sabato , Luglio 27 2024

Aiuti alle scuole paritarie, un problema irrisolto

Rimane un problema irrisolto la compatibilità di contributi pubblici alle scuole paritarie con la disciplina europea sul divieto di “aiuti di stato” alle imprese. Superata la fase derogatoria dovuta alla pandemia, tutti i nodi ritorneranno al pettine.

 

Il ritorno alla normalità

Non appena si chiuderà la tragica parentesi in cui necessariamente tutti i governi del mondo si sono adoperati per aiutare direttamente famiglie e imprese a non fare collassare il sistema economico, tutte le organizzazioni sociali dovranno ritornare a differenziarsi lungo la dicotomia pubblico/privato, se non altro per evitare di turbare irreversibilmente il libero mercato concorrenziale. Aiuti, sussidi e forme di sostentamento di matrice pubblica non potranno che essere erogati nel rispetto di quanto previsto dalle norme del Trattato europeo. Lo stato dovrà ritornare a essere liberale e regolatore e l’impresa dovrà ritornare a pascolare nei tradizionali prati del libero mercato, senza dimenticare che la nozione di impresa, rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del Tfue abbraccia qualsiasi attività economica che consista nell’offrire beni e servizi su un mercato in concorrenza con altri operatori.

Le misure del governo a sostegno delle scuole

All’art. 31 del Dl n. 41/2021 – “decreto Sostegni” – il governo, nel prevedere alcune misure per favorire l’attività didattica nell’emergenza Covid-19, ha incrementato di 150 milioni, per il 2021, il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, per acquistare prodotti per l’igiene, per l’assistenza pedagogica e psicologica degli studenti e degli insegnanti, per il tracciamento dei contatti, ma anche “dispositivi e materiali destinati al potenziamento delle attività di inclusione degli studenti con disabilità, disturbi specifici dell’apprendimento e altri bisogni educativi speciali”. Il comma 2 del medesimo art. 31 specifica che l’incremento è destinato alle sole istituzioni scolastiche statali. Altri 150 milioni sono poi previsti per il potenziamento dell’offerta formativa extrascolastica, i famosi “recuperi della socialità” che dovrebbero essere organizzati nel periodo estivo. Quest’ultimo stanziamento, ancorché sollecitato dal tavolo dell’Agorà della parità (Agesc – Associazione genitori scuole cattoliche, Cdo Opere educative, Cnos Scuola – Centro nazionale opere Salesiane, Ciofs Scuola – Centro italiano opere femminili salesiane, Faes – Famiglia e scuola, Fidae – Federazione istituti di attività educative, Fism – Federazione italiana scuole materne, Fondazione gesuiti educazione), è destinato “prioritariamente alle istituzioni scolastiche statali”. L’art. 58, comma 5, del successivo Dl 71/2021 – “decreto Sostegni bis” – prevede l’erogazione di un contributo complessivo di 50 milioni di euro alle scuole paritarie primarie e secondarie facenti parte del sistema nazionale di istruzione, al fine di contenere il rischio epidemiologico in relazione all’avvio dell’anno scolastico 2021/2022.

Le scuole paritarie in Italia

Ora, non ci sfugge il dato (organizzativo e politico) che le scuole paritarie in Italia sono circa 13 mila, frequentate da 900 mila studenti – il 10 per cento della popolazione scolastica – e che fanno parte a pieno titolo del sistema nazionale dell’istruzione, così come previsto dalla legge n. 62/2000. Ma non è più sostenibile continuare a pretendere di essere equiparati agli istituti statali ai fini della ripartizione dei contributi pubblici, come fatto anche dalle scuole paritarie cattoliche nelle pagine della versione on-line dell’Avvenire, omettendo di ricordare che, per non incorrere nel divieto di “aiuti di stato” alle imprese, i parametri per la distribuzione degli ausili finanziari a favore di soggetti che svolgono un servizio pubblico (come quello scolastico erogato dalle scuole paritarie) non possono che essere quelli dettati dalla giurisprudenza europea.

La nozione di impresa

Secondo una giurisprudenza ormai costante della Commissione europea, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento. La classificazione di un determinato soggetto come impresa dipende pertanto interamente dalla natura delle sue attività. E poiché è stato già detto e confermato anche dalla nostra giurisprudenza amministrativa (Consiglio di stato, Sez. VI, n. 292/2016; Consiglio di stato, parere n. 02818/2019) che non è di per sé sufficiente a escludere la natura economica dell’attività di un ente non profit il fatto che gli eventuali avanzi di gestione non siano distribuiti tra i soci e siano reinvestiti nell’attività istituzionale e che la sola condizione in presenza della quale è lecito escludere il carattere commerciale dell’attività è quella della gratuità o quasi gratuità del servizio offerto, ci piace pensare che il governo si prepari ad affrontare una volta per tutte la questione irrisolta dei contributi pubblici agli istituti scolastici non statali.

Le sole scuole paritarie che non possono essere annoverate nella vasta categoria degli operatori economici, per i quali vige il citato divieto di “aiuto di stato”, sono quelle che svolgono il servizio scolastico senza corrispettivo, vale a dire a titolo gratuito, o dietro versamento di un corrispettivo solo simbolico, o comunque di un corrispettivo tale da coprire soltanto una frazione del costo effettivo del servizio.

Pertanto, la classica retta che gli studenti iscritti pagano alle scuole paritarie, di importo evidentemente non minimo, è considerato elemento rivelatore dell’esercizio di un’attività con modalità commerciale e, pertanto, al netto della parentesi pandemica e derogatrice dell’art. 107, paragrafo 1, del Tfue, dalla qualificazione della misura governativa adottata nei termini di “Misure urgenti per la scuola”, discende l’obbligo della preventiva notifica alla Commissione europea per il necessario scrutinio di compatibilità.

Massimo Greco

Laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Palermo, ha seguito un corso di perfezionamento in Polizia Giudiziaria e conseguito un Master di II° livello in Politiche del Terzo Settore. Cultore di politiche pubbliche e di diritto pubblico italiano e comparato, ha un dottorato di ricerca in Sociologia dell’Innovazione conseguito presso l’Università Kore di Enna nel 2016. È giornalista pubblicista e collabora con diversi quotidiani online. Saggista e autore di articoli di diritto costituzionale, amministrativo, tributario, dei servizi pubblici e delle autonomie locali, pubblicati in riviste specializzate. Funzionario direttivo dell’Amministrazione Regionale Siciliana dal 1991, è attualmente in servizio presso la Soprintendenza ai Beni Culturali di Enna. Formatore interno dell’Amministrazione regionale dal 2012, è stato consigliere provinciale e presidente del Consiglio provinciale di Enna dal 1994 al 2013.

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