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Mussolini dichiara guerra: 10 giugno 1940

L’Italia può vantare il fatto di avere un’ora delle “decisioni irrevocabili”. E quell’ora cade il 10 giugno. Anzi, cadde il 10 giugno del 1940 a Roma, e precisamente dal balcone di Piazza Venezia quando uno statuario Mussolini, affacciatosi dinnanzi ad una calca di gente euforica ed entusiasta, fece quel celebre discorso che almeno una volta nella vita avremo visto con cui dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna. Era la discesa in campo dell’Italia a fianco della Germania Nazista. Anche da noi era scoccata l’ora della Seconda Guerra Mondiale. Un’ora alquanto prevedibile che scoccasse. Perché, se consideriamo tutto ciò che è accaduto prima, è quasi naturale l’epilogo che il 10 giugno porta con sé. E tutto parte dal 1936, quando l’Italia Fascista, attaccata e vinta l’Abissinia di Selassiè, si ritrova bacchettata dalla Società delle Nazioni con sanzioni, passate dalla propaganda come “inique”. E chi prende le difese dell’Italia? La Germania di Hitler che, peraltro, aveva già da tempo deciso di uscire da quella Società. Da lì nacque quell’amicizia alleanza che negli anni si consolidò e che portò all’intervento comune nella questione spagnola a fianco di Francisco Franco, all’annessione dell’Austria nel 1938 (sventata nel 1934 dallo stesso Mussolini quando i rapporti con Hitler erano pressoché inesistenti), il patto di Monaco e quindi l’instaurazione del “patto d’acciaio” dando vita a quell’Asse Roma-Berlino (esteso poi al Giappone di Hiroito) che fu una delle due parti del secondo conflitto mondiale. Conflitto che si scatenò il 3 Settembre del 1939 con la dichiarazione di guerra alla Germania di Francia e Gran Bretagna dopo che l’1 Settembre Hitler invase la Polonia. Ma lì qualcosa di quell’alleanza “scricchiolò”. Mussolini, infatti, ben sapendo della situazione militare Italiana, decise di astenersi da quella guerra e dichiarò l’Italia “Stato non belligerante”, cosa ben diversa dalla neutralità. A Hitler la cosa sicuramente non andò a genio, come durante tutta la guerra non andrà mai a genio l’Italia, dovendo pentirsi più volte di averla avuta al suo fianco. Ma ancora la stagione dei pentimenti era ben lontana in quanto la guerra, soprattutto in questa prima fase (1939-1940) sorrise e non poco alla fortuna dei tedeschi, forse anche del fatto che sia la Francia che la Gran Bretagna non si interessarono, almeno in questo momento, alla cosa più di tanto, vedendo quella dichiarazione di guerra più un atto formale che altro. Cosa ben diversa per i tedeschi che avevano pianificato tutto. Nell’agosto ’39, ancor prima dell’invasione della Polonia, si erano assicurati la neutralità russa con il patto “Molotov – Ribbentropp” scongiurando così una guerra su due fronti e avendo, dopo l’annessione della Polonia, un fronte in comune con la Russia per poterla attaccare di sorpresa (cosa che avverrà con l’operazione “Barbarossa”). Nel 1940 la Germania invase la Danimarca e soprattutto la Norvegia assicurandosi giacimenti di materie prime utili alla guerra. E nel maggio ’40 la grande offensiva in Francia, attaccando e distruggendo la linea Maginot dalle Ardenne e spianandosi la strada per Parigi. Ora, capirete bene che a Mussolini, vedendo i successi militari dell’amico Hitler, sia stata ghiotta l’occasione di entrare all’ultimo minuto, “far pesare qualche morto al tavolo della resa”, e prendersi qualcosa. Nel giugno 1940 tutto si poteva pensare fuorchè come sarebbe finita nel 1945. E sfido io a trovare qualcuno che, dinnanzi ad una vittoria praticamente scontata, non si getti a capofitto sul “cucuzzaro”. Da qui il 10 giugno, 4 giorni prima della presa di Parigi e quindi della capitolazione della Francia. La Storia farà passare questa mossa italiana come una “pugnalata alle spalle”. E, quasi come un’invisibile regolatrice di conti, farà pagare cara all’Italia questa mossa. In quel discorso, però, una cosa è stata mantenuta: le decisioni furono irrevocabili fino alla fine. Più o meno.

Alain Calò

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