Enna 25/02/06 – Il Tribunale Apostolico della Rota Romana (al secolo sacra rota) fu istituito nel 1337 come ordinamento giudiziario per il diritto canonico della Chiesa Cattolica e da quell’epoca ha visto passare dinanzi ai propri giudici un numero enorme di cause ed altrettanti giudizi che notariamente non sono appellabili.
E’ composto da prelati che a turno (rota pare venga da tanto, ma secondo altri dal fatto che si arrotolavano i fogli delle sentenze) compongono un collegio di tre giudici uno dei quali può anche essere il “ponente” cioè il propositore relatore della causa in giudizio.
Di essa e di quel che nella leggenda metropolitana vengono definti “fatti e misfatti” si conoscono solo le sentenze emesse ed, ovviamente, rese pubbliche alle parti e coram populo.
Solo nell’inner circle (avvocati rotali) si sanno i nomi dei prelati giudici ed in nessun luogo si è mai sentito un giudice parlare del suo tribunale (ché tanto è) o dei detrattori ed ancor meno delle cause e delle discussioni in “consiglio”.
Un silenzio di tomba che mai nessuno ha criticato né cercato di violare tanto il rispetto che quei magitrati suscitano per la esemplarità dei loro comportamenti e pubblici e privati e per il dignitoso riserbo in cui tengono le loro azioni professionali.
Esattamente l’opposto di quanto avviene in campo laico dove è divenuto costante e prassi consolidata la divulgazioni di notizie di fatto riservate, le esternazioni di alcuni magistrati, gli attacchi del potere esecutivo allo ordinamento giudiziario e immediata botta e risposta da parte degli appartenenti allo stesso.
Il tutto in barba al dettatto costituzionale della separazioni dei poteri (di fatto non ingerenza di ciascuno nella attività dell’altro) e del riserbo in pubblico e privato che deve caratterizzare il magistrato e per altro verso chi detiene il potere affidatogli dal popolo attraverso libere elezioni (fin’ora!).
Roba da fare rimpiangere il potere temporale dei Papi (solo per questo aspetto ovviamente) e sperare in un rinsavimento delle parti oggi giunte ad un punto di lotta continua all’ultimo sangue(fin’ora solo verbale, per fortuna).
La delegittimazione da parte dell’esecutivo in reazione ad una sorta di attacco ad orologeria che subirebbe da parte dei magistrati da una parte e dall’altra l’incontinenza verbale di alcuni di questi ha già portato il paese ad una crisi di sfiducia nelle istituzioni foriero di mali peggiori non valutabili.
E’ lecito ad un magistrato capo della Associazione Nazionale della sua corporazione dire ed in pubblico e davanti al Presidente della Repubblica che il capo dell’esecutivo “delira” e poi dichiarare alla stampa che questi” è affetto da delirio di persecuzione”?
Ed è lecito al Capo dell’esecutivo dire che la più parte dei magistrati è di sinistra, ed a volte comunista, e che improntano i loro giudizi a pre-giudizi politici?
Ammeso e non concesso che ambo le affermazioni rispondano a verità è lecito sciorinarle a quanti vogliono il giudice terzo e lo esecutivo a tutelare i loro interessi di cittadini rispettosi delle leggi?
Cui prodest?
A chi giova tutto ciò se non a quanti vogliono una Italia “sfasciata”e ridotta paese di quinto mondo?
E non temono i contendenti che la deriva dittatoriale di un paese comincia quanto non v’è più certezza del diritto e rispetto tra i poteri ed ordinamenti di uno stato?
Bruno Cassinelli illustre e colto avvocato penalista e autore del magnifico studio su ”la storia della pazzia” ebbe tanti anni fa a confessarmi che aveva scelto di fare l’avvocato e non il giudice per potere sempre dire ciò che pensava, cosa, diceva, che un magistrato non può e non deve fare.
Ed ad una mia domanda su come mai non avesse accettato gli inviti – tanti – che gli erano stati rivolti di far politica mi rispose “per la stessa ragione”.
Si rivolta nella tomba: e ne ha ben donde!
Pino Grimaldi
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