L’intelligenza artificiale in genere evoca l’immagine di una complessa rete di computer, disposti in interminabili stanze, che elaborano immense quantità di dati per le funzioni più disparate: il riconoscimento di immagini, la traduzione di testi, le strategie per sconfiggere un campione di scacchi, od ottimizzare portafogli azionari.
Tuttavia, la superiorità dell’uomo rispetto alla macchina è ancora evidente se si analizza il consumo di energia necessaria per addestrare un computer, per esempio, a riconoscere un gatto da un cane e lo si rapporta ai pochi cucchiaini di zucchero che bastano al nostro cervello per fare operazioni molto più complesse, come comprendere un testo o guidare un’automobile. Il divario tra uomo e macchina è impietoso: si stima che “insegnare” a una rete neurale a compiere attività complesse inquini quanto 20 volte un essere umano in un anno.
Nell’ultimo decennio, gli studi di settore si sono focalizzati su un nuovo modello d’intelligenza artificiale definito “neuromorfico”, perché simile nel funzionamento al cervello umano e come tale con un consumo di energia potenzialmente molto ridotto per l’apprendimento.
È in questo ambito di studi che Giulia Marcucci, Davide Pierangeli e Claudio Conti del Dipartimento di fisica della Sapienza e dell’Istituto dei sistemi complessi del Cnr, hanno proposto un modello completamente innovativo per realizzare un sistema d’intelligenza artificiale che, sfruttando la propagazione di onde luminose, è in grado di fare computazione in maniera “economica”.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, si basa sul fatto che nel nostro cervello si propagano onde di natura chimica ed elettrica, comunemente denominate onde cerebrali, che ci permettono di svolgere le operazioni complesse alla base dei nostri comportamenti. Come un bambino appena nato sa muovere le gambe, usare gli occhi per esplorare l’ambiente, chiudere o aprire la bocca per reagire agli stimoli, o addirittura nuotare, senza che il suo cervello sia mai stato istruito a farlo, il sistema fisico studiato dal team è in grado di svolgere operazioni complesse senza addestramento.
“Nel nostro lavoro – spiega Claudio Conti – abbiamo mostrato come, sfruttando la propagazione delle onde luminose di un fascio laser, e la loro interazione in un cristallo, si possano risolvere diverse tipologie di problemi computazionali in maniera potenzialmente molto efficiente da un punto di vista energetico. Le applicazioni includono la classificazione di big data, l’analisi delle immagini e nuovi calcolatori neuromorfici”.
L’intelligenza artificiale tradizionale prevede la realizzazione di sistemi elettronici da addestrare sotto ogni aspetto con un dispendio di energia molto alto. Questo studio ha dimostrato come le onde possiedano una capacità computazionale dal bassissimo consumo energetico, il cui vantaggio è evidente soprattutto in relazione all’inquinamento e all’impatto ambientale. Il passo successivo sarà quello di effettuare verifiche sperimentali sul sistema al fine di sostituire le complesse e costose reti di computer con piccoli dispostivi ottici che sfruttino l’intelligenza delle onde.