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Mancata rivalutazione delle pensioni negli anni 2012 e 2013

pensioniE’ fissata per il 10 marzo 2015 l’udienza pubblica nel corso della quale la Corte Costituzionale è chiamata a decidere sulla legittimità costituzionale del blocco della perequazione automatica delle pensioni, disposta dal Governo Monti per il biennio 2012-2013, che ha interessato oltre sei milioni di pensionati titolari di trattamenti pensionistici superiori a tre volte il trattamento minimo INPS (circa 1.450 euro mensili, al lordo delle ritenute erariali) .

Una fascia reddituale decisamente bassa che ha fortemente penalizzato tantissimi pensionati che, a fronte di una costante perdita del potere di acquisto della moneta (pari a + 2,7% nel 2012 ed a + 3,00% nel 2013) si son visti decisamente impoverire il trattamento pensionistico in godimento contro ogni logica ed in dispregio di diritti costituzionalmente tutelati.

A promuovere il giudizio di costituzionalità sono stati, nel tempo, il Tribunale di Palermo, la Corte dei Conti della Regione Liguria e la Corte dei Conti della Regione Emilia Romagna, quest’ultima con due ordinanze.

Per i giudici rimettenti il provvedimento che ha disposto il blocco anzidetto violerebbe i principi di uguaglianza, di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione differita, qual’è la pensione, nonché il principio della garanzia previdenziale, della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche quali sanciti dal dettato costituzionale.

Per i magistrati della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna la norma impugnata, limitativa del diritto alla rivalutazione automatica delle pensioni, contrasterebbe anche con i principi della certezza del diritto e dell’affidamento del cittadino nella sicurezza sociale quali solennemente sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

In particolare sarebbero violati il diritto dell’individuo alla libertà ed alla sicurezza (art. 6), il diritto di non discriminazione, che include anche quella fondata sul patrimonio (art. 21), il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa e indipendente (art. 25), il diritto alla protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale (art. 33) nonché il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale ed ai servizi sociali (art. 34).

Trattando di pensioni la Corte Costituzionale, nel ricordare in passato che “la garanzia costituzionale della adeguatezza e della proporzionalità del trattamento pensionistico incontra il limite delle risorse disponibili al quale il Governo ed il Parlamento devono uniformare la legislazione di spesa”, con sentenza n° 316 del 2010 ha, però, sottolineato che “la sospensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero della frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità dal momento che le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto della moneta”

L’avvertimento dei giudici costituzionali è chiaro, non colpire oltre misura e ripetutamente i redditi da pensione che, in quanto sganciati dalla dinamica salariale, se non vengono adeguatamente tutelati e rivalutati con riferimento alle variazioni del costo della vita, finiscono presto con l’impoverirsi perdendo, a fronte della costante crescita dei prezzi dei beni e dei servizi destinati al consumo delle famiglie, il loro originario potere di acquisto.

Il Governo non ha, però, tenuto conto, finora, del “monito” della Corte Costituzionale ed ha continuato a “colpire” le pensioni senza alcun rispetto del dettato costituzionale ed incurante dei “danni”, insanabili, arrecati ai pensionati destinatari dei relativi provvedimenti.

E’ bene ricordare, infatti, che i titolari di trattamenti pensionistici sottoposti, per legge, al blocco della rivalutazione automatica, subiscono ogni volta un danno economico di rilevante portata non solo nell’imminente, ma anche per il futuro atteso che, in difetto di qualunque previsione di recupero per gli anni successivi, tale danno si protrae, ininterrottamente, all’infinito fino ad incidere sulla misura delle pensioni di reversibilità.

Da qui l’iniquità del blocco della perequazione automatica delle pensioni, reiterato nel tempo, che, si spera, la Corte Costituzionale possa ora finalmente porre fine con una sentenza rispettosa dei principi posti a fondamento del vivere civile in un contesto di garanzie, di rispetto e di certezze quali sanciti dalla Costituzione.

dr. Fernando Sacco

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