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Dialogo tra un sognatore vecchio ed una idealista giovane (8): l’Automia siciliana


Allora Sognatore, le vacanze sono agli sgoccioli, il rito si è consumato, sia pure in sedicesimo, per l’Austerità; dopo una lunga cavalcata nei sentieri del pensiero moderno e qualche incursione in quello degli Antichi, che novità ci riserva l’attualità di cui avevamo deciso di trattare, al rientro? Le attese o temute elezioni regionali anticipate

Dunque, dobbiamo parlare della campagna elettorale?

No, perchè non mi appassiona; e poi neanche è cominciata; parliamo, se ti va, dell’Automia siciliana.

Già, ma cos’è questa Autonomia? Tutti ne parlano, nel bene o nel male, ma nessuno, quasi ,ne indica la identità.

Bene. L’Autonomia fu rivendicata nell’immediato secondo dopoguerra ed ottenuta prima ancora della Costituzione, nel cui testo, caso unico tra le cinque regioni italiano a Statuto speciale – così si chiamano – fu inserito lo Statuto della Regione Siciliana che ha, dunque, rango e dignità di legge costituzionale.

Ma da cosa scaturì, dalla benevolenza dei Continentali dovuto ad un rimorso per una annessione, ritenuta da alcuni piratesca, dal movimento separatista di Finocchiaro Aprile….da che cosa?

Le sue radici affondano nel processo dell’unità d’Italia, o meglio, nel modo con cui si dispiegò; già allora la realtà socioeconimica della Sicilia era diversa dal resto della Penisola; le inchieste parlamentari di Iacini e di Farina dell’immediato periodo post-unitario, rilevavano la diversità, anzi l’arretratezza paurosa, che faceva dire agli scandalizzati piemontesi, che la Sicilia era un pezzo dell’Africa. Ma una sintesi mirabile si può rintracciare leggendo l’introduzione del romanzo “Il Gattopardo”: il famoso dialogo tra il principe Fabrizio e l’inviato del Governo piemontese, che gli proponeva la nomina regia alla carica  di Senatore del Regno.

Non tutti l’hanno letto e qualcuno lo ha anche dimenticato; ce lo ricordi.

Lo riporto integralmente: Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno, che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui poi abbiamo dato il la; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la Regina d’Inghilterra;eppure,da duemilacinquecento anni, siamo colonia: Non lo dico per lagnarmi: è colpa nostra: Ma siamo stanchi e svuotati lo stesso…
Questa violenza del paesaggio, questa crudeltà del clima, questa tensione continua di ogni aspetto, questi monumenti, anche, del passato, magnifici ma incomprensibili perchè non edificati da noi e che ci stanno intorno come bellissimi fantasmi muti; tutti questi governi, sbarcati in armi da chissà dove, subito serviti, presto detestati, e sempre incompresi che si sono soltanto espressi con opere d’arte per noi enigmatiche e con concretissimi esattori d’imposte, spese poi, altrove: tutte queste cose hanno formato il carattere nostro,che così rimane condizionato da fatalità esteriori, oltre che da terrificante insularità d’animo.

Una visione lucida, interessante, ma intrisa di pessimismo, di rassegnazione, tipica di chi è prossimo alla conclusione dei suoi giorni e non crede più nel futuro che non è più alla sua portata.

Vero. Ma ci sono spunti interessanti per la comprensione di quel che è avvenuto. Soprattutto il riferimento  alla condizione di colonia e di terra di rapina, con “i concretissimi esattori” e “l’insularità d’animo”: ebbene, l’annessione all’Italia della Sicilia, non modificò il quadro di riferimento. E senza volere trattare, per motivi di spazio, del modo con cui le popolazioni del Mezzogiorno subirono l’Unità, di cui ancora si discute e le cui conseguenze, ancora perdurano,  lo spirito autonomistico cercò di riscattare l’antico, rassegnato servaggio.

Concretissimi esattori d’imposte spese altrove, cioè al Nord per il suo sviluppo. Attualizzato, sembra rivolto a Bossi ed a suoi seguaci

Già, che si dichiarano Barbari sognanti: sbagliano il participio, perchè in verità, sono solo ignoranti, oltre che nuovi barbari nell’accezione attuale di rozzi e incivili, non in quella latina, di stranieri.

Ma torniamo al dopoguerra: cosa accadde?

Che si scontrano due tesi: quella dell’Autonomia quale strumento di emancipazione dalla realtà descritta da principe Fabrizio ed aggravata dalla presenza dei Piemontesi, e quella “riparazionista”,  della classe dirigente dell’epoca, che era costituita dai Baroni; la quale contrattò, con lo Stato centrale, praticamente, tutto: dal risarcimento dei torti subiti in un secolo di annessione all’esercizio di ogni potere salvo che in materia di politica estera e penale. Prevalse, perciò, quest’ultima.

Perchè quando parla di classe dirigente si riferisce ai Baroni; il feudalesimo era stato abolito dai Borbone nel 1821;

Si. Ma mutatis mutandi, tutto era rimasto intonso fina agli anni 50: I feudi erano di proprietà dei Baroni, o, se preferiscici dei feudatari, i Gabelloti esercitavano il loro ruolo medievale, i campieri vigilavano sul feudo e vessavano, con prepotenza, i contadini senza terra ed braccianti che  continuavano a chiamarsi villani e a vivere in assoluta povertà. Se osservi il Gonfalone della Regione, istituito con legge solo nel 1991, ti accorgi che ivi sono riportati i simboli delle epoche che iniziano con la conquista dei Normanni – letteralmente Nord-men, uomini del nord – che introdussero il feudalesimo, in Sicilia, sconosciuto nelle epoche precedenti, araba compresa.

Allora la Sicilia è uscita dal Medio-Evo mezzo secolo fa.

Esattamente:  La Riforma agraria e la divisione delle terre del latifondo, difatti,  risalgono agli anni 50 del Novecento.

Ma stavamo parlando dell’Autonomia

Sì. Per capire la sua portata politica ed istituzionale bisogna leggere ed analizzare bene lo Statuto: vi si trova tutto: che l’Assemblea Regionale Siciliana è un Parlamento, i cui membri hanno diritto al titolo di Onorevole, è dotata di amplissima facoltà legislativa su vaste materie, in via esclusiva, su cui, cioè, non può incidere neanche una legge dello Stato, la quale, per avere efficacia deve essere recepita; in materia di ordine pubblico, la competenza è del Presidente della Regione che si avvale delle forze di polizia stanziate nell’Isola; tutte le tasse e le imposte, salvo monopolio tabacchi e proventi del lotto e imposte di fabbricazione, riscosse in Sicilia, sono di competenza delle Regione; é previsto un contributo dello Stato a titolo di solidarietà o di risarcimento; i beni del Demanio dello Stato e i beni dello Stato esistenti nel territorio della Regione sono di attribuzione regionale; il Presidente della Regione riveste il rango di Ministro della Repubblica e deve essere invitato alle riunioni del Consiglio quando tratta argomenti di interesse della Regione; in Sicilia rappresenta il Governo della Repubblica; sul piano istituzionale, è prevista una Sezione staccata di ogni organo girisdizionale, quale Corte dei conti, Consiglio di stato Corte di Cassazione – qeust’ultima non ancora attualizzata. Presso la sede del Presidente della Regione esiste un Alto commissariato di P.S.: l’altro ha sede presso il Quirinale, che come tutti sanno è la residenza del Presidente della Repubblica. Il Presidente ha anche il diritto di proporre la rimozione o il trasferimento fuori dall’Isola dei funzionari di polizia. Inoltre, il Governo regionale può organizzare corpi speciali di polizia amministrativa.

Insomma un piccola repubblica. Ma come mai tutti questi poteri’

Se si leggono i resoconti della Commissione incaricata della stesura dello Statuto, si deduce, che la classe dirigente, anzi i Baroni, temevano che con le libere elezioni ed il suffragio universale, concesso anche alle donne, si realizzasse la vittoria delle sinistre che allora erano costituite dai Comunisti e dai Socialisti; temendo per le loro immense proprietà e per i loro privilegi, si cautelarono.

Perchè , allora, questi poteri non sono stati esercitati?

Perchè il 18 Aprile 1948 vinse la Democrazia Cristiana e i Baroni si sentivano più garantiti da un Ministro degli Interni come l’on. Scelba, definito dalle opposizioni Ministro di polizia, creatore del famoso corpo Celere utilizzato in funzione repressiva delle lotte sociali, anzicchè da un Presidente della Regione che esercitasse i suoi poteri di capo della polizia. L’unico Presidente che abbia rivendicato questo potere è stato l’on. D’Acquisto, quando si trattò di concedere poteri speciali per la lotta alla mafia al gen. Dalla Chiesa dopo l’omicidio del segretario del PCI siciliano Pio La Torre; correva l’anno 1982; di più non aggiungo.

Ma con le prerogative e soprattutto, con le ingenti risorse disponibili la sua classe dirigente avrebbe potuto fare della Sicilia un giardino; perchè secondo lei è stata trasformata in uno stipendificio e la sua economia è una realtà da sottosviluppo?

Per le stesse ragioni che esprimeva il Gattopardo, tutti questi governi,…subito serviti, presto detestati, che si sono soltanto espressi con opere d’arte per noi enigmatiche e con concretissimi esattori d’imposte, spese poi, altrove: tutte queste cose hanno formato il carattere nostro,che così rimane condizionato da fatalità esteriori, oltre che da terrificante insularità d’animo. Detto in altre parole, per ascarismo e per opportunistica comodità. Così si è accettato che si insediassero industrie petrolchimiche di base a Priolo o a Gela, che nessuno voleva, e hanno ammorbato l’aria, facendo della Sicilia la pattumiera d’Europa. Si è tollerato ed anche, favorito, un biblico processo di emigrazione che faceva comodo per allentare tensioni sociali e gestire le rimesse inviate nei paesi d’origine; si è tollerata la mafia perchè serviva in funzione anticomunista, si è accettato il trasferimento delle risorse attraverso la Cassa del Mezzogiorno per creare quelle opere pubbliche di cui parla il Gattopardo sia pure in versione moderna, e  con il fenomeno delle pensioni di invalidità; il tutto per creare un mercato di sbocco per i prodotti del Nord: più colonia di così! In fondo anche l’Inghilterra concesse l’autonomia alle sue colonie e le riunì nel Commonwealt. Ma quelle classi dirigenti hanno saputo riscattarsi come insegnano i casi dell’India dell’Australia, etc.

Ma ora non funziona più così. Una occasione sprecata oppure uno strumento ancora valido di riscatto?

Uno strumento ancora valido. A condizione che ci sia un progetto chiaro e condiviso, anche se conflittuale con lo Stato centrale. Anzi, meglio se conflittuale, perchè rompe il Pactum scelleris che è durato per 60 anni circa

Ed esiste qualcosa del genere?

Se esiste non lo so. Ma non lo vedo, forse a causa di un deterioramento oculare.

Ma ci sono le elezioni e a breve i candidati  esprimeranno dei programmi  per la Regione Sicilia.

Regione Siciliana……

Che differenza c’è?

La Sicilia è una regione geografica, La Regione Siciliana una Istituzione costituzionale. E’ come parlare di  Repubblica Italia e non Italiana.

Bene. Fatta questa precisazione, torniamo ai programmi

Non è problema di programmi elettorali o di elenchi di cose da fare o da annunziare. C’è la necessità di un progetto di ampio respiro, di natura strategica, che abbisogna di una maturazione culturale e progettuale e dai tempi più lunghi di una campagna elettorale.

Campa cavallo…..

E voi giovani idealisti che ci state a fare. Se non volete emigrare e non volete vivere una vita di antico nuovo servaggio, rendetevi protagonisti del vostro futuro, intestatevi questa battaglia. accendete questa scommessa. Dovete stimolare la vostra fresca, giovane fantasia ed il vostro entusiasmo, vi dovete rendere creativi. Noi, per la nostra parte, oltre a fornirvi, se richiesto, qualche modesto consiglio, possiamo solo affidarvi i nostri sogni di gioventù.

Tanino Virlinzi


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