Il Testalonga si diede al brigantaggio perché il bargello (nome attribuito al capitano militare incaricato di mantenere l’ordine durante periodi di rivolta) gli uccise la madre. Il Testalonga vendicò la madre uccidendo il bargello. Da quel momento diventò il più temuto e feroce brigante della Sicilia.
In poco tempo messa su una numerosissima banda di delinquenti, e dato loro “soldi, cavalli e munizioni”, li divise in tre gruppi affidandone il comando di un gruppo al cognato Antonino Romano di Barrafranca; l’altro gruppo a Giuseppe Guarnaccia di Regalbuto mentre teneva sotto il suo comando l’ultimo gruppo di banditi, sguinzagliandoli, come lupi famelici, per tutta la Sicilia meridionale. Dettò la legge del taglione e rilasciò dietro pagamento persino dei lasciapassare a chi voleva avventurarsi dentro i suoi confini, senza incorrere pericoli. Le tre bande a lui soggette, dominarono per molto tempo la Sicilia. Nel 1766, le strade pubbliche e le campagne erano infestate dai banditi e il traffico e 1’agricoltura languivano. La strada regia, che da Palermo andava a Catania, nel tratto Caltanissetta, Pietraperzia, Barrafranca, Piazza Armerina, Mirabella Imbaccari, ecc. era praticamente impossibile percorrerla senza un permesso del Testalonga. Fu in questo clima di terrore che il viceré Giovanni Fogliani, pressato dalle lamentele provenienti dall’alta società e dalla stessa corte di Spagna, pensò, con ogni mezzo, di estirpare la mala pianta del brigantaggio e ne affidò l’incarico al principe Don Giuseppe Lanza di Trabia. “Mise al suo comando “qualsiasi Capitano d’Armi e qualsiasi Capitano di Giustizia delle Città e Terre di questo Regno, dover assistere con i loro soldati . II principe di Trabia il 24 dicembre 1766, fece pubblicare un bando che prometteva “a chiunque consegnerà vivo o morto nelle mani della giustizia Antonino Di Blasi Testalonga, onze 400, 100 per Antonino Romano, onze 100 per Giuseppe Guarnaccia ed onze 200 a chi li consegnerà morti, mentre, per chi segnerà la loro presenza e s’adopererà per la loro cattura, onze 50”. In breve, a causa delle delazioni, la banda incominciò a perdere il carisma d’imbattibilità. Molti briganti vennero catturati ed impiccati. Rimasero liberi, per poco tempo, il Testalonga ed il cognato Antonino Romano. Guarnaccia venne catturato il 24 ottobre 1766 ed impiccato assieme ad alcuni suoi compagni: Michele Daidone, Stefano Santocono e Giacomo d’Amico. Le loro teste staccate vennero inviate a Palermo. Il 12 febbraio 1767 caddero nelle mani della giustizia, a Mussomeli, Arcangelo Di Vita, Raimondo Ciaccio, Antonio Vizzini e Raimondo Lo Presti. I più pericolosi, Romano, Testalonga ed altri tre, furono catturati il 18-2-1767 vicino al lago di Pergusa ed impiccati. Le loro teste mozzate dopo essere state portate in giro per le strade, furono mandate poi ai loro paesi d’origine e poste davanti al castello perché servissero da monito agli altri.
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