voti più alti a scuola, soffocare le altre per sentirsi le migliori. Quando prevarrà la logica del branco, del far fronte comune, quando capiterà di non sentire più due donne che sparlano di una terza, assente. Quando potremmo dirci totalmente realizzate anche essendo madri imperfette o non essendolo affatto? L’archetipo materno in salsa tricolore è imperituro e trionfante. Da seduttrici infingarde si torna a essere regine della casa, soddisfatte solo dal matrimonio contratto regolarmente in chiesa e sfarzosamente postato su Facebook.

Gabriella Grasso

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