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Agroalimentare: arriva banca dati aziende agricole che assumono, 100 mila imprese agricole chiude per costi burocrazia

AgroalimentareArriva la banca dati di aziende agricole che assumono alla quale potra’ accedere il 68 per cento dei giovani italiani che, secondo un’indagine Coldiretti/Ixe’, nel 2014 vorrebbe lavorare in agricoltura, dalla vendemmia alla raccolta della frutta, perche’ ama la campagna o semplicemente per raggranellare un po’ di soldi, magari nella pausa scolastica. La presentazione e’ avvenuta nel corso dell’Assemblea elettiva di Giovani Impresa Coldiretti durante la quale e’ stato aperto il portale della Coldiretti “Lavoro in campagna” per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro in corso di autorizzazione da parte del Ministero del Lavoro. Allo scopo e’ stato predisposto un sistema informatico che opera attraverso un apposito sito web nazionale nel quale verranno acquisite, archiviate e rese disponibili in forma pubblica tanto le richieste di manodopera delle imprese che i curricula e le disponibilita’ dei lavoratori. Il servizio peraltro non si limita comunque all’impresa, ma e’ rivolto anche al sistema della famiglia che potra’ essere assistito nella ricerca di colf o badanti, al giovane che ricerchi la possibilita’ di effettuare uno stage aziendale, allo studente a caccia di un’occupazione durante il periodo delle vacanze estive o invernali attraverso un’offerta di lavoro occasionale accessorio (voucher) e al pensionato che voglia integrare il proprio reddito da pensione sempre tramite i buoni lavoro.
Lo strumento informatico sara’ accessibile presso ogni sede e sportello territoriale della struttura Coldiretti con personale qualificato che provvede anche a rendere un vero e proprio servizio di accompagnamento ed assistenza a imprese e lavoratori, sia nel compito di caricamento e aggiornamento dei dati, sia soprattutto nella vera e propria fase di incontro tra domanda ed offerta di lavoro. E’ infatti previsto che tale fase di incontro tra impresa e lavoratori non sia gestita in automatico dal sistema, ma sia accompagnata e guidata dai servizi Coldiretti che provvederanno a segnalare all’impresa l’esistenza nell’archivio del sistema web di candidature compatibili con le necessita’ espresse provvedendo, se di interesse dell’impresa, ai necessari contatti con i candidati. “Si tratta di una risposta concreta alla domanda di agricoltura di un numero crescente di giovani (e non solo) che desidera fare una esperienza di lavoro in campagna”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “in agricoltura il lavoro c’e’ sia per chi vuole intraprendere con idee innovative che per chi vuole trovare una occupazione lontano dalla citta’”. Con l’arrivo della bella stagione saranno almeno duecentomila i giovani impegnati nelle campagne ad iniziare dalla preparazione dei terreni e delle serre per gli ortaggi per continuare con la raccolta di frutta e verdura fino alla vendemmia, secondo una stima della Coldiretti.
“L’estate coincide – sottolinea l’associazione di categoria – con il periodo di maggior impiego di lavoro nelle campagne per le attivita’ di raccolta di verdura e frutta come ciliegie, albicocche o pesche, fino a quella dell’uva che si concentra nel mese di settembre. Per gli studenti lavorare nei campi significa, oltre che prendere contatto con il mondo del lavoro, anche fare una esperienza diretta in simbiosi con la natura, i suoi prodotti e una cultura che ha fatto dell’Italia un Paese da primato a livello internazionale nell’offerta di alimenti e vini di qualita’. Un’occasione per conoscere la genuinita’ e le caratteristiche dei veri prodotti del Made in Italy per imparare a distinguerli da quelli importatati spacciati come nazionali anche – precisa la Coldiretti – sugli scaffali dei mercati al momento di fare la spesa. Dal primo giugno i giovani lavoratori dai 16 ai 25 anni di eta’ regolarmente iscritti ad un ciclo di studi possono essere remunerati con i voucher, i buoni lavoro che comprendono gia’ la copertura assicurativa e previdenziale e non sono soggetti a ritenute fiscali. I voucher – conclude la Coldiretti – rappresentano uno strumento che offre interessanti opportunita’ di reddito e occupazione a categorie particolarmente deboli e risponde coerentemente alle richieste di semplificazione del lavoro nei campi che puo’ cosi’ meglio esprimere le proprie potenzialita’ in un momento di crisi, senza con cio’ destrutturare il mercato del lavoro agricolo”.
Il “mostro” della burocrazia negli ultimi dieci anni ha “divorato” 100 mila imprese agricole, costrette a chiudere per il peso opprimente dei tremendi costi e della farraginosita’ dei rapporti con la Pubblica amministrazione. Un dazio che all’agricoltura costa oltre 7 miliardi l’anno: per la singola azienda equivale a due euro per ogni ora di lavoro, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7.200 euro l’anno. Un “carico” asfissiante che costringe ogni imprenditore agricolo a produrre nei 365 giorni materiale burocratico cartaceo che, messo in fila, supera i 4 chilometri e ha un peso che sfiora i 25 chili. Non basta. Occorrono otto giorni al mese per riempire i documenti richiesti dalla Pubblica amministrazione centrale e locale. In pratica, cento giorni l’anno. Un compito che difficilmente l’imprenditore agricolo puo’ assolvere da solo e, quindi, nel 65 per cento dei casi e’ costretto ad assumere una persona che svolge questa attivita’ o, per il restante 32 per cento, a rivolgersi a un professionista esterno. Questi alcuni dei primi dati di un’indagine che sono stati presentati a Roma nel corso della VI Assemblea elettiva della Cia-Confederazione italiana agricoltori. Secondo la Cia, il 30 per cento dell’aggravio economico burocratico e’ addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della Pubblica amministrazione. Cifre che diventano ancora piu’ macroscopiche se si prende in considerazione l’insieme dell’imprenditoria del nostro Paese, che spende in burocrazia la bellezza di 61 miliardi di euro l’anno. Un costo che, ridotto del 25 per cento, comporterebbe un aumento del Pil dell’1,7 per cento.
Piu’ del 90 per cento degli agricoltori, secondo il sondaggio Cia, denuncia ostacoli e difficolta’ per la propria attivita’ a causa della burocrazia e chiede, quindi, una semplificazione amministrativa e fiscale che e’ ritenuta un fattore indispensabile per lo sviluppo. Asfissiate da questo “peso”, il 25,5 per cento delle aziende agricole ha messo da parte progetti di ammodernamento, innovazione e ricerca, il 21,5 per cento non ha compiuto alcun tipo di investimento, il 18,7 per cento e’ stato costretto a ridurre le coltivazioni e il 10 per cento, addirittura, a chiudere. Ogni mese le aziende agricole italiane sono costrette, in media, a impiegare dalle cinque alle sei giornate di lavoro per svolgere gli adempimenti amministrativi. Il 28 per cento – rileva l’indagine della Cia – afferma di aver dedicato dalle tre alle quattro giornate alla burocrazia, il 34 per cento dalle cinque alle sei giornate, il 38 per cento oltre le sei giornate. Oltre il 60 per cento delle imprese agricole – annota l’indagine della Cia – ha visto crescere del 6-7 per cento i costi burocratici degli adempimenti amministrativi; il 15 per cento tra il 3 e il 4 per cento; il restante tra lo 0,5 e l’1,50 per cento. Il 65 per cento delle aziende ritiene che negli ultimi dieci anni la burocrazia e’ andata aumentando con costi sempre piu’ esorbitanti. La Cia sottolinea che il maggiore onere che sopporta l’imprenditoria agricola italiana (94 per cento) e’ rappresentato dagli adempimenti “specifici” richiesti nel settore. Pesanti anche i “costi” dovuti al fisco (84 per cento) e alla sicurezza sul lavoro (75 per cento). Il 74,5 per cento delle imprese ritiene il costo degli obblighi burocratici un ostacolo alla propria attivita’ produttiva.
Oltre il 78 per cento delle aziende interpellate sottolinea che la pressione fiscale e gli oneri previdenziali-contributivi costituiscono un pesante freno allo sviluppo e alla competitivita’. Neanche l’introduzione di nuove tecnologie informatiche e’ riuscita, per il 64 per cento delle imprese agricole, a migliorare il rapporto con l’Amministrazione pubblica. E questo soprattutto a causa della complessita’ degli adempimenti e per il continuo cambiamento delle normative e degli adempimenti ai quali l’imprenditore agricolo e’ costretto. Il 58 per cento delle imprese agricole ritiene che la difficolta’ dei rapporti con la Pubblica amministrazione risiede soprattutto nel fatto che in questi ultimi anni siano aumentate in maniera esponenziale le scadenze burocratiche e siano rimaste alquanto complesse le richieste da parte degli uffici pubblici. Con l’aggravante che molte di queste norme vengono interpretate ed applicate in maniera diversa da regione a regione, da provincia a provincia e, addirittura, da comune a comune. Oltre al costo economico, l’aspetto che piu’ denunciano le imprese (72 per cento) e’ costituito dalle lungaggini e dai tempi “scandalosi” richiesti per una semplice pratica di carattere amministrativo, per la quale sarebbero sufficienti solo poche ore, se non minuti. Il 56 per cento degli imprenditori agricoli interpellati si e’ dichiarato disposto a nuovi investimenti di carattere produttivo e all’assunzione di manodopera se si da’ un “taglio” del 30 per cento al carico burocratico che oggi pesa sull’azienda.

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