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Se l’Africa chiama l’Europa

immigratiI migranti dell’autunno sono partiti dalle coste africane e dal Medio oriente per un porto

sicuro, come ponte per l’Europa, per fare tappa intermedia in Sicilia dell’eterna primavera, che ha fama di essere accogliente, anche quando chi vi arriva non ha passaporti e non incontra uffici di dogana sui barconi senza nome, improvvisati, che pervengono silenziosi, nei luoghi più impensati per una sosta da cui ripartire.

Non sanno che, talvolta, quei viaggi sono forieri di morti, che nessuno, dei parenti lasciati in terre lontane, ricorderà, dopo avere atteso invano notizie, sulla loro scomparsa.

Sono stati oltre ventimila si stima i migranti coperti dalle acque del Mediterraneo, lungo le traversate di questi anni, più di quelli delle guerre, di cui hanno sentito il rombo degli aerei ed il crollo di tanti edifici. Lo avevamo già denunciato (1).

Gli scomparsi del 3 ottobre, a poca distanza dall’isola dei Conigli di Lampedusa (in 336) sono uomini e donne, con bambini in braccia ed in seno, non ancora nati.

Ed è stato un dramma quotidiano l’annuncio sui tardivi ritrovamenti dei morti da seppellire e l’arrivo di altri ignoti barconi.

Erano in fuga da profughi, da giovani disoccupati, sognatori di un mondo migliore quelli che sono naufragati nelle notti del 3 ottobre e dell’8 ottobre.

E pochi i salvati.

Gli immigrati sepolti nel mediterraneo provenivano dall’Eritrea dalla Siria, dall’Egitto, dalla Siria, dall’Etiopia, dalla Somalia, dalla Libia, dalla Tunisia, si sono incontrati senza conoscersi, stipati al buio delle poche stelle d’autunno.

Avevano pagato a scafisti speculatori il viaggio con i risparmi raccolti dai vecchi piangenti, lasciati soli a vivere nelle patrie in guerra.

Per molti la Sicilia e Lampedusa, sono state le isole che solo alcuni hanno raccontato di raggiungere, nel corso delle traversate degli ultimi anni.

A Lampedusa, isola icona di riferimento della mobilità precaria, si è recato, al suo primo viaggio del pontificato, il papa dei cristiani, Francesco, all’inizio del pontificato (2), accompagnato dall’arcivescovo di Agrigento, Montenegro per salutare i fortunati superstiti di precedenti traversate, ancora fermi nell’Isola per accertamenti e modalità di accoglienza.

E poi, Porto Palo, Porto Empedocle, Licata, Menfi, Siracusa, Sciacca,Trapani, Agrigento, Catania, Pozzallo, e porti ed arenili senza nome, sono città e località toccate di volta in volta, nella geografia dei porticcioli notturni ai quali si avvicinano i barconi della morte più che della vita.

Quando, dopo alcune settimane da quel viaggio a Lampedusa di papa Francesco Gli è giunta la notizia che molti degli ultimi immigrati del 3 ottobre non hanno raggiunto l’Isola, il papa ha pianto, ha pregato ed ha gridato: Vergogna (per chi non ha saputo salvarli).

Il cardinale Romeo e l’arcivescovo Montenegro sono corsi ancora dal papa ad informarlo sulla tragedia della mobilità mediterranea.

Ed i conventi si sono aperti agli ultimi superstiti arrivati ed i Centri della Caritas hanno allestito un piatto caldo ed i pescatori hanno pianto per non avere salvato gli uomini, le donne, i bambini appena avvistati tra le onde del mare nero della notte, i giovani volontari si sono offerti per collaborare con i Centri di accoglienza, sempre inadeguati agli arrivi di massa.

Gli atti di eroismo dei siriani commuovono (3), scrive G.Savagnone. Li descrive sul Giornale di Sicilia nei giorni dell’evento: ”invece di salvarsi hanno atteso i soccorsi con in braccia i bambini che stavano per affogare mostrano una forse sconosciuta umanità nell’egoismo di casa europea. E’ triste solo il pensarlo”.

I vescovi di Sicilia si sono riuniti, in fretta, a Siracusa con il loro presidente il cardinale Romeo, anche se gli immigrati professano altre fedi, per ripetere

l’abbraccio, come vuole papa Francesco, venuto a Lampedusa, prima dell’ultima tragedia di vite umane, a portare un segno di umana solidarietà per chi ha fame, per chi fugge per la libertà, per il lavoro, per un tetto sicuro (4).

Un plauso a Lampedusa, la proposta di un Nobel ai cittadini di quest’isola siciliana non basta e tra l’altro non è accolta.

Conterà ora la indignazione dei Vescovi e la generosità “di fronte a tanto dolore, che sembra non avere fine, occorre cambiare atteggiamento a partire dalle nostre comunità”, scrivono i vescovi, coinvolgendo quanti si sentono interrogati da questa sfida umanitaria”(4) ed il popolo siciliano, che si è mobilitato per accoglierli in questa porta dell’Europa vicina?

Una Sicilia che si mostra nella sua vera e generosa identità, quasi a scontare altri vizi inveterati e incivili di comportamenti, che richiamano altre responsabilità dovute alla avidità delle apparizioni, dei comportamenti, spesso legati alla povertà, all’assenza di lavoro, alla distanza dal Governo centrale, alla voglia di apparire dei Governi locali, in polemica se lo stato centrale promuove una commemorazione con gli ambasciatori dei paesi della emigrazione clandestina.

Ed i vescovi invocano e richiamano i doveri della politica.

Ora nella loro denuncia affermano: ”Questi morti, e le migliaia che negli anni scorsi sono stati travolti in queste acque, chiedono verità, giustizia e solidarietà. E’ ora di abbandonare l’ipocrisia di chi continua a pensare che il fenomeno migratorio sia una emergenza, che si auspica ancora di breve durata.

Ed anche per i Vescovi c’è una non celata invocazione all’Europa ed ai governanti dei 28 paesi, per abbattere il muro dell’indifferenza per una tragedia, che i massmedia tendono a localizzare e mimetizzare ed invitano Parrocchie e Conventi, religiosi e laici ad una accoglienza fraterna per la comune umanità, per essere loro il nostro prossimo più bisognoso.

Accanto ai giovani, ed all’associazionismo del volontariato e del mondo cattolico, la presenza del Governo non si fa attendere.

Il Governo italiano ha provveduto e per la prima volta ad un Piano di pattugliamento e di controllo mediterraneo con una mobilitazione di mezzi aerei e navali, se non sufficienti, comunque in grado di prevenire catastrofi come quelle degli ultimi giorni.

E’questa l’offerta italiana di prontezza odierna anche se consegnata all’Europa perché non debba vergognarsi (specie nei Paesi come la Francia, la Germania, il Regno Unito presso i quali premono i flussi migratori) di essere assente davanti al crescente fenomeno migratorio e provvedere a sostenere lo sforzo del Governo italiano per non lasciare solo alla nostra marina l’arduo compito di monitorare le acque del mediterraneo in un pattugliamento con pochi mezzi, intanto opportunamente e tempestivamente dirottati nell’area delle quotidiane tragedie.

Frattanto gli ultimi arrivati toglieranno presto il disturbo, fuggiranno dai Centri di accoglienza per i Paesi, che gli emigranti vogliono disperatamente raggiungere, anche se alle prese con una crisi, di cui non si intravedono gli effetti.

E sono preceduti dalle bare, che hanno trovato una tomba, offerta in una gara ammirevole dai tanti sindaci della Regione, senza particolari dati del paese di provenienza, quasi una cittadinanza provvisoria, conquistata con e dopo la morte, con il comune dolore perché seppelliti nei cimiteri dell’Isola soltanto con un numero che li distingue per la burocrazia che dovrà restituirli ai paesi di provenienza se richiesti dai familiari.

Ora il Governo Letta, senza attendere altri interventi, ha dislocato mezzi navali nel sud del Mediterraneo, per sorvegliare i barconi irregolari di un esodo che non accenna a terminare.

L’Europa continua ad esercitare il fascino della terra promessa, come un tempo per i siciliani il nuovo continente americano.

Quanti l’hanno per primi raggiunta attendono i familiari, profughi o poveri, politici o derelitti, parenti uniti da una lingua o da una terra natale.

Ed è l’Europa, che deve prontamente e unitariamente, regolare rapporti, relazioni, con i paesi della disordinata ed incontrollata emigrazione, a partire da una presenza nei porti della riva sud del mediterraneo di provenienza per rendere regolare, con la collaborazione della Libia, dell’Egitto, della Tunisia, dall’Eritrea principali paesi del primo transito, e non clandestina la richiesta di asilo politico o di emigrazione dei profughi, sviluppando il dialogo mediterraneo.

Il premier Enrico Letta, alla vigilia del Consiglio dell’Unione Europea, annuncia alla Camera la linea dell’esecutivo sull’immigrazione, quasi recependo con la necessaria prontezza gli impegni che dal Paese, dal Presidente della Repubblica Napolitano, (che ha rimarcato la necessità dell’accoglienza essendo il diritto d’asilo cosa diversa dell’emigrazione), dall’alta autorità di papa Francesco, (che invita a superare la globalizzazione dell’indifferenza iniziando i viaggi del pontificato da Lampedusa), dalle dichiarazioni dei presidenti della commissione Barroso e del Consiglio d’Europa Van Rompuy, vengono doverosamente indirizzati a Bruxelles, trasferiti alla comune convergenza per irrobustire Frontex, l’Eurosur, il piano d’azione approntato dl governo italiano.

E l’Europa non resterà a guardare, per la sua storia e per il suo divenire.

Il tentativo di incontrare gli ambasciatori di alcuni stati esteri in occasione della commemorazione delle vittime delle stragi detti Paesi, non ha avuto che una simbolica attenzione a migliorare le relazioni sul tema dell’emigrazione incontrollata, per evitare altre tragedie del mare, ha anticipato la volontà del Governo.

E’infatti l’Europa e la sua economia, che raccoglie i frutti della emigrazione dei giovani dell’Africa e del Medio Oriente, che deve pretendere per la salvaguardia dei diritti umani della mobilità, un incremento di relazioni normate che evitino il ripetersi di naufragi, che mobilitano l’interesse umanitario e, se non controllati, possono creare dissapori e tensioni con in paesi interessati al fenomeno migratorio.

L’intervento italiano e gli improvvisati centri, davanti ad un’accoglienza, fuori da ogni previsione degli attuali flussi, se meritano riconoscimenti denunciano comunque la necessità di pianificare in loco i luoghi della prima ospitalità anche se di transito.

Il ministro dell’Integrazione Kyenge, presente il 21 ottobre ad Agrigento, con il ministro Alfano, annuncia al Corriere della Sera che ha “in programma di portare prima a 6 mila e poi a 24 mila gli attuali posti letto per l’accoglienza degli immigrati (in atto 8 mila), dobbiamo renderci conto di quanta sia difficile la vita per chi fugge da un inferno come quello che c’è in paesi come la Siria, il Pakistan, l’Egitto, la Libia, la Tunisia, ma anche l’Eritrea e la Somalia (6).Anche se i profughi non attendono i tempi del governo e l’urgenza a provvedere è alta.

Perché il dolore della tragedia di Lampedusa non abbia a ripetersi.

Ferdinando Russo

nandorussopa@gmail.com

Riferimenti

1) F.Russo – Per non morire più in mare in CNTN,periodico di ispirazione cristiana-Palermo,www.cntn.it

2) F.Russo in Papa Francesco da Lampedusa a Rio a Cagliari ed ora ad Assisi

3) G.Savagnone editoriale in Giornale di Sicilia-ottobre Palermo ed ancora in L’Europa senz’anima – A.Turrisi I Vescovi siciliani :scelte sbagliate hanno moltiplicato le vittime in Avvenire del 15 ottobre

5) M.Marisio sulla visita dei parlamentari italiani del gruppo bipartisan in Corriere della Sera del 5 ottobre

6) A.Arachi in La Tragedia di Lampedusa, intervista a Kyenge in Corriere della Sera del 6 ottobre.

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