domenica , Dicembre 22 2024

L’ho uccisa perchè

La compassione dalla nostra società, cannibale e autoreferente, è  bandita. Il padre di un femminicida può infatti urlare male parole contro la sedicenne ammazzata dal figlio, sentendosi in dovere di infangare la vittima pur di sminuire le responsabilità della sua creatura: il carnefice.
Ennesimo femminicidio.
Ennesima cronica emergenza.
Ennesima  violenza di genere.
Ennesimo “l’ho uccisa perché” come se un perché potesse dare il senso all’insensato desiderio di possesso dell’uomo, che pensa la donna come cosa. Cosa sua, cosa da rompere o zittire. Cosa da usare e allora gli stupri  diventano pornografica  strumentalizzazione politica o  post voyeuristici, in cui la vittima è puttana o martire e a deciderlo è sempre il maschio o comunque la visione maschilista della realtà.
L’emergenza strutturale della violenza sulle donne  è inchiodata su una fissità di diniego, che passa dalla volgarità di parola. I maschi adulti si divertono a ingiuriare le donne, a sminuirle, a dipingerle come più gli aggrada; sovrapponendo la virilità all’arroganza delirante  dell’onnipotente offeso perché messo in discussione.
L’Italia è un paese bigotto che ammicca a tutto questo, che mette insieme yuporn e messa domenicale, macchiette e family day e allora è da stigmatizzare come  pazzo o drogato chi ammazza perché mentre rassicura il normale, che normalmente viola, umiliando col consenso di un Paese che non vede, non sente e non capisce. Non capisce la necessità di educare all’affettività e preferisce ridere dei maschietti che vestono di rosa o delle femminucce che giocano con le macchinine.

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