TROINA. Che nell’uso dei fiori di sambuco per aromatizzare la “vastedda co sammucu”, il prodotto d’eccellenza esclusivo della gastronomia troinese, possano esserci tracce di suggestive leggende, non è una congettura peregrina.
Il sambuco è qualcosa di più di un albero. Con le drupe di sambuco, i popoli preistorici preparavano robuste bevande fermentate. I Celti attribuivano al sambuco il potere di allontanare il male. Nella tradizione pagana, all’albero di sambuco si attribuiva il potere di proteggere la casa e gli animali dagli spiriti maligni. Vicino in quasi tutte la case di campagna, a Troina, si vedono alberi di sambuco. Ho saputo da emigrati troinesi in Argentina, che anche loro, appena completano la costruzione della casa in campagna o in citta, dove è possibile, le piantano vicino un albero di sambuco. Nel folclore germanico medievale era chiamato “albero di Holda”. I contadini tedeschi avevano un gran rispetto per l’albero di Holda al punto di togliersi il cappello quando gli passavano davanti e non gli voltavano mai le spalle. Holda, per loro, era la fata benevola dei boschi. Avevano una tale considerazione per l’albero di sambuco, che non osavano sradicarlo. Anche i monaci tedeschi piantavano alberi di sambuco appena finivano la costruzione del loro cenobio. In Svezia, al sambuco è affidata la protezione delle donne incinte, che lo baciano per avere una gravidanza serena. In Danimarca, secondo la tradizione, un rametto di sambuco in bocca ha il potere di allontanare gli spiriti maligni e curare il mal di denti. Christian Andersen, scrittore danese, ha scritto la fiaba “La mamma del sambuco” in cui parla del sambuco usato per curare il raffreddore e la febbre nei bambini. In Austria, tuttora, al sambuco è affibbiato l’appellativo di “farmacia degli dei”. Anche nei paese slavi, come la Russia, la tradizione popolare attribuisce all’uso del sambuco poteri benefici. Gli infusi di fiori di sambuco sono usati per curare la congiuntivite, la tosse ed altre malattie.
Silvano Privitera
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