La Lega, una partito di lotta e di governo? Lo fanno pensare le prese di pozioni del suo segretario Salvini su molte questioni, come quella sul green pass, non in linea con quelle assunte dal governo Draghi con il pineo sostegno dai ministri della Lega e condivise dai presidenti leghisti di Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. La formula “partito di lotta e di governo”, che calzava perfettamente per il Pci di Enrico Berlinguer, mal si adatta però a dar conto di quello che sta succedendo all’interno della Lega. La situazione si cui si ritrova attualmente la Lega l’ha fotografata lucidamente il giornale “Il Foglio” di sabato 18 e domenica 19 settembre nell’articolo non firmato in cui spiega come la Lega di governo, che fa capo al ministro Giorgetti e ai presidenti regionali Zaia (Veneto), Fedriga (Friuli Venezia Giulia) e Fontana (Lombardia) “ha commissariato il salvinismo lasciando al suo leader autonomia solo per postare le sue foto in costume sui social”. Non c’è una sola Lega, ma due: la Lega di governo e la Lega di lotta. E’ evidente che quello che fa la Lega di governo, che dà l’impressione di saper governare, non piace a Salvini, ma alla quale Salvini ha dovuto piegarsi per potere postare foto in costume sui social che lo ritraggono mentre balla e beve mojito al Papeete. E l’ha dovuto fare perché sa che altrimenti la sua leadership sarebbe stata in pericolo. La Lega di lotta, quella di Borghi, Bagnai, Siri e Pillon, che di governare non ne vuol sapere, è preoccupata dalla crescita dai Fratelli d’Italia che le sta sottraendo voti. Per la Lega di governo, la Lega di lotta e Salvini stanno diventando un problema. La linea salviniana oscillante dallo stare un po’ fuori allo stare un po’ dentro al governo, non piace non solo alla Lega di governo ma neppure al suo blocco sociale di riferimento, concentrato al Nord, che tiene insieme ampi strati di classe operai e ceto medio produttivo. Per quello che valgono, i sondaggi segnalano quest’insofferenza verso questa linea oscillante. Tutto ciò potrebbe far pensare che la Lega di governo sia alla ricerca di un nuovo segretario in sostituzione di Salvini. Ma sarebbe una conclusione affettata e, al momento, irrealistica. L’opposizione Salvini al governo Draghi può continuare a farla, ma nel suo esclusivo interesse personale. Giorgetti, gli altri ministri della Lega e i presidenti leghisti di regioni importanti non pensano di sostituirlo, ma cercheranno ed imporranno un metodo di lavoro che consenta a Salvini di fare quello che sa fare con i selfies e sui social, senza fare troppi danni all’azione del governo Draghi nel quale sono impegnati assieme ad altri partiti.
Silvano Privitera
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