Omaggio a Leonardo Sciascia. “L’onorevole è un testo che racconta con intrigante ironia come l’ascesa politica di un onesto professore di lettere possa diventare un’ineluttabile ma pacifica, perfino brillante, caduta morale”. Enzo Vetrano e Stefano Randisi, collaudata coppia registica, non potevano riassumere con più illuminante sintesi il nocciolo di uno dei più riusciti lavori teatrali del Recalmutese.
Reduce dal successo riportato nei maggiori teatrali, il loro allestimento approda sabato 24 (ore 21) e domenica 25 gennaio (ore 18) al Teatro Comunale di Trecastagni nell’ambito del cartellone allestito dallo Stabile di Catania in sinergia con l’amministrazione del Comune pedemontano. Scene e costumi sono di Mela Dell’Erba, le luci di Max Mugnai.
La bella coproduzione, realizzata dal Teatro Biondo Stabile di Palermo ed Emilia Romagna Teatro Fondazione, in collaborazione con Diablogues Compagnia Vetrano/Randisi, vede nei ruoli principali Laura Marinoni, straordinaria protagonista, gli stessi Stefano Randisi, ed Enzo Vetrano, insieme ad Antonio Lo Presti, Giovanni Moschella e ancora Alessio Barone, Angelo Compolo, Aurelio D’Amore, Aurora Falcone.
Il plot si sviluppa in crescendo. Il professor Frangipane, pur nella modestia in cui vive, è felice di rappresentare per i suoi figli e i suoi allievi un modello di correttezza e idealità basato sulla cultura e sul rispetto. La moglie Assunta lo ama, lo ammira e lo sostiene nell’affrontare le difficoltà quotidiane. Una sera d’estate del ’47 il professore riceve una visita inattesa, e con essa l’offerta di una candidatura come deputato alle imminenti elezioni politiche. Frangipane si schermisce; è stupito, onorato ma titubante, anche perché comprende che questa svolta lo porterebbe a trascurare affetti e interessi personali. Ma monsignor Barbarino, che quella sera è andato da lui proprio per convincerlo che il suo essere retto e colto gli impone l’onere e l’onore di un seggio in Parlamento, trova le parole giuste per convincerlo.
Nel secondo e terzo atto della commedia seguiamo l’onorevole Frangipane in una carriera politica inarrestabile, che lo porta a conquistare un potere sempre più autorevole, a muoversi tra agi e lusso, ma anche a scendere a compromessi sempre più miseri e a stringere loschi accordi con personaggi malavitosi. Contemporaneamente la signora Assunta comincia come ad appropriarsi dell’identità che il marito va perdendo, e lo fa attraverso un’immersione nell’idealismo, nel senso di giustizia e nella sete di cultura di Don Chisciotte, lettura prediletta del marito quando era ancora professore. Tiene anche sempre pronta una valigia perché è convinta (ho fatto i conti…) che il marito sarà arrestato da un momento all’altro, e si addolora nel vedere, a casa sua, oggetti sacri diventati elementi di arredo.
Questo comportamento viene vissuto da tutta la sua famiglia, che nel frattempo si è perfettamente adeguata alla condizione di benessere borghese, prima con disagio e poi con crescente preoccupazione, al punto da chiamare in aiuto monsignor Barbarino per convincerla ad accettare un “periodo di riposo” lontano da casa.
“Sembra di risentire – sottolineano Vetrano e Randisi – le parole che Pirandello mette in bocca a Ciampa ne Il berretto a sonagli, per obbligare Beatrice Fiorica, indomita moglie in cerca di verità, a “tre mesi di villeggiatura in una casa di cura”. Ma sembra anche di rivedere, con ruoli ribaltati, lo sgomento muto di Gennaro Jovine di fronte allo squallore opulento e disumano raggiunto dalla moglie Amalia in Napoli milionaria di Eduardo De Filippo”.
Letto oggi, questo testo scritto nel 1965, che ci parla di connivenze tra politica, affari, alti prelati e criminalità organizzata, di favori e corruzioni, di furbizie e tradimenti, assume il carattere di un’amara profezia, anche per l’avvertenza che l’Autore fa nella premessa: L’onorevole Frangipane – dice Sciascia – è democristiano, e la sua circoscrizione è quella della Sicilia occidentale (…) ma potrebbe anche essere di altro partito, di più o meno lunga esperienza governativa, e il suo collegio elettorale quello di un’altra regione italiana.
Osservano ancora Vetrano e Randisi nelle note di regia: “Due sono i tratti che sentiamo particolarmente vicini in questo testo: da un lato il considerare la verità come una visione distorta della realtà, qualcosa da cui allontanarsi gradualmente, ridicolizzare e infine mettere all’indice come un’espressione della follia, dall’altro lato il modo, tipico della scrittura di Sciascia – ma con lui anche di tanti autori e letterati siciliani, Pirandello in testa – di descrivere la società in cui vive attraverso meccanismi narrativi che sembrano portare in un luogo e un tempo paralleli, quasi astratti e invece sono una descrizione lucida e spietata di ciò che avverrà oggi o in un futuro più o meno incombente. Un finale sorprendente ribalta la rassegnazione della protagonista femminile in un più crudele e disarmante epilogo che ci fa scorgere in un trionfo di glamour l’abisso quotidiano ormai percepito dall’intera collettività come raggiungimento del vero successo”.