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Palermo: Piace il Decamerone di Marco Baliani in scena al Teatro Biondo Stabile

StefanoAccorsi_photoFilippo ManziniPalermo. Ci sono spettacoli il cui messaggio profondo si manifesta alla fine, quando gli spettatori si accalcano tra le scale per uscire dal teatro con concitata fretta e in un parlottare collettivo che vede le impressioni e riflessioni sovrastarsi e annullarsi. Spesso è il silenzio ad accompagnarlo a ricondurlo nella realtà rumorosa, frenetica, costantemente informata, aggiornata e mantenuta nell’inquietante permanere del presente.

Ecco allora che lo spettacolo “Decamerone – Vizi, virtù, passioni”; libero adattamento del poema di Boccaccio, realizzato da Marco Baliani con la drammaturgia di Maria Maglietta; ruba lo spettatore dal suo presente per ricondurlo ad un passato letterario conosciuto tra i banchi di scuola.

Protagonisti sono sei attori che in un carrozzone pittoresco e ricco di cangianti scenografie; che colma con originalità e semplicità lo spazio visivo dell’intera scena; si prestano a narrare sette novelle accuratamente scelte dal Baliani che, con questo lavoro, dopo l’Orlando Furioso, è al secondo capitolo del progetto “Grandi Italiani”, per chiudere poi con il Principe di Machiavelli.

Ad aprire le danze è il mastro Panfilo, interpretato dal brioso e imperante Stefano Accorsi, che torna a teatro dopo una lunga carriera cinematografica.

La lingua volgare usata dal poeta fiorentino viene adattata alla varietà linguistica dell’italiano moderno ripercorrendo quindi una geografia di accenti e timbri che vanno da nord a sud. L’amore, la parola e la buona cucina sono elementi fondamentali che fanno da collante tra una storia e l’altra dove si avvicendano virtù e vizi tipici dell’uomo: la gelosia, l’avarizia, la lussuria, l’accidia. A tanta pestilente moralità si accompagna però un sentimento di speranza di rivincita dei buoni, di affermazione del bene, di volontà di credere in un presente più vivibile e un futuro migliore. No v’è evasione dal mondo contemporaneo nel riadattamento dell’opera, né una critica alla società piuttosto la ricerca di un’alternativa che parta da un riconoscimento delle proprie fragilità e dei propri limiti.

E questo deve averlo ben colto lo spettatore che è uscito dalla sala inaspettatamente vivace: i giovani, quasi tutti studenti delle scuole superiori, si confrontavano con entusiasmo sulle novelle studiate e su quelle viste durante lo spettacolo, i meno giovani, rigorosamente esigenti, lamentavano aspettative maggiori, c’è stato pure chi, pur apprezzando l’opera, ha meno apprezzato lo “spettatore” in quanto attore facente parte del meccanismo teatrale perché privo di quel decoro di cui dovrebbe farsi portatore standosene composto, in silenzio e senza oggetti di distrazioni tra le mani.

Ho atteso dunque la fine per cogliere in qualcuno il desiderio di leggere le restanti 93 novelle del Boccaccio come suggerito da Panfilo al termine dello spettacolo, facendomi così travolgere dal mio angolo di osservazione da decine di studenti “cellula rizzati”, stretti in jeans aderentissimi e in scarpe sfacciatissime, dallo sguardo perso chissà dove eppure ancora curiosi di un passato letterario al quale si approcceranno forse, con più consapevolezza.

Lo spettacolo, in scena al Teatro Biondo fino al 28 gennaio, è prodotto da Nuovo Teatro in collaborazione con la Fondazione Teatro della Pergola, le scene e i costumi sono di Carlo Sala, le luci di Luca Barbati.

Attori protagonisti: Stefano Accorsi, Salvatore Arena, Silvia Briozzo, Fonte Fantasia, Mariano Nieddu, Naike Anna Silipo.

Livia D’Alotto

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