Ai tanti dipendenti pubblici a cui quotidianamente ci rivolgiamo mancano tante cose, frutto di inadeguati processi formativi. I concorsi pubblici, ammesso che rappresentino ancora la sede giusta per selezionare i migliori, non aiutano a comprendere le potenzialità burocratiche del futuro dipendente.
Al netto di poche ipotesi di affiancamento formativo promossi dall’illuminato dirigente, il neo assunto viene messo subito all’opera, gestendo una parte del complesso procedimento amministrativo. E così, in assenza di una propedeutica fase formativa, il burocrate dialoga con i cittadini e adotta atti amministrativi senza conoscere né come deve porgersi col cittadino/utente né come deve veicolare all’esterno la volontà dell’Ente per cui lavora. Tutto è lasciato alle caratteristiche e al bagaglio formativo ed educativo del singolo dipendente, libero di mutare il proprio approccio alla “pratica” in funzione di elementi esterni alla funzione pubblica esercitata o al servizio pubblico erogato, cioè in base “a come si sveglia la mattina”. Diffusi sono i casi in cui l’istruttoria della “pratica” risente dell’umore del burocrate o, addirittura, del calendario. Con alcuni dipendenti si può parlare solo nei giorni di conclusione della settimana o in quelli prossimi alle festività. Nei restanti giorni è preferibile evitare ogni forma di contraddittorio, la cui esasperazione potrebbe riverberarsi sull’esito del provvedimento finale richiesto dall’utente. Eloquenti sono altresì i casi in cui l’umore del burocrate, oltre a caratterizzare il confronto con l’utente, impregna finanche l’atto amministrativo, attraverso l’inserimento di vocaboli che non dovrebbero trovare ospitalità in un atto che, invero, dovrebbe essere semplicemente chiaro, compiuto e soprattutto freddo. Alcuni burocrati si spingono anche ad influenzare il proprio agire amministrativo senza fare mistero del proprio orientamento politico o religioso o della propria coscienza, dimenticando – o forse non avendolo mai saputo – che solo gli individui hanno una coscienza, mentre la coscienza delle istituzioni pubbliche è costituita dalle sole leggi che le regolano in base al principio di legalità. Non a caso le ipotesi dell’obiezione di coscienza sono rare ed espressamente previste dalla legge. Ovviamente non è colpa dei burocrati ma di chi si ostina a ricoprire ruoli apicali in una Pubblica Amministrazione che non necessita di essere periodicamente ri-formata ma più semplicemente formata.
Massimo Greco
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