Genitori cornuti e mazziati
di Massimo Greco
Alzi la mano chi non ha un figlio che studia o lavora fuori dalla propria residenza! E’ un dato talmente diffuso da non fare più impressione, e per alcuni genitori è diventato pure motivo d’orgoglio. Non finiscono nemmeno di farti completare la domanda per risponderti, con una rapidità da fare invidia anche a Bonolis, che studiano alla Bocconi, alla Cattolica o alla Luiss. Già…, per alcuni genitori l’allontanamento del proprio figlio, quasi quasi, viene vissuto come una conquista da incorniciare nell’album di famiglia. Se poi oltre a studiare il proprio figliolo riesce pure a trovare un posticino di lavoro, racimolando 1.500 euro al mese (a fronte di 600 euro per l’affitto di un bivano), qualche genitore non esita a porgere divini ringraziamenti. E’ questa l’altra faccia di una comunità, come (anche) la nostra che, oramai disorientata ed incosciente, appare sempre più rassegnata al fallimento di una classe dirigente che non è riuscita ad impedire la migrazione giovanile e la correlata fuga dei cervelli. Per trovare le colpe di tutto ciò bisognerebbe certamente guardare in lungo e in largo, nel tempo e nello spazio, analisi che rischierebbe di indebolire l’esigenza di focalizzare immediatamente il problema ed evitare che i danni fin qui generati vengano portati ad ulteriore conseguenza. Per il nostro territorio, la campana dell’ultima fermata suona ancora nel tentativo disperato di indurci a fare il proprio dovere, ogni giorno, anche quando sembra che la rottura sia insanabile, che la storia sia irredimibile, che la fatica di conciliare il presente e la speranza sia insormontabile. Il modello che un tempo i siciliani conobbero benissimo e che rende più perdonabile la loro caduta nel letargo della illusoria fuga dal passato, è quello che Camus ha indicato nel mito di Sisifo: spingere con gioia la propria pietra.
Ma – e qui c’è una rivoluzione da compiere – occorre non lasciare più questa incombenza alla sola classe politica, occorre farlo insieme a coloro “che sanno e che possono”, in modo che prima o poi la nostra pietra possa trovare la propria stabilità. Alla domanda “come va?”, Muzio Scevola avrebbe risposto, “Se solo mi dessero una mano”.