Nel lontano 1993 tre laureandi in architettura di Enna, gli studenti Paolo Fulco, Ernesto Russo e William Tornabene nel preparare la loro tesi di laurea compirono un approfondito studio sulla Chiesa di santa Teresa in Enna. Già allora la chiesa versava nel più completo abbandono e degrado, i vetri rotti e le infiltrazioni di acqua dal tetto avevano rovinato gli stucchi, la cantoria in legno dipinto, le statue, l’acqua santiera e gli arredi del monumento sacro. Il degrado della chiesa era iniziato trent’anni prima, nel 1964, quando con la morte del rettore della confraternita del Carmelo Giuseppe Fiorenza, che si occupava della gestione ordinaria , la chiesa non fu più riaperta. Dopo i sopraluoghi degli architetti il tetto fu riparato, ma ormai la chiesa era danneggiata. Negli ultimi anni si avuto il crollo del pavimento proprio davanti l’ingresso della chiesa, scoperchiando la cripta sottostante. e lasciando la porta interna in bilico pronta a crollare. Gli ultimi preventivi per il ripristino della chiesa prevedono un preventivo di spesa di circa 800.000 €, che la parrocchia non può certo affrontare. Eppure la chiesa restaurata potrebbe essere uno straordinario luogo di aggregazione culturale e rilancio del quartiere.
La storia
Le vicende della Chiesa di santa Teresa sono legate alla Compagnia del Carmelo, già esistente nel sedicesimo secolo. Nel 1590 i suoi amministratori chiesero al parroco dl San Tommaso, don Cristofaro Acquaviva, responsabile della chiesa di S. Lucia, l’uso di quest’ultima come sede della compagnia dl S. Maria del Carmelo. Il Reverendo Don Cristofaro Acquaviva, dietro licenza del Vescovado di Catania, concesse suddetta chiesa a Giuliano Russello, in qualità di rettore e responsabile della congregazione. La Compagnie del Carmelo nel 1658 pose mano alla costruzione di un proprio oratorio stipulando, tramite il rettore Matteo Falcone e il consigliere Mano Virlinzi, un «contratto di obbligazione per l’acquisto di mille cantoni», prelevati dalla cava dl S.Filippo, adiacente il muro dell‘orto dei Padri Cappuccini a ponente della città. Il contratto prevedeva una prima consegna di 500 cantoni entro Febbraio, mentre la rimanente parte entro il mese di Maggio, ad un prezzo di 18 tari il centinaio e di 7 tari la canna per la pietra residua. La chiesetta, un oratorio con cripta a navata unica, fu ultimata nel 1710 come si evince dal «cartiglio» situato sull’altare maggiore: «accipe meae fraternitatis signum -1710» (= ricevi il segno della mia fraternità), e da un’epigrafe disposta su quattro piastrelle smaltate di Caltagirone: «fieri fecit ad expensas v.s doctoris D. Petri Randanzo» (=fece in modo che fosse fatto a proprie spese v.s. dottore d. Pietro Randazzo). Il compito della Compagnia del Carmelo, come si rileva dal trasunto “12 Dicembre 1649” di una copia del “Privilegio” concesso alla Compagnia dal Papa Clemente VIII nel 1634 e redatto dal notaio Vincenzo Battalionti, era quello di «esercitare la pietà e la cristiana Carità» presso il suo oratorio e presso altre congreghe religiose. A questo proposito fu redatto un accordo scritto il 12 luglio 1773 tra il rettore della confraternita del Carmelo, don Giacomo Neglia, ed il rettore dell’arciconfraternita delle Anime Sante, don Giuseppe Scalingi, nei seguenti termini: i confrati delle Anime Sante dovevano intervenire ogni mercoledì nell’oratorio della compagnia del Carmelo per la recita dell’Ufficio Divino, mentre i confrati della compagnia del Carmine dovevano essere presenti ogni Lunedì presso la chiesa delle Anime Sante.
I confrati della Compagnia non potevano essere più di cento ne ad essa si potevano iscrivere delle donne. Bisognava avere un’età minima di 14 anni ed essere nobile o insignito di una professione privilegiata, «ad eccezione dei virtuosi di musica e dei figli dei confrati non degenerati». I confrati, come si è già detto, avevano l’obbligo d’intervenire ogni Mercoledì nell’oratorio della propria Confraternita per recitare il Divino Ufficio. Inoltre in caso di morte di un confrate era obbligo che tutti i membri della Compagnia fossero presenti alla cerimonia funebre muniti “di sacco” e ivi recitassero le preghiere per il defunto. Ogni confrate, morendo, aveva diritto alla sepoltura nel proprio oratorio. I contrati delle Anime Sante, in case di morte di un confrate della Compagnia del Carmelo, avevano l’obbligo di suonare le campane a morto, di venerare il defunto nella sua casa, d’intervenire muniti del proprio sacco e delle proprie insegne al funerale e, il rettore, di recitare, nell’oratorio del Carmelo, ogni primo Mercoledì seguente la morte del confrate, l’ufficio dei morti. Lo stesso impegno avevano i confrati della Compagnia del Carmelo se il defunto apparteneva all’arciconfraternita delle Anime Sante. In questo caso il giorno della recita dell’ufficio dei morti da parte del rettore del Carmelo, nell’oratorio delle Anime Sante, era il primo Lunedì dopo la morte del confrate di detta arciconfraternita. in base ad un accordo stipulato con la Confraternita della Passione nel 1844, che confermava quanto stabilito dal decreto vescovile del 1647, la Compagnia del Carmelo nella processione del CORPUS CHRISTI doveva disporsi all’ultimo posto cioè quello più vicino al Santissimo. Il 1886 segnò la prima cessazione dell’attività della confraternita, probabilmente a causa del clima risorgimentale, unitario ed anticlericale che imperversava in tutt’Italia. La compagnia del Carmelo venne rifondata nel 1937, e nel venerdì santo dello stesso anno, fu la prima sua uscita. Nel Settembre del 1926 l’oratorio veniva dedicato a Santa Teresa del Bambino Gesù. L’occasione fu data dalla esposizione di una reliquia della Santa «alla venerazione dei fedeli», concessa da mons. Vincenzo Fondacaro Vicario generale di Piazza Armerina. Nell’Aprile del 1930 alcuni cittadini chiesero al Regio Podestà d’interessarsi presso il Vescovo di piazza Armerina affinché la statua e il culto di santa Lucia (la cui chiesa era destinata ad essere abbattuta) fossero trasferiti nella chiesa di santa Teresa. Il commissario prefettizio, su richiesta del rettore della Compagnia del Carmelo, cav. Angelo Corona, dispose diversamente, concedendo alla chiesa di santa Teresa, con delibera del 18 gennaio 1932, soltanto una campana e il mattonato materiale residuo proveniente dalla demolizione della chiesa di santa Lucia. Il 1964 purtroppo segna la fine della storia di questa artistica chiesetta situata nel centro di Enna. Con la morte in quell’anno del rettore della compagnia Giuseppe Fiorenza si chiusero per sempre le porte di santa Teresa. E dal 1964 ad oggi la storia di questo monumento si è fermata . Nel frattempo la Chiesa di S. Teresa è divenuta soggetta, come proprietà, alla parrocchia di San Tommaso Apostolo. I reiterati tentativi che l’attuale parroco di san Tommaso, sac. Filippo Marotta, ha fatto perché s’istruissero gli opportuni lavori di consolidamento e di restauro della chiesa di S. Teresa non hanno finora ottenuto risposta fattiva da parte degli enti preposti a questo compito.
Descrizione Architettonica
Lo sviluppo planimetrico della chiesa è a navata unica longitudinale. La facciata principale. su via Roma, nonostante le reiterate deturpazioni subite, rivela ancor oggi la sua semplice eleganza originaria. La facciata è incorniciata da due paraste laterali e da una scalinata simmetrica a due rampe che collega il portale centrale alla quota della strada. Il portale ad arco a tutto sesto, decorato da due tasselli floreali e da due mensole figurate, è sormontato da un ricco fregio in pietra che sorregge il frontone centinato con una rottura dove trova posto lo stemma. Originariamente si presume, ma vista la composizione simmetrica della facciata. che ai lati dello stemma dovessero trovare posto due putti in pietra di cui ne rimane soltanto uno come del resto, al posto delle due nicchie che decoravano i lati del portale, oggi rimangono due vuoti rettangolari. La composizione del portale viene chiusa in alto da una finestra circolare con cornice in pietra, in asse sul portale stesso. Il ritmo architettonico delle pareti interne è scandito dalle finestre rettangolari, raccordate da lunette alla volta centrale a botte; proprio le lunette , incorniciate da un riquadro a stucco ornato da rotoli e volute, interrompono il fregio a dentelli che segna l’imposta della volta a botte. Anche le finestre centrali, chiuse con muratura, presentano lo stesso motivo decorativo. In asse, sotto le prime due, prospicienti l’ingresso, sono disposte due nicchie a calotta che rimarcano il vuoto superiore sulla muratura sottostante; il secondo ordine di finestre chiuse presenta, in asse, le stesse nicchie con l’aggiunta dell’altare laterale a parete in impasto di cemento e scaglie di marmo bicromo; la parte superiore, decorata a stucco, incornicia la nicchia contenente la statua di santa Teresa avente un motivo floreale simbolico raffigurante un roseto, mentre la corrispondente nicchia, dedicata a San Giovanni Bosco, simboleggia il giglio. I pieni tra gli assi delle finestre e le nicchie, circa a metà altezza, sono decorati da quadrilobi in stucco a rilievo.
La parte d’ingresso è caratterizzata da un’ampia finestra sormontata da una decorazione a conchiglia; sul portone centrale, l’elegante coro ligneo a riquadri policromi, raffiguranti icone di santi, fa da contrappunto all’altare centrale a parete, anch‘esso in legno con decorazione cromatica marmorizzata.
L’altare e arricchito da due colonne con capitello di ordine corinzio, sormontate da una complessa trabeazione formata da una triplice architrave aggettante, da un fregio decorato con volute floreali, da dentelli e decorazioni a gola; poi due putti laterali e uno stemma centrale incorniciati da un ampio drappeggio e i festoni sulla volta chiudono la composizione che accoglie al centro una preziosa tela raffigurante la “Madonna del Carmine”, dono di don Francesco Grimaldi, padre di Francesco Maria Grimaldi allora priore del convento del Carmine, presumibilmente nel 1756. Dietro l’altare trova spazio una piccola sacrestia cui si accede attraverso due porte poste ai lati. Sotto il piano dl calpestio della chiesa, a quota mt. 2,10, si trova una cripta adibita alla conservazione di reliquie e alla sepoltura; sono tuttora in buono stato i sedili adoperati per l’essiccazione dei cadaveri.
“Madonna del Carmine”, dono di don Francesco Grimaldi, padre di Francesco Maria Grimaldi allora priore del convento del Carmine, presumibilmente nel 1756. Dietro l’altare trova spazio una piccola sacrestia cui si accede attraverso due porte poste ai lati. Sotto il piano dl calpestio della chiesa, a quota mt. 2,10, si trova una cripta adibita alla conservazione di reliquie e alla sepoltura; sono tuttora in buono stato i sedili adoperati per l’essiccazione dei cadaveri.
Da Il Campanile di Enna. Testo tratto da “Storia e recupero della Chiesa di S.Teresa in Enna” dell’Architetto Paolo Fulco, pubblicato nel 2000 su “Scritti sulla parrocchia S. Tommaso apostolo di Enna” a cura di Don Filippo Marotta. Foto di Paolo Mingrino