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La Repubblica italiana è stata “democraticamente” eletta

Poche sono le date che possono veramente definirsi “simbolo” di uno Stato. Oggi siamo troppo presi da ricorrenze minori che festeggiamo in pompa magna, scordando quelle veramente “cardini” che, aldilà di qualunque retroscena o rivalutazione storica, vanno ricordate per, quantomeno, tenere vivo il dibattito storico e culturale di una determinata Nazione. Ad esempio il 17 Marzo, giorno dell’Unità d’Italia (che nel 2011 abbiamo festeggiato “urbi et orbi” per i suoi 150 anni e che tutti si sono ricordati, soprattutto gli studenti, perché le scuole erano chiuse e molti non hanno lavorato). Oggi se alla gente chiediamo cosa sia successo il 17 Marzo 1861 la risposta più probabile è: “Boh”. Perché, non certo “boh” ma qualche gaffe è sempre servita, se chiediamo come mai il 2 giugno sia segnato rosso sul calendario, molti, test effettuato, risponderanno che è la “festa della liberazione”. Va bene, per non bollare questa gente come ignorante, cerchiamo di “arrampicarci sugli specchi” e dire che alla fine è “festa di liberazione” in quanto il popolo si è liberato dell’istituzione monarchica in favore della Repubblica. Il 2 giugno 1946 è infatti la data in cui si è tenuto il referendum che ha chiamato gli italiani a scegliere tra Monarchia e Repubblica, con “vittoria” (d’obbligo il virgolettato visti i retroscena, veri o falsi che siano, che nella storia sono usciti) di quest’ultima. Cerchiamo di inquadrare storicamente il contesto in cui si trovava l’Italia. La Seconda Guerra Mondiale era finita da un anno e passa, e ovviamente l’Italia, risultando sconfitta, pagava il danno di essersi trovata dal lato dei vinti a livello internazionale. Ma c’è ben di più. Non dobbiamo dimenticare il fatto che dal luglio 1943 fino alla fine della guerra, molte azioni belliche si sono consumate proprio in Italia, con l’ovvia distruzione che tutto ciò ha comportato (si pensi, a titolo d’esempio, che, senza andare lontano, nel territorio ennese Regalbuto ha subito un bombardamento anglo-americano “per errore” e a Troina si è combattuta una delle più feroci battaglie dell’operazione Husky). Aumentiamo “i danni” che ha portato questa guerra (se già questi non fossero abbastanza) con il fatto che l’Italia dall’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio con gli anglo americani, ma già i primi strascichi si intravedevano il 25 luglio del ’43 con la caduta di Mussolini, si era letteralmente divisa in due “tronconi” che diedero vita a una vera e propria guerra civile nel Nord Italia con l’instaurarsi della Repubblica di Salò. È quindi un paese totalmente devastato, povero e da ricostruire mattone per mattone. Il risentimento per il passato è abbastanza forte soprattutto nei confronti della Monarchia, da molti percepita come complice del Fascismo e quindi della scesa in campo dell’Italia nella Guerra (perché, seppur è vero che il Fascismo abbia fatto, nel ventennio, cose buone, è indubbio che la partecipazione e soprattutto la conduzione della Guerra è stato un errore tattico e politico non indifferente). Vittorio Emanuele III nel 1946, re sin dal 1900 e quindi, secondo molti, accusato di aver dato mano libera a Mussolini (nel 1922, con la Marcia su Roma si rifiutò di firmare lo stato d’assedio e nominò Mussolini Primo Ministro) e averne avallato tutte le mosse, per evitare di far capitolare definitivamente la Corona sabauda, abdicò in favore di Umberto II, la nuova leva, già luogotenente durante la Seconda Guerra Mondiale e quindi teoricamente “pulito” dal passato. Ovviamente la mossa era tanto disperata quanto inutile in quanto Umberto II governò da re solo per un mese (da qui l’appellativo “Re di Maggio”) e giusto giusto in quel mese di campagna elettorale. E si arrivò al 2 giugno con l’importante novità del diritto di voto a suffragio universale, in modo che anche le donne poterono votare. L’Italia si spezzò nuovamente in due, con 11 milioni di voti in favore della Monarchia e 13 milioni a favore della Repubblica. Ma la metà non fu solo numerica in quanto anche geograficamente l’elettorato si era spezzato con a Sud un maggior attaccamento alla Corona e al Nord un netto avanzare della Repubblica. Umberto II avrebbe anche potuto invalidare il referendum ma ben sapeva che così facendo avrebbe realmente riscatenato una guerra civile. Prese allora la decisione più saggia che gli spettava: fuggire. E lo fece in Portogallo dove vi rimase fino alla morte (1983) senza poter più rivedere l’Italia (anche a causa di quella norma costituzionale, ormai, finalmente, superata, del fatto che i membri di Casa Savoia non potevano mettere piede in Italia). Nel corso degli anni, per non dire già nelle ore seguenti la celebrazione di questo referendum, tante sono le ombre e i sospetti che porterebbero a dire che il risultato reale sia stato ben diverso, con schede elettorali recanti simboli di Monarchia e Repubblica non molto distinguibili e quindi facilmente ingannevoli per gli analfabeti (non scordiamo che l’analfabetismo era dilagante soprattutto nel Meridione) e con tanti altri aspetti che hanno arricchito pagine e pagine di saggi storici sulla questione. Sta di fatto che, aldilà di qualunque illazione o speculazione, la Storia ha fatto il suo corso e ha deciso che l’Italia fosse Repubblicana, una Repubblica che, seppur nata dopo un anno da una violenta guerra civile, è stata “democraticamente” eletta (il virgolettato è sempre d’obbligo). È la nostra Storia. Una Storia che non possiamo ignorare perché ci appartiene sin nel profondo del nostro io. Una Storia con cui è giusto fare i conti, magari prenderla a pugni, revisionarla, girarla a 360° per meglio comprendere quanto è successo. Perché solo comprendendo pienamente il passato possiamo oggi leggere intelligentemente il presente e come ci siamo ridotti a questa fantomatica “Terza Repubblica”.

Alain Calò

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