Elezioni regionali. Tanti candidati, pochi programmi e nessun progetto
di Massimo Greco
Come spesso accade nelle competizioni elettorali, in cui si differenziano uomini e visioni post-ideologiche, i programmi sono solo dei manifestini impregnati di slogans pubblicitari al pari di quelli commerciali. E chi antepone il confronto sui programmi e non sugli uomini ha solo l’esigenza (tattica) di prendere tempo e negoziare al meglio la propria merce elettorale. Accade anche in questi giorni in cui i candidati di tutti gli schieramenti si avventurano alla ricerca disperata di un improbabile consenso per assicurarsi un seggio a Palazzo dei Normanni. Ora, se ai singoli candidati delle liste provinciali si possono risparmiare specifiche domande che, nella maggior parte dei casi, provocherebbero imbarazzanti silenzi, dai candidati a Governatore della Sicilia si pretende un maggiore impegno sotto il profilo programmatico e progettuale. Tralasciando l’incosciente Crocetta, impegnato in queste ore solamente a nominare gli amici più stretti in posti di comando, ci piacerebbe conoscere il pensiero dei candidati Musumeci, Cancelleri e Miccari, ad esempio, sulle politiche di sviluppo locale con particolare riferimento alle aree interne e centrali della Sicilia. Così come ci piacerebbe sapere se e in che modo pensano di riformare il sistema regionale delle autonomie locali, rimasto inceppato da riforme e contro riforme del solo ente intermedio. O come pensano di concretizzare la ristrutturazione della rete ospedaliera, puntualmente stoppata dalle teatrali scenate dei Sindaci dei Comuni sede di presìdi insostenibili. E che ci diranno mai i candidati sulla macchina amministrativa regionale preda di stabilizzazioni selvaggie, esternalizzazioni clientelari, distribuzione acrobatica e aprofessionale delle risorse umane tra i diversi dipartimenti ed incarichi dirigenziali sprovvisti di meritocrazia?
Si sforzino i candidati Governatori nel tentare di ripristinare, almeno in questa necessaria fase elettorale, il dialogo con quei siciliani che non solo hanno rinunciato da tempo a partecipare alla discussione pubblica attraverso l’esercizio del diritto di elettorato passivo, ma che stanno perdendo anche l’entusiasmo di esercitare il diritto di elettorato attivo.