Castroforte è una piccola cittadina posta sulla cima di una montagna tra le nebbie di una Sicilia più immaginaria che vera, Castroforte.
Nel tempo è stata luogo di riti antichi, vecchie storie e capitani di ventura. Presa dai saraceni ne fu dorato rifugio e sentì le grida del muezzin, tornò poi alla croce e divenne famosa per la sua dedizione alle processioni ed alle sfilate penitenziali.
La sua società si compone e non di rado si scompone in gruppi organizzati, confraternite antichissime, consorterie, sindacati, logge carbonare e massoniche e… club service.
Si, tanti, dai nomi inglesi, dalle attitudini americane, molto “lobby style”, appetite da chi vuol farsi strada, da chi vuole emergere, da chi intende sottolineare che può. Statutariamente tutti club dalle umanitarie motivazioni, pace, fratellanza, solidarietà, a volte… influenza.
E questi club, queste consorterie, così solerti nel premiare e coinvolgere chi di Castroforte normalmente se ne impipa, così pronte a darsi mani e piedi al padroncino di turno, così servili e decorosamente acquiescenti verso chi regge lo scettro, anche se lo stesso è oramai tenuto da tempo da gente che proprio alla crema pare sia poco avvezza, continuano a popolare e dare spinta alla vita della nebbiosa cittadina.
Ultimamente si sono cimentati nella organizzazione di un sit in contro la soppressione dell’importante Governatorato, infatti dalla capitale è venuto l’ordine di chiudere i battenti del “Palazzo per eccellenza” e lì tutti i club subito a farsi portavoce della indignata cittadina.
Un brigante come me, però, non può che chiedersi, ma questi signori, queste genti che le chiavi della città aveva già da tempo consegnato, come mai scendono in piazza adesso e non lo avevano fatto dinanzi alla tremenda crisi che attanaglia Castroforte?
Forse che nessuno di loro si era reso conto del rumor di pancia? Forse che passeggiando nessuno aveva notato gli usci serrati di decine e decine di negozi, officine, uffici? Forse che infine l’aver pietre al sole (o anche nella nebbia) pensavano fosse comunque antidoto alla triste malattia che pare aver definitivamente colpito Castroforte?
Il sit in ha dimostrato, qualora a qualcuno non fosse stato chiaro, che Castroforte non ne può più, che il problema non era certo il Governatorato, che la gente di pane ha bisogno e non di crema, che vanno fatte subito scelte ben differenti da quelle del menu dell’ultima cenetta da svolgersi insieme alla fortunata ex giornalista oggi Parlamentarona.
L’esercizio di molti dei sofisticati commensali, con o senza grembiulino, di stare “bene” in qualsiasi avventura, di fare dello charme metodo social politico, è giunto alla fine, oggi gli stessi rischiano di essere presidenti del nulla piuttosto che soci di qualcosa.
Castroforte è “out”, è in disarmo, attende il rimorchiatore che la porti al largo e ne decreti la fine, sta ai “pianisti” decidere se scendere, rimanere agguattati in attesa del botto o finalmente fare qualcosa.
Nel frattempo brindiamo.
Antonio Testalonga