9 maggio ’78. Roma e Cinisi. Le BR e la mafia. Due feroci delitti. Le ventiquattr’ore più drammatiche della Repubblica nel racconto tenero e bruciante di un testimone: un ragazzo che aveva scelto di servire lo Stato, un uomo che della legalità ha fatto ragione di vita.
9 maggio ’78. A Roma le Brigate Rosse uccidono Aldo Moro. In Sicilia la mafia uccide Peppino Impastato. Questo è il racconto di quelle ventiquattr’ore dalla voce di un poliziotto siciliano di appena diciannove anni, sbattuto dal caso sul palcoscenico della storia. Carmelo Pecora – giovane allievo di PS di stanza nella capitale – era a bordo della prima Volante che accorse in via Caetani quando vi fu segnalata la Renault 4 rossa che conteneva il corpo dell’onorevole Moro: fu tra i primi a vederlo, riverso nel bagagliaio, con indosso un cappotto nero uguale a quello di suo padre. E fu la sua Volante a scortare l’ambulanza che lo trasportava all’Istituto di Medicina Legale.
Ma quello era solo l’ultimo atto di una vicenda che pareva già scritta dal destino: i primi 55 giorni della carriera di Carmelo Pecora in Polizia coincisero infatti fatalmente con i 55 giorni del sequestro Moro. Carmelo fu sbattuto dal caso in alcuni dei luoghi più significativi della vicenda: il giorno della strage di via Fani – 16 marzo – fu inviato a Torino, nell’aula del primo processo BR, dove Renato Curcio rivendicò il rapimento; successivamente fu trasferito a Roma, dove fu tra quelli che scoprirono il “covo freddo” di via Gradoli. Visse sulla propria pelle il clima di paura e sgomento di quei 55 giorni, la sensazione e la speranza – ogni volta delusa – d’essere a un passo dalla liberazione del prigioniero.
La mattina del 9 maggio ’78, Carmelo era appena rientrato a Roma da una licenza a Enna, la sua città: mentre era in casa a godere gli ultimi momenti di calore familiare, il bollettino regionale di Radio Rai annunciò il ritrovamento di un cadavere dilaniato da un’esplosione, a Cinisi, sui binari della linea ferroviaria: si parlava di un attentato fallito, di un terrorista maldestro, tal Giuseppe Impastato, “noto estremista di sinistra”. Per Carmelo, quei due delitti – apparentemente così distanti, sotto ogni punto di vista, accaduti lo stesso giorno – erano invece assai vicini: due uomini coraggiosi erano stati assassinati per il coraggio delle proprie idee. E li racconta con la stessa partecipata commozione.
La voce di Carmelo Pecora ripercorre con toni teneri e brucianti questa esperienza, che rafforzò la sua convinzione di stare dalla parte dello Stato, della legge. Convinzione che per lui – oggi ispettore capo della Polizia di Stato, dirigente della Scientifica di Forlì – è diventata una vera e propria ragione di vita. Un libro per ricordare a chi c’era – trent’anni fa – il giorno più lungo e drammatico della Repubblica, e per raccontarlo a chi non c’era – i giovani e i ragazzi di oggi – insieme al senso e al valore di una scelta umana e professionale senza condizioni.
ZONA – pp. 160, – collana “900 Storie” diretta da Carlo D’Amicis
Carmelo Pecora è nato a Enna nel gennaio 1959. È ispettore capo della Polizia di Stato e dirige la Scientifica di Forlì. Ha già pubblicato il romanzo Tre ragazzi in cerca di avventure (2006). Collabora con lo scrittore e sceneggiatore bolognese Andrea Cotti, che ha fatto dell’ispettore Pecora il protagonista di due romanzi, Un gioco da ragazze (Colorado Noir), dal quale è stato tratto un film che sarà nelle sale nel 2008, e L’ora blu (con un racconto di Gianfranco Nerozzi – Aliberti).