Alcuni sindaci dell’ennese hanno inibito l’accesso ai cimiteri per le feste. L’ultimo D.L. del Conte Giuseppe dava mandato ai primi cittadini di agire per limitare il già limitato Paese. E di fatti il Natale 2020 è stato spettrale. Salvo assembramenti clandestini prontamente denunciati dai vigili vicini di casa, sempre distratti nel caso di violenze domestiche ma acutissimi nel cogliere il calpestio di tacchi o il bisbiglio di voci estranee. Questo con l’altro usa dire da noi: disorganizzazione e incoerenza verranno spazzati via dall’efficienza della macchina vaccinale e della pandemia resterà solo un triste ricordo aggravato dall’impossibilità di omaggiare i propri affetti estinti il giorno della festa. Non vi è civiltà che non abbia elaborato rituali e codificato pratiche intorno al mistero della morte, quali che fossero la prospettiva religiosa e l’aspettativa di un rinnovo dell’esperienza terrena in questo mondo o in un altro, in forme simili o diverse. Non vi è festa senza visita al cimitero per chi al cimitero ha un pezzo di cuore. Chiudere i cimiteri il giorno di Natale è stato un eccesso di inutile zelo, la promiscuità e l’affollamento fra le tombe è da scartare. Il cimitero permette di rimanere in contatto coi defunti e ricordarli avendo allo stesso tempo il sostegno degli altri. Andare al cimitero significa dare fisicità a un dolore che spesso non ha forma e fa sentire meno soli. Andare al cimitero nei giorni di festa significa definire il ricordo in una cornice contenitiva. Chiuderli pertanto è stato crudele e insensato.
Gabriella Grasso
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