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Regalbuto ieri, oggi, le piazze e i quartieri particolari

Rahi Butah – stazione del Casale, luogo di passaggio, prima stazione sulla strada Catania – Palermo. Regalbuto, era abitato dai Saraceni. Era nato in epoca musulmana e fu a lungo abitato dai Musulmani, i Saraceni, appunto. Arrivarono i Cristiani, quando si verificò il progressivo allontanamento dei Musulmani dalla Sicilia; venivano da ogni parte, soprattutto da Centuripe dopo la distruzione di quella città da parte degli Angioini. Ci fu un lungo periodo in cui nel paese convissero le due popolazioni: i Saraceni, che abitavano la parte occidentale del paese, da San Giovanni fino all’attuale quartiere di San Domenico. I Cristiani, che si stanziarono nella parte che coincideva e coincide ancora con il centro del paese. Le due comunità sebbene separate in due quartieri diversi, convissero sicuramente in pace, se nessuna notazione degli storici testimonia tensioni o conflitti; nei due quartieri, quello musulmano e quello cristiano, restano strutture architettoniche comuni, che rimarcano come i due gruppi si siano influenzati a vicenda. Comuni ai due quartieri sono, ad esempio, gli archi e le volte, lo sviluppo molto irregolare dei vicoli, le case, i cui accessi si sviluppano con pochi gradini, i caratteristici “astrichieddi”, l’esistenza di cortili interni. Le abitazioni si sviluppano generalmente su due piani, uno dei quali, parzialmente interrato, fa da cantina-ripostiglio per masserizie di ogni genere. Il secondo piano è collegato da una scala esterna, che inizia con un cortiletto e termina alla sommità, con un ballatoio o pianerottolo su cui si aprono le varie stanze della casa: tali ballatoio-terrazzini vengono chiamati “astrichieddi”, numerosi ancora in paese, alcuni anche restaurati e ben tenuti e frequenti nei due quartieri, il musulmano o saraceno e il cristiano. L’arrivo dei Cristiani coincide con la costruzione di chiese, tante chiese nel raggio di poche decine di metri; di alcune restano ruderi o solo il ricordo tramandato dai più vecchi del paese, altre sono ancora ben funzionanti: in tutto più di venti. Numerosi gli ordini religiosi: sono presenti nel Comune fin dall’inizio del XV secolo e subito si moltiplicano. Iniziano gli Agostiniani, presenti in città con numerose case: un monastero femminile, due conventi maschili, una Casa situata di fronte al Palazzo del Comune, che serviva da alloggio ai padri che dovevano pernottare in paese. Il più importante convento è quello di S. Antonio Abate extra moenia, famoso per la bellezza del luogo su cui sorgeva e sorge e per la ricca biblioteca di cui era fornito. I Carmelitani, probabilmente una piccola comunità, si stabiliscono nella estremità suprema di Regalbuto, sotto il monte San Calogero: la loro chiesa, a pianta ottagonale, versa attualmente in precarie condizioni ed è chiusa al culto.
I Domenicani si stabilirono nel 1547 nella parte estrema del vecchio quartiere saraceno. I Cappuccini vennero nel 1585 e si stabilirono nella chiesa di San Vito, là dove la tradizione vuole che il santo di Mazara abbia compiuto il suo primo miracolo. La famiglia dei Cappuccini era, a quanto pare, molto stimata per la povertà e purezza di vita. I Gesuiti arrivarono a Regalbuto verso la fine del seicento e riuscirono ad avere una potenza economica tale che riuscirono a costruire case religiose, come il Collegio di Maria e il convento di contrada Satalù, proprio di fronte all’altro convento agostiniano di S.Antonio Abate. Ai Gesuiti si deve inoltre la fondazione del Real Liceo, che divenne ben presto strumento di elevazione sociale e culturale del paese. I monumenti religiosi più in vista rimangono ancora oggi la Chiesa Madre, dedicata a San Basilio, in piazza della Repubblica, e l’annessa Chiesa del Purgatorio, la Chiesa di Santa Maria della Croce, la Chiesa di Sant’Agostino in San Giovanni, la Chiesa annessa al Collegio di Maria, la Chiesa Maria SS. della Grazia, la Chiesa dei Cappuccini, la Chiesa di S. Sebastiano, la Chiesa di San Domenico.

Il centro abitato regalbutese è costituito da un nucleo centrale (il centro storico ) e da numerose diramazioni, che si allungano in varie direzioni seguendo le dorsali collinari, e che danno origine alle numerose zone del paese: quartiere “Tribona”, quartiere San Calogero-Croce, quartiere Carmine – Via Catania, vecchio S.Ignazio, quartiere S.Lucia – Via Palermo – Calvario, quartiere Strada Longa – Orto Signore – Saraceno, quartiere Villaggio – Spito – Nuovo S.Ignazio, quartiere Quattro Venti – scuola media. Dal punto di vista urbanistico, il paese tende a spostarsi verso nord ovest, in quella zona che si affaccia verso il Lago Pozzillo, individuata come zona edificabile dopo gli eventi franosi del 1973, che interessarono il vecchio quartiere S.Ignazio. Quest’ultimo, il vecchio S.Ignazio, è un quartiere fantasma, evacuato per frana nel Capodanno del 1973 : le sue macerie testimoniano storia, tradizioni, arte, costume, leggende popolari; dovrebbe partire un programma di bonifica della zona e di recupero di alcune abitazioni. La storia del paese è scritta nelle viuzze strette e contorte, negli antichi cortili, negli archi, negli “astrichieddi” del quartiere Saraceno e delle zone sommitali del paese, nell’antico quartiere cristiano “Supra i fò” (sopra le fosse) parte più alta, da cui è possibile ammirare il lago Pozzillo e le montagne della Gazzana, i vecchi conventi di S.Antonio e di Setalù, l’Etna con tutta la sua maestosità, l’aperta campagna che spazia verso sud, e, lontano i centri abitati etnei, Centuripe, la provinciale per Catenanuova, Agira. Il quartiere Tribona è situato a sud ovest, ai piedi del monte S.Lucia, e degrada verso la sottostante balconata a strapiombo della “ciuciulia” per il “balatatu” (strada pavimentata con grosse balate). Nel passato, le attività predominanti dei suoi abitanti erano: l’agricoltura, la pastorizia, la produzione di materiale in terracotta per l’edilizia: oggi queste attività sono scomparse, in parte (agricoltura e pastorizia ) o del tutto (produzione di materiale in terracotta) ma, a testimoniare l’antica laboriosità di quella comunità rimangono le vecchie stalle, trasformate in garage, e i resti delle antiche fornaci (carcàre) e gli antichi oggetti in terracotta che i vecchi conservano gelosamente (bummuli, quartare, tegole, brocche, piatti per il pane, giare, fucuni), scifitieddi (recipienti per il pasto di galline e maiali), ecc..: tesori nascosti che attendono di essere portati alla luce. Alla sommità del quartiere c’è poi la Chiesa di S.Lucia, un vero e proprio santuario, dove la gente si reca ogni anno, il 13
Dicembre, per venerare la Santa.

Le Piazze.
Anticamente, di fronte al Palazzo Municipale ed alla Chiesa Madre, veniva utilizzato uno spazio piuttosto vasto dagli artigiani, dai commercianti, dai coltivatori, dai contadini, come un ritrovo per discussioni di lavoro e di affari. Oggi, in questo ampio spazio c’è Piazza della Repubblica, diversamente addobbata in varie epoche e che ancora oggi conserva il fascino del centro storico, mettendo in bella mostra l’architettura del passato e quella del presente, contornata da viuzze, sopravvissute nei secoli. Vi è il “Corso” Gian Filippo Ingrassia che la congiunge alla Piazza Vittorio Veneto, con al centro il Monumento dei Caduti, ove fanno da cornice la Chiesa di S. Maria, quella di S. Agostino ed il palazzo dell’ex Fascio. In gergo siciliano, Piazza della Repubblica viene comunemente chiamata “a chiazza”, mentre Piazza Vittorio Veneto “u chianu”, ormai sinonimo di luoghi che stimolano la vita comunitaria ed il contatto umano.

Quartiere ‘Sopra le Fosse’
. Una delle zone più antiche e caratteristiche del paese è il quartiere cristiano “Sopra le Fosse” situato nella zona più alta del paese da cui è possibile godere un meraviglioso panorama: il Lago Pozzillo e il centro storico a sinistra e la maestosa mole dell’Etna a destra. Il quartiere ormai quasi disabitato ha la stessa struttura del quartiere Saraceno dove si intersecano stradine e vicoli ciechi. Cortiletti e scalinate conferiscono al rione un aspetto singolare. Testimonianza del passato rimangono le stalle dove si conservano ancora gli attrezzi dell’agricoltura, attività tipica della popolazione del luogo.
Quartiere Saraceno. Il quartiere “Saracinu” è situato nella parte nord-ovest del paese ed è uno dei quartieri più vasti di Regalbuto. Si chiama così perchè fu il primo insediamento arabo di Regalbuto dopo la distruzione di RahaI Butahi. Esso è riuscito a conservare l’impianto urbanistico che gli diedero i saraceni nonostante le distruzioni subite durante la prima guerra mondiale. E’ rimasto appunto un paesaggio urbano molto ricco di stradine, vicoli ciechi, improvvise curve a gomito, cortiletti e scalinate, tutto un tessuto urbano che riporta ad un modo di vivere molto diverso dall’attuale ma che appartiene ancora al nostro retaggio. In questo quartiere c’era un grande pozzo da cui gli abitanti attingevano l’acqua con brocche, prima dell’arrivo dell’acqua potabile, chiamato “u puzzu do Saracinu”. Nelle abitazioni è possibile trovare dei “forni a pietra” dove le famiglie del quartiere infornavano il pane e i dolci tradizionali.

Il vecchio quartiere S.Ignazio.
Geograficamente il quartiere è delimitato a nord e a nord-est dalla campagna, le contrade Santa Venera e Frischia; a sud c’è la via Don Giuseppe Campione tagliata dalla via Santa Caterina e attraverso la quale si accede al quartiere. Qui esisteva il Monastero delle Benedettine (la via Badia Vecchia ne tramanda il ricordo). Scendendo verso la via principale, subito a sinistra, si presenta una strada in forte pendenza, piena di curve; a destra si diramano dei vicoli stretti e tortuosi, sbarrati da muri di sostegno; alcuni ballatoi sono sostenuti da travi di legno. Alcuni segnali di divieto di accesso danno l’idea del pericolo di frane e cadute. Procedendo sempre sulla via maestra, in fondo, ci sono i resti della Chiesa di Sant’Ignazio che, all’esterno, sembra in buone condizioni, senza lesioni ne crepe, mentre all’interno è diroccata. Un anziano del luogo racconta che la Chiesa di Sant’Ignazio fu eretta nel quartiere cui diede il nome, sullo stesso luogo dove, si dice, avvenne un evento miracoloso. Una donna sbadatamente appuntò, per non perderlo, un ago su un’immagine di Sant’Ignazio, la quale, con gran sgomento della donna e delle vicine accorse alle sue grida, si mise a sanguinare. Su posto in cui era avvenuto il miracolo, abbattuta la casa, venne costruita una chiesa.
Nel lontano dicembre 1972 la zona franò.
Il signor Gaetano Rundo e il signor Salvatore Carciola; sull’accaduto raccontano: “nel dicembre 1972 piovve continuamente e abbondantemente per più giorni; c’erano ampi scavi che partivano da Piazza della Repubblica e attraversavano tutta la via Don G. Campione; un’impresa edile stava provvedendo ad eseguire lavori di ammodernamento della fognatura. Le fosse si riempirono d’acqua favorendo così l’infiltrazione delle acque nel sottosuolo del quartiere e provocarono i fenomeni franosi che danneggiarono le costruzioni. Di conseguenza tanti abitanti del quartiere furono costretti ad abbandonare la propria dimora e andarono a vivere ospiti in casa di parenti, in locali messi a disposizione dal Comune: Istituto S. Giuseppe, edificio della Pretura, edifici scolastici e altri”. Dopo circa dieci anni fu ultimato il “Nuovo Quartiere Sant’Ignazio” e furono assegnati i nuovi alloggi agli sfollati del 1972. Ma, ironia della sorte, anche la stabilità di questo nuovo quartiere è molto discutibile; infatti, anche i nuovi alloggi sono in parte rovinati dal dissesto del suolo.
Si è rilevato che l’attività prevalente degli abitanti del quartiere era principalmente l’agricoltura praticata ancora oggi da quei pochi che sono rimasti: ne sono testimonianza le stalle, gli animali da cortile e da soma e il caratteristico odore che si sente per le vie.
Dalla struttura si evince che il quartiere è molto antico: le strade sono strette, tortuose, con la superfìcie ruvida per favorire il passaggio delle cavalcature; alle case si accedeva per mezzo di scale esteme e “astrichieddi” e sul retro si notano i resti di orticelli e pollai.
TOPONOMASTICA DEL QUARTIERE
Via Sant’Ignazio (da cui prende il nome il quartiere)
Vico Santa Caterina (nome di santa)
Vico V. Milici (soldato morto in guerra)
Via G. Cesare (nome di imperatore romano)
Via V. Catania (soldato morto in guerra)
Largo G. Milici (soldato morto in guerra)
Via R. Passero (soldato morto in guerra)
Via Badia vecchia (dal Monastero delle Benedettine)

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