Sapete che cos’è l’archeoastronomia? Un nome alquanto roboante, ma che nasconde dentro di sé la simbiosi tra due nobili discipline, l’archeologia e l’astronomia, di cui oggi più che mai abbiamo bisogno per comprendere appieno il nostro passato. Siamo vittime di giudizi pregiudizievoli, vedendo le antiche civiltà come un mondo arretratissimo, ma diverse teorie, soprattutto nell’ultimo periodo, si stanno facendo avanti per rivedere (o quantomeno per offrire spunti di riflessione) il passato della civiltà umana e anche riconsiderare il concetto di Storia e Preistoria, anticipando la prima sulla seconda. Teorie che si spingono anche, ma questi sono azzardi, a pensare ad una civiltà extraterrestre e a una nostra discendenza da questi pionieri. Ma tutto questo rappresenta un miscuglio di ipotesi e teorie che, seppur prive di una prova definitiva, aiutano ad allenare e mantenere viva la mente, tenendo alto il nostro standard di curiosità sul nostro passato. Nel tempo abbiamo avuto teorie tra le più disparate sui misteri che ci circondano. Collocare, ad esempio, in un contesto storico ben definito (per come lo presumiamo noi) il sito di Stonehenge rappresenta qualcosa di molto ardito. Perché la collocazione di un manufatto così imponente e così preciso nella costruzione e nel suo allineamento cosmico-astronomico in un’età considerata arretrata rappresenta una contraddizione. Similmente le piramidi di Giza che, seppur riconducibili all’Antico Regno e ai Faraoni Cheope, Chefren e Micerino, la perfezione della piramide di Cheope, gli allineamenti e le proporzioni numeriche con cui è costruita la piramide ci lascia sbigottiti, mettendo in dubbio le conoscenze che abbiamo della civiltà egiziana. Ma nel mondo sono migliaia gli esempi da poter fare: Machu Picchu, la pietra di Palenque, le linee di Nazca… In Italia abbiamo anche dei manufatti che rappresentano qualcosa di “perfetto, troppo perfetto” per le civiltà di cui abbiamo notizie storiche: veri e propri orologi astronomici allineati con una precisione che solo con le moderne tecnologie riusciremmo ad ottenere. Un esempio può essere dato dal sito di Santa Cristina in Sardegna. Ma anche in Sicilia, nella nostra vicinissima Cerami, abbiamo una sorta di orologio astronomico.
Sulla rupe che si trova sulla sommità del paese e dove giacciono i ruderi del castello, esistono da sempre resti di ambienti scavati nella roccia. Tra questi ambienti, a destare una certa curiosità sono particolarmente due, uno più in alto, l’altro a quota leggermente inferiore, essendo forniti di due aperture che guardano il cielo. Tutto ciò era per la popolazione locale, e non solo per essa, semplicemente da considerarsi come due semplici aperture delle architetture rupestri del castello. Ma a seguito di un attento esame dell’archeologo di fama internazionale Prof. Ferdinando Maurici, già Professore di Archeologia Cristiana e Medievale all’Università di Bologna, queste due semplici aperture hanno rappresentato qualcosa di più. Maurici ha anche l’ “occhio allenato” su queste cose conducendo da anni ricerche sui monumenti archeoastronomici siciliani insieme al vicepresidente nazionale dei Gruppi Archeologici d’Italia Alberto Scuderi e con la “alta sorveglianza” a distanza dell’unico cattedratico in Italia di Archeoastronomia, il Prof. del Politecnico di Milano Giulio Magli e dell’astrofisico dell’Osservatorio di Brera Elio Antonello, Presidente della Società Italiana di Archeoastronomia.
Maurici, Scuderi e un altro grande astrofisico da poco scomparso, il prof. Vito Francesco Polcaro, hanno pubblicato a giugno con l’Editore Kalòs un libro dal titolo “Civiltà del sole in Sicilia” che espone i risultati delle loro ricerche e che è stato presentano anche a Cerami il 21 Settembre scorso. Ma, ora vi chiederete, cosa c’entra tutto ciò con quelle due aperture? Misurando, così ha fatto il prof. Maurici, con la bussola l’azimut, e cioè l’angolo con il Nord, dell’asse dei due fori nella roccia del castello di origine Normanna di Cerami, si è scoperto che uno è orientato a 90°-270°, l’azimut delle albe e dei tramonti equinoziali, l’altro a 120°-300°, l’azimut dell’alba al solstizio d’inverno e del tramonto al solstizio d’estate. Pochi o nessun dubbio sull’intenzionalità degli orientamenti. Cosa che, una volta ipotizzato che quelle due aperture fossero qualcosa di più interessante e quindi un orologio astronomico perfettamente allineato, andava esposta al cimento e quindi alla prova pratica. Settembre, sappiamo che è il mese in cui inizia l’autunno, quindi siamo in equinozio e qual miglior coincidenza per provare il tutto? Il 21 settembre, giorno dell’equinozio, alba nuvolosa e sole invisibile. Il 22 il cielo illude ma si copre a pochi minuti dall’alba. Ma il 23 è stato possibile fotografare il disco solare appena sorto all’interno dell’apertura più in basso. Cosa ci dice tutto ciò? Ci dice che le due aperture nella roccia al castello di Cerami sono in realtà due indicatori, uno equinoziale e l’altro solstiziale. Quindi i prossimi appuntamenti con il sole (da non perdere!) sono per il 21 dicembre e per il 21 marzo ed il 21 giugno del 2020.
Si parla, inoltre, del primo campo di Menhir in Sicilia, orientati anch’essi astronomicamente, e di una prossima verifica anche da parte degli archeologi della soprintendenza di Enna.
Siamo quindi dinnanzi, proprio dietro casa nostra, ad una piccola Stonehenge!
Alain Calò
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