Rifiuti. Tutta in salita la procedura fallimentare della società “EnnaEuno”
Pur avendo l’assemblea della società d’ambito “EnnaEuno” rinviato le proprie determinazioni in ordine all’ipotesi di portare i libri contabili in Tribunale per ottenere il fallimento della società, il problema rimane all’ordine del giorno e continua a spaventare sia i numerosi creditori che i Sindaci dei Comuni soci dell’ambito territoriale ottimale. Non appare infatti così pacifica l’applicabilità della procedura fallimentare per una società a partecipazione pubblica di questo tipo e soprattutto non sono così ovvi gli effetti sui Comuni partecipanti.
Ne parliamo con Massimo Greco.
Non basta la specifica previsione dell’ipotesi fallimentare introdotta dal Testo Unico sulle società pubbliche?
La possibilità che le società pubbliche possano fallire, prevista in modo sufficientemente chiaro dalla più recente normativa statale, deve essere infatti coordinata con altra disciplina esistente nel nostro ordinamento che impone alle pubbliche amministrazioni locali partecipanti di accantonare nel bilancio un importo pari al risultato non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Ciò significa, che nel caso di società a partecipazione necessaria dei Comuni come quelle d’ambito di cui discutiamo, gli Enti partecipanti sono obbligati a ripianare le perdite, eventualità quest’ultima che negherebbe in radice la possibilità per le medesime società di fallire.
In sostanza da una parte si dice che i Comuni sono obbligati a ripianare le perdite della loro società partecipata e dall’altra s’introduce la possibilità del fallimento…
Esatto, sono disposizioni che vanno in direzione opposta e rendono di difficile praticabilità entrambi gli istituti: quello del ripiano delle perdite e quello della procedura fallimentare. E poi ci sarebbe un altro problema..
Cioè?
Non bisogna dimenticare che l’eventuale ripiano delle perdite di una società, che pur essendo a partecipazione pubblica rimane pur sempre annoverabile tra gli operatori economici, deve tenere conto dell’esigenza che non si traduca in un indebito aiuto di Stato, soprattutto dopo i pronunciamenti della giurisprudenza comunitaria del 2003 che hanno affermato l’illiceità di incentivi finanziari a società che si occupano della gestione di servizi pubblici locali.
Quindi tutto fermo?
No, è certamente meglio per tutti (sia per i creditori portatori d’interessi privati che per coloro che sono chiamati a perseguire gli interessi pubblici) che l’ipotizzata fase di stallo venga certificata dall’Autorità Giudiziaria alla quale, come abbiamo già detto in altra occasione, chi ha titolo potrà rivolgersi.