E’ stato un incontro nella libreria Città Aperta a Troina con i lettori e le lettrici del suo romanzo dal titolo “D’amore e di rabbia” che Giusy Sciacca ricorderà per la sua informalità, per la ricchezza e l’acume di riflessioni che ha suscitato nei partecipanti all’evento. Non è stato un incontro di quelli dove c’è chi, di solito un esperto di letteratura, presenta libro e la sua autrice, con intermezzi musicali e lettura di brani, e lascia poco spazio agli intervenuti che invece vogliono parlare con l’autrice.
Non è stata una presentazione paludata del libro. E’ stata come una cordiale e gradevole conversazione tra amici ed amiche di lunga data che non hanno voglia smettere di parlarsi, essendosi incontrati dopo tanto tempo che non si vedono e non si sentono. Sciacca ha tratto l’ispirazione a scrivere “D’amore e rabbia” da un fatto realmente accaduto a Lentini, suo paese d’origine: un cruento episodio di lotta di classe tra braccianti che rivendicavano la terra e latifondisti che non volevano cederla, nel luglio del 1922, nel quale persero la vita quattro braccianti. E’ il numero di vittime di cui si parla nei documenti dell’autorità di allora. Si presume ragionevolmente che le vittime fossero più di quattro. A quell’evento partecipò Maria Giudice, la donna che il Psi nel 1920 aveva mandato in Sicilia per guidare le lotte dei contadini. Giudice non è solo la madre della scrittrice catanese Goliarda Sapienza. Durante il suo esilio in Svizzera, negli anni 10 del Novecento, aveva conosciuto Lenin e Mussolini, quando quest’ultimo era ancora socialista. Da quell’episodio di scontro sociale prende il via la narrazione della vicenda di Amelia, una donna di grande fascino e bellezza dell’aristocrazia catanese, che per un errore di gioventù, è costretta ad andarsene da Catania per rifugiarsi a Lentini dove incontra ed entra in relazione con moltitudine di piccoli e grandi personaggi del paese, descritti molto bene da Sciacca, che fanno di “D’amore e rabbia” un bel romanzo storico e corale.
Silvano Privitera
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