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Troina: il partigiano socialista Natale Marchese

Con Natale Angelo Marchese, sono 11 i troinesi finora accertati che hanno partecipato alla Resistenza al nazifascismo. Come il giovane partigiano troinese Giuseppe Calabrese della 3^ Brigata Garibaldi Liguria, che fu catturato il 10 febbraio 1944 dai nazifascisti, deportato in Germania, a Mauthausen, dove il 16 aprile 1944 morì a 20 anni, anche Marchese, partigiano della Divisione Garibaldi Natisone, fu deportato a Mauthausen dove morì l’1 marzo 1945. Marchese non era più giovane, quando fu catturato dalla Wehrmacht, aveva 51 anni. Era nato a Troina il 18 novembre 1893. Aveva partecipato alla Prima Guerra mondiale con il grado di capitano. A guerra finita, nel novembre del 1918, ritorna a Troina dove il 31 gennaio 1925 si sposò con Elena Rosina L’Episcopo. Lavorava alle dipendenze del comune di Troina. Marchese era un socialista inviso ai fascisti locali che gli rendevano la vita difficile. Da Troina, Natale fu costretto ad andare via con Rosina. Lasciarono Troina subito dopo essersi sposati. Marchese, con il diploma di maturità classica, fu assunto dal comune di Ronchi dei Legionari, nel Friuli Venezia Giulia, dove gli venne affidato l’incarico di dirigere l’ufficio anagrafe. Con la famiglia, però, abitava a Monfalcone, distante 4 chilometri da Ronchi dei Legionari. A dargli una mano fu suo fratello Francesco, che allora faceva il magistrato a Caltanissetta. Francesco non aveva la stessa passione politica di Natale, ma anche lui non aveva in simpatia per i fascisti. Disapprovava Il modo come veniva amministrata la giustizia dal governo di Mussolini che perseguitava e incarcerava gli antifascisti. Rimase nell’amministrazione della giustizia, ma non volle fare più il magistrato. Anche lui andò via dalla Sicilia, trasferendosi a Torino. “Quando iniziò la seconda guerra mondiale, mio padre venne richiamato alle armi con il grado di maggiore per prestare servizio a Trieste, al comando militare, nell’ufficio reclutamento per poco tempo”, ricorda Carmen (83 anni), figlia di Natale, insegnante di educazione tecnica in pensione, che vive a Monfalcone. Dopo l’8 settembre 1943, Natale entrò in contatto con i partigiani della Divisione Garibaldi “Natisone”, che operava in Friuli al confine con la Slovenia. Natale fu un’ancora di salvezza per molti soldati sbandati in fuga, che i nazisti volevano deportare nei campi di concentramento in Germania e i fascisti arruolarli a forza nella repubblica di Salò. Il 7 gennaio 1944 un gruppo di soldati tedeschi entrò negli uffici del comune di Ronchi dei Legionari, prelevò a forza Natale e lo portò via. “A fare il nome di mio padre ai tedeschi fu un traditore di nome Walter”, ricorda Carmen. Nel giorno prima, quello dell’Epifania, Natale si era incontrato a Monfalcone con il troinese Nicolò Giambello, giovane soldato che era riuscito a fuggire dai tedeschi che l’avevano arrestato per portarselo in Germania. Di andare a lavorare in Germania sotto i tedeschi come schiavo o di combattere con i fascisti della repubblica di Salò contro i partigiani, Nicolò non aveva alcuna voglia. E Natale l’aiuto a sottrarsi a quel tragico destino. Carmen ricorda com’è venuta a sapere dell’arresto e ce lo racconta: “Ce ne siamo accorti io, mia madre e mio fratello Alfio, vedendo passare proprio davanti casa nostra il camion che portava a Trieste i partigiani arrestati. Scorgendo mio padre sul camion militare, mia madre disse costernata che non l’avremmo visto più”. Saputa la notizia dell’arresto di suo fratello Natale, Francesco Marchese, avvocato di Stato in servizio a Torino, si precipita a Trieste per cercare di liberarlo, ma non ci riesce. Al lager di Mauthausen Natale giunge il 30 gennaio 1944. Subito dopo viene trasferito a Gusen, uno dei tre sotto campi di Mauthausen dove le condizioni di prigionia sono più dure e Natale muore il’1 marzo 1945. “Finita la guerra, zio Francesco va alla prefettura di Trieste per avere notizie su mio padre e apprende che non ce l’aveva fatta a reggere alle terribili sofferenze fisiche inflittegli dagli aguzzini nazisti nel campo di sterminio”, ci racconta Carmen con voce tremolante per la commozione.
Silvano Privitera

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