35 mila furono le partigiane. 70 mila facevano parte dei gruppi di difesa della donna e fra queste 4.653 furono arrestate, torturate e condannate; 2.750 deportate e 623 fucilate o cadute in combattimento. Alle combattenti per la liberazione dal nazifascismo sono state riconosciute: 16 medaglie d’oro, 17 d’argento e 15 alla memoria. Dopo il 25 aprile del 45 le truppe combattenti sfilarono per le vie di Roma, Torino, Bologna, Genova, Venezia e Milano, applaudite dalla folla. Le partigiane non c’erano e le poche che ebbero la ventura di affiancare i compagni vennero tacciate come puttane dal popolo liberato. A Torino il PC impedì alle donne delle brigate Garibaldi di sfilare perché voleva apparire come una forza RISPETTABILE. Anna Bravo definì la resistenza femminile un maternage collettivo ossia un impegno di cura, lotta e assistenza della e per la COSA PUBBLICA. Le donne furono chiamate a scegliere e molte di loro scelsero di nutrire, informare, curare e sparare per liberare il Paese dal regime che le aveva volute angeli del focolare, solide nella mente e nel corpo, sfornanti eroi in camicia nera sempre alla mercè del maschio fieramente probo al fascio. Il fascismo azzerò le poche conquiste femminili ottenute prima della grande guerra e ridusse a un misero 10% la presenza femminile nei posti di lavoro, cancellandole dai quadri dirigenziali. La guerra poi mutò ogni cosa e l’uomo al fronte riportò la donna nei campi e nelle fabbriche anche belliche e dalle fabbriche le donne organizzarono gli scioperi del 43/44, atti riconosciuti di resistenza. Elsa Massai lavorava alla Galilei di Firenze e racconta appena può della polverina mischiata all’olio dei motori per incepparli. Le donne furono staffette e dopo l’8 settembre portarono armi, informazioni e vivande ai partigiani impegnati sulla linea gotica. Tina Anselmi da Treviso a Padova portò una radiotrasmittente col rischio di farsi impiccare; Norma Barbolini comandande meritevole di una taglia di 400mila lire; Irma Bandiera; Gabriella Degli Esposti; Teresa Noce; Lina Merlin; Adriana Locatelli; Tina Pizzardo e Ada Prospero, più nota come Ada Gobetti, la partigiana Ulisse, prima donna vicesindaco della Torino appena liberata, scrittrice e pedagogista crono dinamica, giornalista e comunista che degli studenti sessantottini scrisse “hanno ragione”; solo alcune. Il discorso sulla Resistenza è sempre stato fortemente maschilista, ma la Resistenza l’hanno fatta anche le donne. Il 2 giugno del 1946 per la prima volta, e di certo anche per la battaglia contro l’assolutismo fascista, le donne andarono al voto e pazienza se dopo 70 anni molte di loro hanno scordato il valore del voto, specie se referendario, specie se svincolato da obblighi personalistici. Pazienza.
Gabriella Grasso
Vignetta: Gianfalco
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