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Politiche: carta vince carta perde. Quattro parole del giorno dopo

L’Italia, è vero, è spaccata in quattro – e non ci metto Monti che, banchiere bocciato dalla matematica, non fa “polo” come dicono, ma al massimo stampella provvisoria e – dati i numerini – perfino insufficiente. No, il quarto polo è il 25% di gente che non ha votato. Un quarto dell’Italia ha espresso disaffezione, delusione, rifiuto totale di questa politica e di questo establishment. Non se ne può non tenere conto.

C’è ancora in Italia chi vota Berlusconi (i suoi voti sono in realtà diminuiti, checché ne dica la solita Santanché). Ebbene? Pur senza possibilità di controprova, lui assente, sarebbe cambiato poco. E’ normale che un quarto degli aventi diritto al voto possa esprimersi a favore della destra. C’è il voto ideologico, del tutto legittimo, c’è il voto della ricchezza che fa quadrato e quello della fame che continua a sperare la manna dal cielo. C’è il voto che proviene da vent’anni di subcultura indotta, velinismo e bungabunga. C’è – ma questo è trasversale – il voto di scambio, quello comprato, il voto di mafia. Che c’è da gridare oggi allo scandalo? Niente di nuovo sotto il sole.

I perdenti. Sicuramente Bersani (nonostante la vittoria numerica sul filo di lana) e tutte le forze di una sinistra, che anche quando si proclama rivoluzionaria, ha perso il contatto col suo popolo, con i suoi bisogni reali, le sue lotte strenue nei territori, schiacciandosi al centro nel perseguimento del meno peggio. Una sinistra persa in mezzo al guado del presente, smarrita fra compromessi e tatticismi, connivenze e debolezze, sempre più incapace di parlare di “ideali”, di proporre mete alte, di suscitare passioni ed entusiasmo. Sicuramente perdente, un sistema abnorme in cui i partiti sono diventati lobby, la logica aberrante del “pro domo sua”, la corruzione e il nepotismo elevati a sistema, le alleanze a tavolino, i calcoli di bottega, gli affari e i privilegi… Non ultima un’idea di Europa fatta di apparati e banche pronta a salvare i forti e affossare i deboli.

Chi vince è il Movimento 5 Stelle, unica vera novità del panorama. Vince perché dimostra che dal basso si può, spendendo poco e senza stampa e televisioni. Perché porta sulla scena giovani finalmente recuperati alla dimensione politica, orgogliosamente “inesperti” ma teste pensanti (come stanno dimostrando gli eletti alla regione Sicilia) e cuori pulsanti. Ma soprattutto vince perché intercetta il bisogno profondo di uscire dai meccanismi vecchi del fare politica, le gabbie ideologiche, i quadri, le scuderie, gli impresentabili, le alleanze e le compravendite…
Perché da voce al bisogno ormai improrogabile del cittadino di essere protagonista. A quell’istanza “radicale”, a quel sogno, quell’entusiasmante scommessa di riappropriarsi delle leve di comando – di fatto non più incarnati dalla sinistra. Il voto di più di un quarto degli italiani al Movimento 5 Stelle significa che nella gravità del momento presente l’unica strada è essere disposti a osare di più, a rischiare. E’ un segnale di rivoluzione da cui difficilmente si potrà prescindere.

Alla fine dei giochi, é vero, la governabilità è a rischio. Ma i nodi vengono sempre al pettine e di fronte al disastro economico e culturale in cui si trova l’Italia, occorre avere il coraggio di aprire gli occhi sugli errori commessi e imboccare strade nuove.
La difficile palla è a Bersani. Se comincia a proporre “qualcosa di sinistra”, come diceva una volta Nanni Moretti che in questa campagna l’ha sostenuto – sul conflitto d’interessi, la legge elettorale, scuola e lavoro – può essere che… ce la caviamo…


Cinzia Farina

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