Nel 1973 Time definì uomo dell’anno il gesuita padre Pedro Arrupe “per la sua influenza nel dibattito politico”. Era il 1973, oggi padre Antonio Spadaro è il consigliere di Papa Francesco, entrambi gesuiti. Salvatore d’Italia e dell’intero occidente è invece Draghi, discepolo di Ignazio anche lui. Di Marta Cartabia, candidata alla nomina della presidenza del Consiglio e vice presidente della Corte Costituzionale aveva detto e bene scritto Francesco Occhetta, editorialista della Civiltà Cattolica, di cui Spadaro è direttore. Un gesuita purchè sia… insomma e infatti del nuovo eroe padre Occhetta ha così oracolato: “una speranza certificata dalle sue competenze e dalla sua storia di vita” ma “anche le rocce dei giganti si possono sgretolare se i partiti non ritroveranno un’unità nazionale e faranno un passo indietro”. Padre Occhetta spera nella fine dei partiti?
Nel 1950 Simon Weil produsse un saggio intitolato Note sur la suppression générale des parties politiques che analizzava l’asservimento delle coscienze, all’interno dei partiti, in nome di parole d’ordine più o meno altisonanti. Oggi il discredito dei partiti è crescente e difatti occorre un Superman lontano dai partiti e sopra ogni sospetto di partitismo per sconfiggere “un male allo stato puro, o quasi”. Per una politica degna di questo nome, occorrono attenzione alla giustizia, cura del bene pubblico, capacità di leggere i segni dei tempi e di ispirare un popolo. Una qualità così elevata e complessa di attenzione è impossibile se la preoccupazione principale di un politico è invece quella di essere in sintonia con la linea del proprio partito, ma per una politica identificata con il potere e giocata tutta nella lotta per la sua spartizione, i partiti sono una necessità e infatti senza i partiti Draghi nulla può, nonostante i suoi super poteri perciò un gesuita ci salverà ma solo se l’interesse e il particulare l’appoggeranno.
Un Salvatore a metà.
Gabriella Grasso