Enna 18/10/05 – Ho avuto difficoltà a capire come i Deputati donne e quante di loro nei partiti, abbiano potuto accettare il compromesso di avere un rapporto una /tre (o uno/cinque) nelle liste di candidatura per le elezioni politiche. E da femminista ante litteram sono lieto che la Camera abbia bocciato la quotizzazione rosa che peraltro era scontata essendo a scrutinio segreto e con una maggioranza di maschi (anche se molti tra loro solo “de iure” ,stando ad indiscrezioni varie o esplicite orgogliose dichiarazioni!).
E non ho capito come si poteva aggirare la Costituzione che apertis verbis allo Art.51 dà pari (vera) opportunità a”tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso” (il terzo non considerato chè ancora nel 1947 il mondo era normale) legiferando su quote che nel momento stesso in cui fossero state approvate sarebbero state in conflitto con il dettato costituzionale in quanto limitativo della norma che non volle specificazioni numeriche.
Al momento della discussione, prima nella Commissione dei 75 e poi in Sottocommissione e poi ancora in Aula ci fu un interessante aperto ed infuocato dibattito sull’inserire o meno dopo la parola”cittadini” lo specifico dell’uno o dell’altro sesso.
Infatti, venne – e dalla sinistra di allora – eccepito che la espressione “cittadini” inglobava chiunque tale fosse in una nazione stato.
Fu il centro e parte della destra cattolica, per motivi non di chiarezza ma diremmo oggi clientelari ad insistere che si specificasse ”dell’uno e dell’altro” accattivandosi così (e per la DC avvenne) il voto delle donne fino ad allora tenute distanti dalle aule parlamentari e dagli organismi elettivi. Anche se vi fu chi obbiettò che era pleonastico specificare in quanto nello statuto albertino la eleggibilità era chiaramente indicata come prerogativa del sesso maschile e non citando più una specificità cadeva il non expedit per l’altro sesso: le donne!
Solo un femminismo di maniera e strafalcione poteva farsi umiliare, giorni fa, in siffatta maniera da un voto assembleare. E solo l’ignoranza (sic) dei proponenti poteva sottoporre ad una assemblea legislativa un problema inesistente e vuoto come quello di fare entrare le donne in lizza per legge e non per i tanti meriti che esse hanno pari di certo e non inferiori ai maschi.
Alla base un complesso – ancora non risolto – d’inferiorità ed un patologico “pensiero” depressivo che porta le donne o a strafare o a non fare.
In Italia il mondo femminile rappresenta il 51,52% della popolazione composta (al 2003) da 57.888.245 cittadini residenti. Ha una “aspettativa di vita” di 83,2 anni rispetto al 77,6 degli uomini; e quando si va a guardare come si è per sesso alla nascita (0 anni) ci si accorge che i maschi prevalgono rispetto alle femmine di ben 14.000 unità, ma alla fine (100 anni) vi è un rapporto 4/1 con 4496 donne e 1012 uomini viventi.
Con un trend nelle ultime decadi invariato.
Tutto questo per convincere le donne, ove ve ne sia bisogno (ma credo proprio di si), che esse sono il vero “sesso forte”.Che lo sono sempre stato e che oggi, grazie a stili di vita maggioritariamente paritari, hanno tutte le possibilità di accedere a qualsiasi livello ed elettivo e carrieristico sempre che non si facciano “prevaricare” dagli uomini.
Usino le loro stese armi. Votino per le loro consorelle, non giochino alla massacro per fare carriera (gioco amato dai maschi) e se occorre – e parliamo di politica – non votino per gli uomini ma solo per le donne!
Facciano liste di tutte donne, o pretendano per partecipare alla vita politica che ci sia non 1/5 o 1/3 ma fifty/ fifty in tutte le liste!
Ma poi dimostrino che vogliono essere rappresentate. Perché è accaduto dal 1946 ad oggi che un sacco di donne messe nelle varie liste non sono state elette pur avendo, come sopra dimostrato, la maggioranza di voti nelle loro mani capace di eleggere chiunque.
In altri termini: non stare ad elemosinare il posto in lista od ovunque. Ma imporlo e sostenerlo coralmente. Ché altrimenti è un continuo lamento con atteggiamenti vittimistici che non solo non pagano, ma francamente umiliano!
E con loro tutti quelli che credono veramente alla parità, senza ministri e patrozzi d’annata.
Pino Grimaldi
grimliondr@libero.it