L’Unione scricchiola, forse per colpa di un assemblaggio mal riuscito. E’ già difficile distinguere tra Stati all’interno di Schengen che non fanno parte dell’UE (Islanda, Norvegia e Svizzera) e Stati UE che non fanno parte di Schengen (Regno Unito e Irlanda). Se a tutto questo si aggiungono 28 Paesi uniti, ma incapaci di trovare soluzioni comuni, l’Europa è solo una Babele, confusa e intricata, dove si innalzano muri e barriere, come quelle al confine tra Ungheria e Serbia, frutto dell’incapacità europea di gestire in modo unitario un problema che rischia di travolgere l’intero continente. Il paradosso nasce dal voler rimanere uniti, senza un progetto comune su tematiche di alto profilo politico, economico e sociale.
Per anni l’Italia ha gridato aiuto ad un’Europa sorda, ma solo ora, che i flussi migratori travolgono i Paesi sordi, è emergenza. La Germania improvvisamente si sveglia, diventa leader di umanità e vuole accogliere tutti, con la collaborazione di tutti. L’Ungheria mette i propri detenuti in divisa grigia ad erigere muri contro i profughi (e non è poi così edificante vedere disperati contro disperati). Gli altri non si sa, quote sì, quote no. Insomma, si salvi chi può, ognuno come può. Anche dall’altra parte del confine c’è chi cerca disperatamente di salvare, come può, la propria pelle. Sono giochi di forze contrastanti, che si consumano in tempi e teatri differenti. I princìpi a lungo disquisiti nei salotti da una parte, contro la lotta per la sopravvivenza che spinge con veemenza dall’altra. Pochi uomini decidono il destino di molti uomini. Giacché ci sono, che lo facciano almeno uniti e compatti.
Valentina La Ferrera
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