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La guerra spiegata ai piccoli (e non solo!)

La guerra spiegata ai piccoli (e non solo!)


L’uomo appartiene al mondo animale e per questo è considerato un essere eterotrofo, perché per vivere (a differenza dei vegetali) ha bisogno di procurarsi il cibo. Fin dalla genesi, l’uomo è stato costretto a usare la propria forza per procurarsi il cibo, prima cacciando gli animali e successivamente occupando territori di altri popoli. L’uso della forza, necessariamente condito di violenza, altro non è che l’esordio alla pratica della guerra. Furono i Sumeri nel 4 mila avanti cristo a sperimentare per primi la guerra e da quel momento fino ai giorni nostri la guerra non è più cessata. Tante sono le parti del pianeta in cui si continua a combattere e quella di questi giorni in Ucraina ne è la dimostrazione. Oggi non si combatte più per procurarsi il cibo, inteso come alimento, ma per procurarsi risorse economiche, energetiche e politiche che possono anche non servire nell’immediato ma diventano strategiche per la sostenibilità delle future generazioni. A questo punto sorge spontanea la domanda. Ma allora la guerra è inevitabile? A questa domanda si può rispondere solo riflettendo sulla differenza che c’è all’interno della stessa categoria degli esseri eterotrofi tra uomini e animali. L’uomo è chiamato ad aprirsi alla conoscenza di nuove dimensioni, ha ricordato Benedetto XVI in un’omelia del 9 marzo 2008. Anche gli animali conoscono – ha proseguito il Papa – “ma solo le cose che sono interessanti per la loro vita biologica”. A differenza degli animali, l’uomo invece “ha sete di una conoscenza dell’infinito”. E’ proprio la sete di conoscenza a generare nell’uomo la consapevolezza degli effetti involutivi della guerra. Infatti, se è vero che l’uomo è costretto a combattere per procurarsi le risorse, è altrettanto vero che una guerra portata alle estreme conseguenze finirebbe per ottenere il risultato opposto a quello della stessa sopravvivenza per cui si combatte. L’evoluzione dell’uomo, e il progresso sociale e culturale ad esso connesso, ha generato l’antidoto della “pace”, inteso quale processo educativo finalizzato alla promozione di stili di vita individuali e collettivi proiettati al dialogo con “il prossimo”. La pace è la più sicura dimostrazione del progresso civile, culturale e democratico di una società moderna. Praticare la pace significa combattere l’odio, il razzismo, la discriminazione religiosa e la sete di potere. Ognuno di noi  è chiamato a praticare la pace “contagiando” il proprio microcosmo di vita quotidiana, facendo tesoro di quanto già detto da Dante Alighieri in uno dei versi del canto XXVI dell’Inferno  “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute a caunoscenza”.
Massimo Greco

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