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Le leggi non bastano, ci vuole una cultura di parità di generi per eliminare la violenza contro le donne

L’Italia è uno dei paesi del mondo che può vantarsi di aver adottato, negli ultimi anni, più iniziative legislative di contrasto alla violenza contro le donne. Queste leggi però non trovano un’efficace applicazione e non diminuiscono i femminicidi e i casi di violenza fisica e psichica contro le donne. Molta di questa violenza si consuma in famiglia. La convivenza forzata in famiglia imposta dalle misure di contenimento della pandemia da covid 19, ha fatto aumentare i casi di violenza contro le donne. Vale la pena ricordare le principali misure contro la violenza sulle donne adottate in Italia, a partire dalla seconda metà del ‘900. Fino al 1963 al marito era riconosciuto lo ius corrigendi sulla moglie. Dal 1975, con il nuovo il diritto di famiglia, non c’è più la potestà genitoriale e la patria potestà, ma la parità tra marito e moglie nella gestione della famiglia. Nel 1981 è abolito il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. E qui mi piace ricordare il gesto coraggioso e ammirevole della siciliana Franca Viola, che nel 1968 si rifiutò di sposare l’uomo che l’aveva rapita e violentata e lo denunciò. Fino al 1966 la violenza sessuale era considerata un crimine contro la morale, come se la donna non esistesse come persona. Per ultima, ma non la minore, c’è la recentissima legge n. 69 del 2019, nota anche con il nome di “codice rosso”. Nonostante queste leggi, come dicevo all’inizio, non diminuisce la violenza contro le donne, che è un’odiosa negazione della soggettività femminile. E’ una questione complessa, che non ha soluzioni semplici. Le leggi alle quali ho fatto cenno sono condizionate da un approccio emergenziale e securitario e intervengono esclusivamente sul versante della criminalizzazione della condotta violenta. E’, questo, va bene, ma non basta perché la violenza sulle donne affonda le sue radici nella disuguaglianza di genere. Ci sono delle forti resistenze ad affrontare la questione della violenza contro le donne anche da questo versante. La persistenza di stereotipi e pregiudizi sessisti contro le donne, oltre a non facilitare un’efficace attuazione di quelle leggi, rendono difficile contrastare la violenza contro le donne sul versante culturale. Ci vuole un’educazione, in famiglia e nella scuola e in tanti altri ambiti della vita sociale, che consenta di superare la scontata concezione dei ruoli uomo-donna, squilibrata a sfavore delle donne, e di giungere ad una divisione dei compiti di cura più equilibrata e meno vincolante per le donne. La disparità nei rapporti di genere a sfavore delle donne è rafforzata dalla persistente cultura patriarcale, che la ritiene accettabile. Aveva ragione quel vecchietto di Barmen, di cui ricorre il duecentesimo anniversario della nascita, amico e compagno di lotta di quell’altro vecchietto di Treviri, nel dire che “la prima oppressione di classe comparsa nella storia coincide con quella del sesso femminile da parte di quello maschile” (Friederich Engels, L’ origine della famiglia, della proprietà e dello Stato).

Silvano Privitera

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