Quando Matteo Chiaramonte, il poeta dialettale nato a Castelvetrano Selinunte, nella terra della Magna Grecia, autore delle liriche “Ti cuntu e ti Cantu” (1), ebbe l’ispirazione di scrivere un poema su “La vita di Gesù in poesia“(2), Papa Francesco non aveva ancora inviato ad Eugenio Scalfari la lettera rivoluzionaria sul dialogo con i non credenti (3), che così concludeva: ”La Chiesa, mi creda, nonostante tutte le lentezze, le infedeltà, gli errori e i peccati che può aver commesso e può ancora commettere in coloro che la compongono, non ha altro senso e fine se non quello di vivere e testimoniare Gesù. Lui che è stato mandato dall’Abbà (Lc 4,18-19).
Papa Bergoglio era sintonizzato con il suo predecessore Benedetto XVI, autore di diversi scritti su Gesù (4) ma Chiaramonte, laico credente non risulta di averli consultati, vivendo nella periferia isolana del Paese, ma dall’infanzia e dalla giovinezza aveva conosciuto il fascino dei Vangeli, predicati anche a Castelvetrano dal francescano Padre Rivilli, con la sua Crociata del Vangelo, poi Presenza del Vangelo, a cui ha preso parte la concittadina prof. Nella Cusimano, e dagli zelanti parroci con le loro omelie domenicali, nonchè dai Vescovi Catarinicchia, Crociata e Mogavero ed ora l’eco dei libri del benemerito papa lo richiamava al dovere della testimonianza.
Era stato inoltre affascinato dai meravigliosi episodi riprodotti dagli stucchi e dalle pitture (5-6) della dinastia dei Ferraro, originaria da Giuliana, Antonino, Orazio,Tommaso, presente in molte chiese del trapanese (Mazara, Erice, Castellammare), nella Chiesa Madre e in quelle di San Giovanni e di San Domenico, in Castelvetrano, quasi un museo artistico concentrato nella città del pre-barocco siciliano, ispirato al vecchio e nuovo testamento ed ora, dopo il restauro, pronto alla fruizione dei visitatori (7).
Ed aveva avuto un sogno che si è avverato.
Il nostro Matteo “intellettuale senza prosopopea, quasi apprendista letterato ed inventivo operatore culturale, (ha scritto canzoni, opere teatrali e radiofoniche, liriche in dialetto (8) aveva inoltre più volte visitato il Duomo di Monreale e da quella cattedra mosaicata che insegnava alla gente l’arrivo di Gesù ma in latino, in greco ed in arabo, aveva intuito che ora, dovendo affrontare l’impresa di scrivere in versi la vita di Gesù, lui essendo amante del dialetto siciliano, doveva abbandonare, per l’universalita della Chiesa, il dialetto ed utilizzare la lingua italiana.
Egli temeva che anche questa lingua fosse destinata al tramonto, come in parte avvenuto per il latino. Dante Alighieri, infatti, per Matteo come leggeva sui quotidiani, cominciava ad essere tradotto (ed in italiano corrente per necessità didattica degli studenti italiani), e se poi papa Francesco, venuto da lontano, con reminiscenze dei genitori e dei nonni emigrati in Argentina, al suo insediarsi, nel Pontificato, ha salutato i romani, frettolosi di tornare a casa dopo l’evento della sua elezione ed i turisti internazionali, convenuti a Piazza San Pietro, con il suo “Buona sera”, accolto da un uragano di applausi, sull’esempio del papa, era opportuno scrivere in italiano.
D’altronde la lingua italiana, dopo il latino della chiesa della cristianità cattolica era, per Matteo tra le più diffuse e la più amata dopo le lingue cinese,inglese, francese, russo, portoghese (10).
E ora la sua intuizione-ispirazione, di portare la vita di Gesù in poesia, impresa mai tentata, costituisce un’opera, una testimonianza di un intellettuale di provincia, un atto di fede, che nasce nell’anno dedicato proprio alla fede e, con non poca umiltà, Matteo non vuole confondere un lungo salmo di fede evangelica, con la poesia sicula, allusiva, contorta di spunti di etica civile, sì ma sorniona, ampollosa, talvolta, come la lingua di Ciullo d’Alcamo, dell’abate Meli, del Veneziano, del popolano I Buttitta, di Giardina, di G. Ribaudo, il direttore di CNTN, del marsalese Nino Di Vita, del marinese Franco Vitali, di Pippo Pappalardo, di Serretta, di Salvatore Mirabile.
Chiaramonte ha così preferito, per ripercorrere la vita di Gesù, il poetare in italiano di M.Luzi, di E.Giunta, di N.Romano, Turoldo, Ungaretti, Quasimodo, del concittadino osannato Gentile e di Luciano Messina, così amato e compreso dai poeti greci nel suo italianissimo poetare, (9), di F.Luzzio, di Adragna (nella sua rincorsa al francese, per trovare una lingua più diffusa).
Ed infine, sulla scelta di non utilizzare il siciliano non è stato indifferente l’insegnamento evangelico “Sia il vostro dire sì, sì, no, no”. Nella profondità del parlare dei siciliani, la “parola data”, nella sua intima identità con quel detto evangelico, ha valore rivoluzionario, di cambiamento, di rivalsa sui giudizi approssimativi legati alle paure omertose, nate prima della tempesta delle intercettazioni, gli strumenti inventati dalle tecnologie per confortare il Pirandello di “Uno, Nessuno, Centomila.
Senza con ciò offendere, per la scelta della lingua italiana, il contemporaneo docente universitario G.Ruffino (11), esperto della lingua siciliana e della dottrina e cultura, che la sottende e la collega al territorio ed alla storia millenaria dei suoi abitanti, ricca di espressioni e che ispira, nei contenuti trasmessi, la comprensione di detti, proverbi, intuizioni, gli scrittori italianissimi come Sciascia, V.Consolo, S.Grasso, Camilleri, che pure la utilizzano.
La scelta definitiva fu comunque difficile (per chi aveva scritto in vernacolo castelvetranese 7000 versi in “Ti cuntu e ti cantu”, presentato al Guinnes dei primati mondiali di Londra) di utilizzare la lingua italiana, in endecasillabi e in strofe come Dante, anche se quelle del Nostro sono quartine e non terzine.
Influente sarà stato, inoltre, il consiglio ed il contributo di Enzo Di Stefano, il presidente provinciale e dirigente nazionale del MCL (Movimento Cristiano dei Lavoratori ), che ha chiamato Chiaramonte a presiedere l’ENTEL (Ente Nazionale del Tempo Libero) del MCL,
indirizzato a svolgere un ruolo culturale per tutti i lavoratori italiani, che operano nei diversi continenti, attraverso inni locali, sportivi e folcloristici, canzoni, musical poetici, testi teatrali e radiofonici, programmi televisivi, attività e produzioni, che lo hanno voluto a presiedere la Pro Loco ed il “Movimento per la Vita”. E vicini gli sono stati con Di Stefano, lo storico Aurelio Giardina, il dr Giovanni Pompeo, il dr. Francesco Saverio Calcara ed i giovani cattolici del MCL, cresciuti alla scuola di Ninni Fiore (12).
Un sogno rivelatore, una voce interiore aveva invitato il Nostro, che ancora giovanissimo aveva pubblicato una sua poesia “Signore ascoltami,” nell’antologia “Poeti siciliani contemporanei” (15), e gli sembrava che fosse stato ascoltato, come rivela in apertura del volume dopo la serale recita del santo Rosario,dalle parole: “Tu scriverai la vita di Gesù“ in poesia.
Aveva infatti appena terminato di recitare il santo Rosario Matteo Chiaramonte, che, come in tante famiglie era solito pregare, per una pausa di vita comunitaria, quando, dopo avere ringraziato il Signore per avere ultimato il libro “Ti Cuntu e ti cantu” (2), sui racconti del “prossimo “conosciuto e richiamato ai doveri di cittadini e di cristiani, aveva come sentito una voce, quasi un rimprovero ed un incoraggiamento, una indicazione per corrispondere ai bisogni del tempo della società italiana e dei lavoratori italiani emigrati, accanto ad altri immigrati dei popoli della mobilità contemporanea.
Era ora il Vangelo, nella la sequenza del santo Rosario, a cui sembrava riferirsi quella voce ascoltata nel sogno a richiamarlo ai testi della fede, a riflettere ed a far meditare i suoi concittadini ed i contemporanei sulla vita di Gesù, attraverso i testi degli evangelisti e tanti, tanti versi, cinque mila in una lingua comprensibile.
L’Annunciazione, la natività, la circoncisione, la presentazione al Tempio, l’Adorazione dei Re Magi, la Fuga in Egitto della Sacra Famiglia (…) fino a Esperienza di falegnameria. Vivere del lavoro dopo la morte del padre-Giuseppe sono per l’autore i capitoli della “Storia”, tutti Momenti di vita.
Il sommario era già ipotizzato, quasi per condurre al risveglio, dal sogno alla realtà e Chiaramonte si pose all’opera, nel maggio del 2009, per scriverla, in endecasillabi, lunga 5010 versi, come indicato dal sogno. L’Autore ha riletto, scrive, quasi ad invitarci ad una attuale personale rivisitazione catechistica, “con estrema attenzione i quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli, diversi testi ecclesiastici, cenni sullo stato politico, sociale e morale di quel tempo”.
Chiaramonte non ha scritto per la ricerca di plauso letterario da parte dei critici d’arte, ma, nella sua generosa fatica del poetare, ha voluto parlare agli altri, non da teologo e maestro, ma da diligente siculo apprendista intellettuale, stimato poeta dialettale nella antica terra della Magna Grecia, laico credente, che è corso alla fonte dei Vangeli, per inseguire la sua ispirazione e formazione cristiana, che impone di trasmettere la verità conosciuta, con i talenti da ciascuno posseduti.
Si è cimentato poi nella lingua italiana, nel celato invito agli artisti più famosi del nostro tempo, ai poeti, ai pittori, agli scultori, a ripercorrere, nell’arco delle espressioni creative del pensiero intellettuale, la naturale vocazione a cercare i riferimenti essenziali della vita e della storia umana, legati alla Trascendenza, aiutati dalla Rivelazione, attraverso la conoscenza e la rappresentazione della vita di Gesù, così presente nella sua chiesa di San Domenico di Castelvetrano, la “Sistina della Sicilia”, recentemente restaurata, controfirmata dall’opera artistica della dinastia dei citati Ferraro di Giuliana, visibili anche nella Chiesa Madre e nella chiesa di San Giovanni del Nostro autore, con immagini evangeliche.
Don Vincenzo Greco, nella prefazione del volume del Nostro, approfondisce, in tal senso, il “piano dell’intenzionalità dell’autore e dell’efficacia della sua opera, che partecipa a questo sforzo credente, che nella Chiesa e nell’arte sempre si rinnova. Anche in questo caso, attraverso i 5010 versi che compongono la sua opera, che si prefigge di presentare la vita del Figlio di Dio, con passione poetica e con fervido amore cristiano, dando un contributo, originale e unico nel suo genere,alla conoscenza di Gesù”.
Né trattasi di un tentativo isolato se, limitandoci alle recenti iniziative in Sicilia troviamo, tra le altre, in sintonia con le finalità di Matteo Chiaramonte, i numerosi eventi promossi da associazioni culturali, (l’UCAI di Palermo e Monreale, l’Associazione CNTN di Padre Giacomo Ribaudo (13), le mostre e le attività promozionali di Francesco Scorsone, attraverso la Galleria 71 e quelle dell’Emiro Arte di Caracozzo e di Arte e Cultura di Alberto Russo, gli Incontri dell’Ottagono Letterario, la rivista Spiritualità e letteratura, la mostra della Federazione delle Confraternite laicali, culminate nel XXI Cammino confraternale, voluto dall’arcivescovo emerito Di Cristina ed organizzato dal segretario nazionale dr.Roberto Clementini, nel Museo Gugliemo di Monreale (14) ed ora nel Museo Diocesano di Monreale ed in quello di Palermo.
I Nuovi Salmi(13), a cura di G.Ribaudo e G.Dino ed il crescente interesse che desta la loro lettura presso le Parrocchie, la Facoltà Teologica di Sicilia, che ha presentato il Volume, con i proff.E.Giunta, G.Bellia, G.Nicolaci, Doffria e l’associazionismo artistico e laicale,
hanno coinvolto 150 poeti e scrittori di tutte le regioni, invitati a rivivere i Salmi.
L’opera di M.Chiaramonte, anch’essa coraggiosa, inventiva e coinvolgente, va inquadrata come quella degli artisti dei letterati e dei poeti del nostro tempo, autori dei Nuovi Salmi, da leggere” come eccellente esempio di dialogo tra Vangelo e Cultura”, come scrive il vescovo Vincenzo Bertolone nella presentazione di questa apprezzabile antologia di voci di poeti e di poetiche.
E presto, non è mistero solo ipotizzabile, ma impresa prevedibile se, anche sull’esempio ardimentoso del nobile talento artigianale di Chiaramonte, (artigianale per quell’elevato valorizzare il “Vivere di lavoro (di Gesù) dopo la morte del padre Giuseppe“, titolo dell’ultimo capitolo della “Vita di Gesù in poesia”), Padre Ribaudo, Dino ed i loro collaboratori non coinvolgano altri poeti e scrittori italiani a ripercorre i testi del Vangelo per una evangelizzazione, che non compete solo alla Chiesa gerarchica, nel suo impegno apostolico e missionario e nei suoi piani, quanto all’intero laicato, popolo di Dio, per trovare un dialogo con il mondo, con la cultura, l’arte, le ideologie e le Chiese, sui bisogni della società per una maggiore umanità, per la centralità della persona e della famiglia, per una fratellanza universale, fondata sull’amore per la verità, per il lavoro, per la giustizia, per la pace.
Ed intanto, come nelle ore dedicate alla preghiera comunitaria possiamo unire e leggere, nei gruppi di preghiera e nelle ore di adorazione, singole o collegiali, anche i versi di M.Chiaramonte: ”Che Gesù, del Nuovo Comandamento/ detta “logo” per essere adempito: /