Qualità della vita… beh, intanto c’è la vita, vegetata magari, ma c’è. Questa parrebbe essere l’unica nota positiva che vien fuori dalla lettura della classifica.
Enna, come la vicina Caltanissetta, come, ancora, le altre siciliane, rimane a fondo classifica, davanti solo alle “nuove province sarde” quelle dove la chiusura di fabbriche e miniere ha decretato la fine di una presenza umana fondamentalmente nata proprio da questo miraggio industriale.
Ma vediamo quali parametri sono messi sotto la lente per giungere alla classifica stessa, nel caso della ricerca condotta dalla Sapienza, sono parametri “vasti” come “ambiente” (e quindi in un solo parametro gestione delle acque, rifiuti, depurazione, energia alternativa), capacità economiche, attività culturali…
Sarebbe interessante andare più nel dettaglio ma ancora, semmai potremo averli, non paiono essere disponibili i numeri che alla compilazione della classifica hanno dato forza.
Certo non mi pare ci possa essere da meravigliarsi, consideriamo i parametri, peraltro già sviscerati anche da Legambiente con la Classifica Ecosistema urbano, i rifiuti praticamente NON vengono gestiti, non vi è alcuna capacità di differenziare se non attraverso iniziative che non solo nascono fuori dal sistema ATO (Ecopunto), ma che lo stesso sistema rischia di far collassare a causa della sua cronica incapacità di tener fede agli impegni. Se poi spostiamo l’attenzione ai servizi per il ciclo delle acque, ad un costo tra i più alti d’Italia fa fronte una dispersione che tocca punte del 50% e che abbatte ogni progresso fatto nel campo della depurazione (Enna ha almeno questo punto).
Gravissima la situazione dell’offerta culturale, al Museo Varisano, aperto e dotato di una nuova esposizione molto più accattivante e didattica, fa da contraltare la penosissima vicenda del Museo Alessi, chiuso per una incredibile storia che starebbe benissimo in un romanzo e quindi indisponibile nella sua funzione primaria di istituzione culturale cittadina di prestigio. I monumenti non di rado chiusi mediante una scelta “randomizzata” così da lasciare cittadini e turisti incapaci di decidere cosa e quando vedere. Se una nota positiva viene dalla definizione di una stagione teatrale che finalmente pare avere una sua organicità, d’altro canto diviene estremamente difficile aprire spazi e servizi a quelle testarde avanguardie che ancora si spingono nella coltivazione di settori artistici e culturali. Ad Enna rimane solamente la Galleria Civica, priva di Direzione, usata per tutto e senza una linea.
Dolentissimo poi il tasto della tutela e valorizzazione dei centri storici, alla difficoltà cronica del pubblico a mantenere i suoi contenitori non di rado di grandissimo pregio, pensiamo ai Benedettini, al convento di San Paolo al Camposanto, allo stesso castello di Lombardia, si lega la totale assenza di misure che possano consentire ai cittadini il recupero del patrimonio edilizio privato con tecniche e materiali consoni. Una simile opportunità, peraltro ben meno costosa di tantissime stupide ed inutilissime opere “pubbliche”, consentirebbe non solo il vantaggio di chi di quelle case è proprietario, ma anche di un vasto settore dell’artigianato di pregio che rischia di chiudere o ha già chiuso definitivamente e che è quello che va a dare numeri alla parte economica dei parametri. Partite IVA di giovani architetti, geometri, ma anche lattonieri, fabbri ferrai, ceramisti, muratori…
Di contro le città divengono sempre più cadenti, maleodoranti, abbandonate, costringendo amministrazioni oramai schiavizzate ad inseguire le disposizioni sempre nuove e sempre restrittive di governi regionali e nazionali tesi al taglio di ogni periferia, a praticare vie sempre più impopolari. Tra i Sindaci c’è chi sperando nella positività degli amministrati ha aperto bandi per la cessione gratuita degli immobili fatiscenti, e chi, invece, ha preferito arrivare alla demolizione coatta degli stessi.
Se poi scendiamo “extra moenia”, fuori le mura, il quadro è ancor più desolante, la campagna, ancora scrigno di sapienze antiche è spazzata da balzelli, tasse predone, politiche comunitarie che più che all’omologazione sembrano tendere alla desertificazione. Anche lì la fatica quotidiana delle amministrazioni lasciate sole ed in ordine sparso viene annichilita da scelte regionali e nazionali che finiscono per premiare sempre gli stessi giochi e figuri. Tutta la passata stagione LEADER, dopo aver fatto progettare un Piano di Sviluppo Locale basato su concertazione tra enti pubblici e attori privati, è stata poi declinata su scelte e bandi pensati e scritti a Palermo (forse), con la mortificazione di ogni possibile “glocalizzazione”. Per fortuna dal marasma sono venuti anche bei progetti, ma se si sommano le enormi disponibilità che erano messe in posta dai fondi UE e quello che alla fine si è potuto spendere ci si rende conto della pochezza politica degli ultimi governi regionali.
Quindi vivibilità, la possibilità di vivere, più o meno bene, in un luogo accogliente, solidale, comodo, capace di produrre futuro comune, di consentire ai giovani la vita nella propria terra garantendo agli anziani la prospettiva di condividere i propri affetti e saperi con le giovani generazioni. La risposta la darei con un post che proprio stamane compare nella bacheca di una giovane professionista dell’ennese che, a fine anno, in questa vivibile terra scrive: “Nasci in uno dei posti più Belli al mondo, il Sole non manca mai, cresci circondato dal vero Amore e conosci persone meravigliose che ti concedono l’Amicizia più sincera… E poi, un giorno, quella stessa terra bellissima ti allontana da tutto. Questa è la nostra Buttanissima Sicilia!”
Allora, cari concittadini della non vivibile Sicilia di mezzo, o siamo capaci di puntualizzare seriamente gli step del nostro concetto di paese vivibile o, infine, in deserto vivremo.
Giuseppe Maria Amato
Consulente Ambientale
Presidente CEA Sicilia
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