Dalla Sicilia all’Olanda, passando per l’Ateneo catanese e approdando direttamente a Eindhoven, per partecipare al programma post-laurea chiamato “Smart Energy Buildings & Cities“.
Davide Garufi, 27 anni, fa parte di quella cordata di giovani cervelli che vanno all’estero per fare una breve tappa, ma poi vengono notati, osservati, professionalmente agganciati, trattenuti da chi gli offre la possibilità di studiare, sperimentare, innovare. Una laurea in ingegneria Edile ed Architettura sotto il Vulcano e poi via da Santa Teresa di Riva (città d’origine in provincia di Messina), prendendo il volo con l’obiettivo di innalzare la qualità della vita globale, attraverso la progettazione delle infrastrutture del futuro – i cosiddetti “edifici intelligenti” – e la sperimentazione di nuovi modelli di produzione dell’energia. Con un occhio al risparmio e un altro alla sostenibilità ambientale. Oggi che l’impegno della riduzione di emissione di anidride carbonica non è più prorogabile, occorre infatti declinare gli obiettivi in azioni concrete e “proprio ai giovani è affidato i compito di rimodulare il futuro”, sottolinea Davide, contattato durante la sua permanenza nei Paesi Bassi. Elaborazione di strategie comuni e scambio di esperienze virtuose: sono questi i princìpi che hanno ispirato il lavoro di gruppo del team internazionale che ha visto in prima linea anche il lavoro e la ricerca di questo ingegnere siciliano, di recente premiato in occasione dell’edizione Europea dell’NRGbattle, una competizione nella quale si valutano le idee all’avanguardia sull’uso, produzione e gestione dell’energia.
Il team Rosen, questo il nome della squadra di lavoro composta da 5 talenti giovanissimi (3 membri di provenienza indiana, uno olandese e uno nostrano) e dell’Azienda sponsor, ha sviluppato un’idea sulla conversione di elettricità e calore dai picchi di produzione che derivano dalle fattorie eoliche offshore e da tutte le rinnovabili onshore allacciate alla rete elettrica.
“L’eccesso di elettricità proveniente dalle rinnovabili può essere usata per convertire la sabbia in silicio elementare – spiega Davide – il silicio può essere bruciato come il carbone per garantire l’energia necessaria per produrre il cosidetto base-load power, ossia la quantità minima di energia che un’azienda elettrica deve garantire ai propri clienti. E nonostante il silicio abbia proprietà chimiche molto simili al carbonio, a differenza di quest’ultimo non produce anidride carbonica durante il processo di combustione”.
La sabbia è una delle risorse più abbondanti che esistono sul globo e la possibilità immagazzinare energia in maniera stabile attraverso il silicio è l’elemento che ha reso vincente il project work “killer” della CO2, che ha primeggiato su altro 40 studi presentati da scienziati junior di ben 53 Paesi.
“Un progetto che ha le potenzialità per trasformare il deserto in oro’’: ha motivato così la sua scelta la giuria dell’iniziativa che si svolge in Olanda tre volte l’anno e che vede i ricercatori lavorare su una domanda di ricerca applicata a un caso reale per 24 ore. Quest’anno l’evento ha avuto luogo al Martiniplaza conference center di Groningen alla presenza di esperti internazionali del settore energetico e personalità politiche come l’ambasciatore cinese in Olanda: “Un’occasione per dialogare con esperti di tutto il mondo e condividere strategie mondiali che possono rivoluzionare gli attuali scenari”, racconta Davide, che l’anno prossimo sarà impegnato con l’azienda olandese Woonbedrijf per studiare l’efficientamento energetico di un polo di oltre 30mila case popolari.
“Dopo il premio, abbiamo ricevuto manifestazione d’interesse da parte di diverse realtà del settore – conclude Davide – la speranza è quella di realizzare un prototipo che possa supportare un cambio radicale dell’uso dell’energia: dall’era legata alla Carbon economy a quella della Silicon economy”. La rilettura della contemporaneità, in un’ottica di sostenibilità, passa dalla Sicilia e (chissà) forse attraverserà il mondo.
Assia La Rosa