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Trapani: la tragedia di una famiglia normale

A Trapani un’adolescente partorisce nel bagno di casa e getta il bambino nel cortile del condominio. Questo il fatto. Opinioni e giudizi dovrebbero riguardare la società tutta, che ancora non riesce a educare i giovani alla sessualità e tacere sulla famiglia e sulla ragazza. E invece succede che Repubblica, il 7 novembre 2020, racconta il fatto con queste parole: “Si è trovata tra le braccia quel bambino appena partorito in bagno. E ha preso, probabilmente già sfiancata da mesi di bugie e turbamenti, la decisione più assurda per una mamma: disfarsi del suo bambino lanciandolo dalla finestra… è figlia di un appartenente alle forze dell’ordine, la mamma è un’impiegata. “Persone tranquille, perbene”, dice una vicina in lacrime mentre lascia il palazzo facendosi largo tra una folla di curiosi. Una tragedia in una famiglia normale”.
La ragazza che è madre e non più adolescente o donna, ma madre come ogni donna ricondotta alla sua funzione e non al suo semplice stato, è figlia di una buona famiglia in quanto entrambi i genitori sono impiegati e il padre è addirittura un appartenente alle forze dell’ordine. Fossero stati una casalinga e un disoccupato o una badante straniera e precario nero sarebbe stato più semplice catalogare il fatto nell’ambito del disagio sociale e della mancata integrazione. “Non sapevo di essere incinta, ero sconvolta”. “Sono stata io a lanciarlo dalla finestra”. Ha detto la diciassettenne. “Non sapevo di essere incinta, ero sconvolta da quel parto inaspettato”.
La giovane, ora, è piantonata in ospedale e per lei e la sua famiglia comincerà un doloroso percorso giudiziario ma anche psicologico. Quanta colpa hanno i ragazzi, che di sesso sanno poco e niente? Il Censis nel 2017 realizzò un’indagine dal titolo: “Conoscenza e prevenzione del Papillomavirus e delle patologie sessualmente trasmesse tra i giovani in Italia” che ha dimostrato come i nati fra il 1980 e il 2000 avessero poca consapevolezza della sfera sessuale e delle malattie ad essa connesse. La maggior parte delle informazioni che i ragazzi hanno, ancora oggi, derivano dagli amici, seguiti dai media e dai social network, per cui si può immaginare quanta disinformazione possa passare. Cosa fare allora? “Disciplinare” costantemente i nostri giovani, indicare loro tutti i contro di rapporti non protetti, metterli al corrente dei pericoli e delle conseguenze. Parlare, far conoscere e comunicare senza remore o pudori e a farlo deve essere la scuola, con le dovute e necessarie competenze, anche a costo di sacrificare l’ora di catechesi.
Chi scrive prova una infinita pena per quella giovane e la sua famiglia. Quante domande mai poste e quanti silenzi hanno portato a questa tragedia? Quanto amore materno deve cercarsi dentro quella madre per superare il pensiero di sua figlia mentre getta dalla finestra una creatura appena sgravata? E cosa sente un padre, che scopre nella sua bambina una donna fatta, ma incapace di chiedergli aiuto per quello che le sta succedendo? Avrebbe potuto abortire o lasciare il bambino in ospedale, ma avrebbe anche dovuto saperle queste cose e se a dirle queste cose non c’è nessuno, cosa può fare una ragazza poco più che bambina?

Gabriella Grasso

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