Pietraperzia. Più conosciuta per l’area archeologica e per il castello normanno, vanta anche un ricco patrimonio artistico.
Nella zona alta della città si trova la Chiesa Madre, fatta edificare nel ’500 da Matteo Barresi, e nel cui interno sono custoditi alcuni sepolcri della famiglia Barresi ed un interessante dipinto di Filippo Paladino.
Degna di attenzione è anche la chiesa del Rosario, a pianta centrica, costruita tra il XVI ed il XVII sec, di fronte alla quale sorge il Palazzo Tortorici in stile gotico (XX sec.). È meta di pellegrini il Santuario della Madonna della Cava.
Sulla base delle indicazioni di storici e geografi pare che Pietraperzia abbia avuto origine da una antichissima colonia greca in Sicilia chiamata Caulonia. Pietraperzia deve alla dominazione saracena sia il nome che la sua prosperità.
A partire dal 1091 la Sicilia era stata sottomessa definitivamente dai Normanni i quali favorirono la divulgazione della fede cristiana che in breve prese il sopravvento su quella musulmana e si ritornò alle antiche consuetudini, precedenti l’invasione saracena. La tradizione narra che in quel periodo un muto viandante trovò in una contrada chiamata “La Cava”, l’immagine murale della Madonna, ricevendone in dono la favella. Da quel giorno gli abitanti del luogo assunsero la Madonna come patrona principale di Pietraperzia e da allora ogni 14 e 15 Agosto dell’anno hanno luogo festeggiamenti in onore della Madonna che venne chiamata appunto Madonna della Cava. Epoca aurea per Pietraperzia si può considerare il secolo sedicesimo quando i Barresi baroni della città assursero prima alla dignità di marchesi con Matteo III Barresi, il fondatore di Barrafranca (1529), e poi di principi con Pietro Barresi (1564). II castello di Pietraperzia loro abitazione diventò allora ambìto ritrovo di gente amante della cultura e della politica.
La sorella di Pietro, Dorotea Barresi, fu viceregina di Napoli avendo sposato in terze nozze il viceré di Napoli, Giovanni Zunica. Con Pietro e Dorotea si estinse la dinastia dei Barresi, come signori di Pietraperzia, e subentrò quella dei Branciforte. Il primo marito di Dorotea era stato, infatti, Giovanni Branciforte, conte di Mazzarino, da cui era nato Fabrizio.
Con la nuova dinastia cominciò per Pietraperzia un lento decadimento culturale che solo la presenza dei diversi ordini religiosi (Domenicani, frati Minori Francescani, Agostiniani, Carmelitani, Terz’Ordine Francescano), oltre che dei sacerdoti diocesani, riuscì a rintuzzare e a superare.
Grave fu, invece, la crisi sociale che investì la città, culminando nella tragica costituzione di una banda armata da parte di Antonino Di Blasi, inteso Testalonga, il quale creò, in poco più di due anni di banditismo (1765-1767), un’esteso clima di terrore in tutta la Sicilia. Ricatti e sequestri furono le armi più usate per colpire potenti e ricchi commercianti. Preso, dopo una spiata, venne impiccato a Mussomeli.
Il moto rivoluzionario siciliano che investì la Sicilia nel 1848-49 coinvolse anche Pietraperzia. L’attività insurrezionale venne appoggiata dai notabili del paese anche con cospicue offerte in denaro. Nel 1860, durante la liberazione della Sicilia da parte delle truppe garibaldine, il generale Afan De Rivera, comandante di una pattuglia dell’esercito borbonico in ritirata, passando per Pietraperzia, trovando inalberata sulla torre del Castello la bandiera tricolore e ritenendolo un grave affronto ordinò ai suoi soldati di far fuoco sui civili causando la morte di parecchi i cittadini inermi.
Due anni dopo (1862) le forze progressiste pietrine costituirono una sezione della “Società Unitaria” di ispirazione garibaldina che aveva la sua sede centrale a Palermo. Essa aveva come scopo di appoggiare le iniziative garibaldine tese a liberare i territori di Roma e Venezia, che ancora non facevano parte dell’Italia. A tal proposito promossero la venuta di Garibaldi a Pietraperzia; cosa che avvenne nell’Agosto del ’1862 con grande entusiasmo di molti Pietrini.
Ma l’unita d’Italia non costituì la sperata soluzione dei problemi economici e sociali del popolo siciliano. Leggi esose e amministratori poco avveduti prepararono ciecamente la rivolta dei Fasci dei Lavoratori di ispirazione socialista. Un contributo di morti notevole diede Pietraperzia nel periodo in cui avvennero le sollevazioni più gravi. Il 1° Gennaio 1894 il popolo, non sopportando più i dazi cui erano sottoposti i prodotti dei campi, dopo le parole infuocate di un sacerdote nella Chiesa Madre, si diresse con veemenza verso la Piazza Centrale e affrontata dalla polizia che sparò sulla folla pagò a caro prezzo la rivolta con la morte di otto persone.
La repressione statale successiva alienò completamente l’animo dei poveri verso la visione di un’Italia unita e libera. I bisogni spinsero molti ad abbandonare i loro paesi di origine e ad emigrare verso le Americhe, in particolare verso gli Stati Uniti. Nel 1926 Pietraperzia entrò a far parte della nuova provincia di Enna, lasciandosi alle spalle il lungo legame politico e culturale con la provincia di Caltanissetta.
Stone is the main element in the town. A hard white stone materialising in roads, buildings and small houses in the old town centre of Pietraperzia. The same houses and buildings which, only by looking at them, take you back in time, throught history and the vicissitudes of men of arms, noble families and heroes of the homeland. A tour of the town should include the following: the main church which, as well as its imposing colonnade and stucco works on the dome valut, has an altar piece by Filippo Paladino and the sarcophagus of the Barresi princes of Pietraperzia, one of which is done in very elegant Egyptian marble containing the remains of Dorotea Barresi, female viceroy of Naples. Numerous pilgrims are attracted to the Sanctuary of “la Madonna della Cava”, built on the spot where the holy image was discovered in 1223, an icon which today is preserved in the church. Take an excursion across rocky terrain and you will come across endless small archaeological sites testimony to ancient human settlements in the whole area: the kiln tombs in the Rancito district, the remains of a large, rural Hellenistic settlement in the Runzi district, and the remains of an ancient Sican town (probably Krastos) in the Tornabè-Mercato d’Arrigo area.
In 1154 Edrisi, in the book of Ruggero, described the Barresio of Pietraperzia Castle like this: “Strong castle and very firm fortalice, possess very extensive borders”. Built up on a calcareous rock, on a previous Islamic fortification, it was remade and widened by the Normans and had furthers readjustments in the following centuries. It was provided with large cannons and whit opportune rivellini in order to adapt it to the new defence technics. The chapel, with just one ancient nave, was embellished with frescoes and with a painting, representing the Madonna of the Chain. Opposite to the chapel, a portal leads to a wide courtyard, once rich in decorative elements, mostly removed by the Princes Travia Lanza, moved to Palermo. Under the great hall there was the weapons hall, where were kept knights and horses armours, helmets, swords and halberds, that, transferred to the Agrigento Museum, were put to the sack in 1820 by the rebels. The castle remained property of the Barresi family (it was given to it from Federico II in 1200) until 1571, when died the last dynasty’s member. Than it passed to the Barresi sister, Prince Branciforte’s bride. After inhabited by the squires of the place, it has been subsequently let to the commune, that transformed it in jail.