Al TAR “AcquaEnna” vince ma non convince
di Massimo Greco
Nei giorni scorsi il TAR di Catania ha accolto il ricorso della società “AcquaEnna” per la sospensione delle Ordinanze sindacali attraverso le quali i Sindaci di Troina e Agira avevano vietato al gestore del servizio idrico per la provincia di Enna di interrompere la somministrazione della fornitura di acqua ai rispettivi nuclei familiari insediati. La decisione del TAR, ampiamente prevedibile, ha comportato la condanna alle spese della fase cautelare in favore della società ricorrente in euro 700,00 oltre accessori.
Bene, avevamo suggerito cautela nella gestione del contenzioso con il gestore del servizio idrico e soprattutto avevamo auspicato un uso meno baldanzoso delle risorse pubbliche per promuovere giudizi ai limiti della temerarietà. I due Sindaci, per i quali rimane immutata la stima, non hanno resistito al richiamo delle sirene dell’antipolitica e della crociata ideologica sull’acqua pubblica, andando a sbattere nei duri muri del diritto che, in questa materia, non lasciano margini ad alcuna oscillazione giurisprudenziale.
In realtà risulta abbastanza chiaro che lo scopo che aveva mosso i due Sindaci nell’esercizio disfunzionale dei poteri d’urgenza era preordinato non già effettivamente a prevenire situazioni igienico-sanitarie o di ordine pubblico (i soli a giustificare l’emissione di un’ordinanza sindacale), quanto, più semplicemente, quello, evidente espressione di sviamento, che vede i Comuni (estranei al rapporto contrattuale gestore-utenti), tentare di impedire al gestore medesimo di azionare i rimedi civilistici tesi ad interrompere la somministrazione di acqua nei confronti di utenti non in regola col pagamento della prevista tariffa.
I Sindaci hanno sbagliato due volte, la prima nel non avere attivato i poteri (intra-ordinem) loro riconosciuti in forza della qualifica di socio dell’Autorità d’ambito. Quest’ultima è infatti l’ente preposto al controllo dell’operato del gestore del servizio nonché all’approvazione dei regolamenti e delle carte di servizio utili a disciplinare anche i rapporti con gli utenti morosi. Il secondo errore consiste nell’avere attivato un contenzioso giurisdizionale, perso in partenza, sulla base di una consolidata giurisprudenza in materia, senza tenere nella dovuta considerazione che le spese necessarie per affrontare una lite temeraria come questa vengono sostenuti da quei medesimi utenti/contribuenti che, paradossalmente, il Comune pensava di difendere.
E però, poiché il maneggio di denaro pubblico non equivale al maneggio del fondo-cassa di un circolo ricreativo, è verosimile che il TAR, nella già calendarizzata udienza di merito, in cui nel confermare certamente con sentenza quanto disposto con ordinanza condannando il Comune alle ulteriori spese, aggiungerà nel dispositivo della decisione finale quanto già scritto in analoga occasione riguardante il Comune di Gela: “Va disposta la trasmissione di copia della presente sentenza alla Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana per le valutazioni di competenza inerenti agli oneri sostenuti dal Comune per il presente giudizio”.
Queste due decisioni del TAR, oltre a creare un problema ai due Sindaci, possono generare nell’immaginario collettivo la convinzione che l’operato dell’ente gestore del servizio idrico sia perfetto ed immune da vizi. Non è affatto così, tuttavia, l’illiceità del comportamento di “AcquaEnna”, circoscritta ai soli di casi di abuso (e non certo di legittimo uso) dell’interruzione della somministrazione della fornitura dell’acqua, va acclarata dal Giudice ordinario competente, al quale alcuni di noi si sono già rivolti attendendo serenamente entro l’anno il verdetto.
Meditate Sindaci, meditate!