“Risalire devi il fiume/del tuo sangue/fino alla fonte”, è un verso di una poesia di Goliarda Sapienza (nella foto) che ho letto in un bell’articolo di Cettina Caliò sulla scrittrice catanese, che è di fatto un piccolo e pregevole saggio, comparso nel supplemento culturale settimanale del giornale “Il Foglio”. Quella risalita del suo sangue, Goliarda l’ha fatta durante l’elaborazione del lutto della madre, Maria Giudice, alla quale era molto legata, per soddisfare il bisogno urgente di ritrovare la sua propria origine, che diventa eternità di vita e di passioni. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, Maria Giudice era una militante ed una dirigente del Partito socialista molto conosciuta ed apprezzata dai suoi compagni di partito e temuta dai suoi avversari di classe per le sue capacità organizzative e comunicative. Diresse la Camera del lavoro, la Federazione del Partito socialista della provincia di Torino e il giornale “Il Grido del popolo” su cui scriveva anche il giovane Antonio Gramsci. Nel 1920, il Partito socialista la mandò in Sicilia per organizzare le masse contadine siciliane. Qui in Sicilia conobbe l’avvocato Giuseppe Sapienza, anche lui militante socialista, da cui nel 1924 ebbe la figlia Goliarda. Di Maria Giudice me ne parlava spesso mio padre. Ero poco più di un adolescente quando mio padre, già avanti negli anni, me ne parlava. Leggendo quel verso della poesia di Goliarda mi sono chiesto come abbia conosciuto la vicenda politica di Maria Giudice. Mio padre Francesco nacque nel 1903 a Troina, e quando ha saputo dell’esistenza di questa straordinaria dirigente socialista anche lui era giovanissimo. Nel tentativo di capire come ne sia venuto a conoscenza, non tanto per ritrovare le miei origini, che non ho mia perso, ho risalito “il fiume del mio sangue fino alla fonte”. Sicuramente ne avrà sentito parlare da suo padre Gaetano, nato nel 1870, e da suo nonno Salvatore Privitera, nato nel 1845, che negli anni 80 dell’Ottocento vennero a Troina da Zafferana. Erano abilissimi nell’impiantare orti, vigneti e potare alberi di ulivo e mandorle. Ne avevano impiantato uno alla Catena, a valle del quartiere Corso. “Quando ero piccolo mia madre mi mandava a comprare lattughe dell’orto dei tuoi nonni, tua nonna Francesca, che era una donna generosa, me ne dava sempre una in più senza farmela pagare”, mi raccontava Vittorio Fiore. Di politica il mio bisavolo Salvatore e mio nonno Gaetano dovevano intendersi e, con i pochissimi e scarsi mezzi di comunicazione di allora, seguivano le vicende politiche nazionali. “Il tuo bisavolo Salvatore Privitera, che chiamavamo mastro Turi, oltre ad impiantare vigneti e orti nelle campagne dei proprietari piccoli e grandi di Troina, leggeva Kant”, mi raccontava Mariano Scorciapino. Con quella formazione culturale e con la passione per la politica, quei due zafferanesi appena giunti Troina non esitarono un istante ad impegnarsi ad organizzare i contadini troinesi nei Fasci siciliani dei lavoratori, che fu sciolto il 4 gennaio 1984 dal governo Crispi. I suoi dirigenti furono arrestati e messi in carcere dal Tribunale militare. Tra questi il mio bisavolo Salvatore Privitera. Mio nonno Gaetano sfuggì alla cattura dandosi alla macchia nelle campagne di Troina. Nel marzo del 1896, il governo Di Rudinì, che aveva sostituito il governo Crispi, li rimise tutti in libertà con un’amnistia, compreso il mio bisavole Salvatore. Anche mio nonno Gaetano ritorno alla vita normale dopo un lungo periodo di tempo vissuto alla macchia. Due come loro impegnati nell’organizzare i contadini troinesi contro i proprietari terrieri a quali chiedevano contratti agrari come l’enfiteusi in sostituzione della terraggerìa, non potevano non aver sentito parlare di Maria Giudice inviata dal Partito socialista in Sicilia alcuni anni dopo per organizzare la lotta dei contadini contro i proprietari terrieri per ottenere migliori contratti agrari. E’ da questi miei due antenati che mio padre, ancora giovinetto, avrà appreso dell’esistenza di Maria Giudice di cui me ne parlava con ammirazione, quando già era anziano. Oggi che sono avanti negli anni (potrei dire di essere diversamente giovane, secondo la moda del politicamente corretto), risalendo il fiume del mio sangue fino alla fonte, rinsaldo ancor di più il già forte legame che mantengo con le mie origini.
Silvano Privitera
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