Sicilia. Liberi consorzi comunali o province?
di Massimo Greco
L’Associazione degli Enti locali siciliani (ASAEL) ha già promosso due eventi formativi sulla rinnovata necessità di fare uscire dal pandano gli attuali enti intermedi siciliani, di cui uno con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli studi di Palermo. In entrambi gli appuntamenti, dove non sono mancate sottolineature e preoccupazioni circa il livello qualitativo delle normative prodotte negli ultimi due lustri, abbiamo registrato, nostro malgrado, come la questione in ordine alla differente natura giuridica del “libero Consorzio comunale” e della “Provincia” sia ancora attuale. Anche tra i neo inquilini di Palazzo dei Normanni, protagonisti di appositi disegni di legge, è diffusa la confusione tra i due modelli istituzionali al punto di parlarne indifferentemente, come se si trattasse della stessa cosa. Abbiamo cercato di spiegare, ancora una volta, che in Sicilia l’ente intermedio esiste solo nella formula consortile utilizzata dai Comuni. Tale modello previsto all’art. 15 dello Statuto siciliano, risolvendosi in una forma istituzionale di consorzio tra Comuni per l’esercizio congiunto di funzioni o servizi riconducibili all’area vasta non costituisce un ente territoriale ulteriore e diverso rispetto all’ente Comune. Non a caso, ai liberi Consorzi comunali, che lo stesso legislatore regionale non ha esitato a denominare “enti non territoriali di governo”, viene riconosciuta un’ampia autonomia amministrativa e finanziaria ma non anche la terza autonomia, invece prevista per gli “enti territoriali di governo”: quella politica. Ora, mentre per gli enti locali territoriali di governo è un dato definitivamente acquisito come la loro autonomia vada in primo luogo intesa quale potere di indirizzo politico-amministrativo, per quelli non territoriali, quali sono i liberi consorzi comunali, sono previste modalità di attuazione delle scelte di indirizzo politico di ciascun Comune tramite la mediazione della specifica formula consortile.
Ciò, perché l’ente pubblico consortile risulta pur sempre una proiezione degli enti stessi. In tale contesto ordinamentale, il meccanismo della rappresentanza di secondo grado appare compatibile con la garanzia del principio autonomistico, dal momento che non può essere negato che venga preservato uno specifico ruolo ai Comuni (titolari di autonomia costituzionalmente garantita), nella forma della partecipazione agli organismi titolari dei poteri decisionali, o ai relativi processi deliberativi, in vista del raggiungimento di fini unitari in quell’area vasta reputata ottimale. Resta inteso che rientra nella facoltà del legislatore regionale richiedere la modifica – costituzionale – dell’art. 15 dello Statuto siciliano nel caso in cui si ritenesse più adeguata la formula istituzionale della “Provincia” come contemplata nella Carta costituzionale.