Nel vaso piccino ci sta l’unguento più fino
Boleslawa Maria Lament nacque a Łowicz (Polonia) il 3 luglio 1862 : era la primogenita di otto figli di Martino Lament e Lucia Cyganowska. Era ancora fanciulla quando ebbe il dolore di assistere alla morte di due sorelline, Elena e Leocodia, e del fratellino Martino. Boleslawa dopo aver frequentato le elementari ed il ginnasio, andò a Varsavia in una scuola d’arti e mestieri, dove conseguì il diploma di sarta; ritornata a Łowicz aprì una sartoria insieme alla sorella Stanislawa, intanto viveva una vita interiore, profondamente legata alla spiritualità. Nel 1884 decise di entrare nella “Congregazione della Famiglia di Maria”, che si andava organizzando a Varsavia in clandestinità, a causa delle persecuzioni zariste. Era una suora zelante, che si distingueva per il dono della preghiera, del raccoglimento, della serietà e della fedeltà con cui compiva i suoi doveri. Dopo il noviziato e la professione dei voti semplici, lavorò come maestra di sartoria, insegnante ed educatrice in diverse Case della Congregazione, sparse nel territorio dell’Impero Russo. Ma dopo nove anni, prima di pronunciare i voti solenni, ebbe una profonda crisi che non la faceva sentire più sicura della propria vocazione in quella congregazione, pertanto la lasciò, ritornando nella sua casa di Łowicz con l’intento, appena possibile, di entrare in una clausura. Con il consiglio del suo confessore, optò poi per le opere di assistenza per i senza tetto, attività che continuò anche a Varsavia, quando la famiglia vi si trasferì; qui per sostenersi aprì un laboratorio di sartoria con la sorella minore Maria. Nel 1894 l’ennesima epidemia di colera le portò via il padre, caricandola di altre responsabilità familiari; prese con sé la madre e il fratello Stefano tredicenne, che a Varsavia frequentava il ginnasio e che intendeva farsi prete. Nel 1900 morì anche il giovane fratello Stefano; davanti alla sua bara, Boleslawa promise di ritornare alla vita della religiosa. Nell’ottobre 1905 Boleslawa, insieme a Leocidia Górczynska e Lucia Chechowska, con l’aiuto del gesuita padre Felice Wiercinski, diede inizio alla congregazione detta “Società della S. Famiglia”, che in seguito cambiò denominazione in “Suore Missionarie della Sacra Famiglia”, la cui prima superiora fu Boleslawa. Nell’autunno del 1907, Boleslawa con le sei suore della comunità di allora, si trasferì a Pietroburgo, dove sviluppò una vasta attività istruttiva ed educativa, dedicata soprattutto ai giovani, e già nel 1913 poteva estendere la sua attività in Finlandia, aprendo un collegio per ragazze a Wyborg. Seguirono, poi, altre Case nell’archidiocesi di Vilna e nella diocesi di Pinsk, e nel 1935 queste Case diventarono 33 sparse un po’ in tutta la Polonia e una perfino a Roma. Nel 1935, madre Boleslawa decise di rinunciare alla carica di Superiora Generale per gravi motivi di salute e, d’accordo con la nuova Superiora, si ritirò a Białystok dove, pur essendo anziana e gravemente ammalata, si dedicò ad aprire scuole, asili, ospizio per le donne sole e una mensa per i disoccupati. Nel 1941 fu colpita dalla paralisi e si dedicò ad una vita più ascetica, trasmettendo preziosi consigli alle consorelle. Morì santamente a Białystok il 29 gennaio 1946, ad 84 anni; la sua salma fu portata nel convento di Ratow e sepolta nella cripta sotto la Chiesa di S. Antonio. La Congregazione delle “Suore Missionarie della Sacra Famiglia”, si diffuse ampiamente in Polonia, Russia, Zambia, Libia, U.S.A., Roma. Il 5 giugno 1991, Boleslawa Maria Lament, fu proclamata beata dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio apostolico in Polonia.
Dall’omelia del Servo di Dio Giovanni Paolo II – Aeroclub di Bialystok – Mercoledì, 5 giugno 1991
« […] Durante questa Santa Messa un particolarissimo ricordo spetta a una di quelle persone felici che custodivano le vie dell’eterna Sapienza e perciò hanno trovato la vita e ottenuto grazia dal Signore. Quarantacinque anni fa qui, a Bialystok, morì la serva di Dio Boleslawa Lament, fondatrice delle “Suore Missionarie della Sacra Famiglia”; oggi verrà proclamata beata. Dio chiamò questa figlia della città di Lowicz a fondare gli istituti cattolici di beneficenza educativi e altri focolari di cura spirituale nella lontana Pietroburgo, a Mohylew, a Zytomierz, e dopo la prima guerra mondiale specialmente nella terra di Pinsk, di Bialystok e di Vilnius. Mandava avanti la sua opera tra costanti contrarietà, due volte visse la totale perdita del patrimonio della congregazione da lei fondata, sovente toccò a lei e alle sue consorelle lavorare patendo la fame e senza una propria casa. In quei momenti era solita confortarsi con il conosciuto motto della spiritualità ignaziana: “tutto per la maggiore gloria di Dio”. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse paralizzata, con grande pazienza ed immersa in preghiera. Durante tutta la vita si distingueva per una particolare sensibilità alla miseria umana, le stava a cuore specialmente la sorte dei minorati sociali, delle persone spinte al cosiddetto margine della vita o perfino nel mondo del crimine. Nel profondo senso di responsabilità per tutta la Chiesa Boleslawa ha vissuto dolorosamente la lacerazione dell’unità della Chiesa. Essa stessa sperimentò molteplici divisioni, e perfino gli odi nazionali e confessionali resi ancora più profondi dalle relazioni politiche di allora. Per questo lo scopo principale della sua vita, e della Congregazione da lei fondata, divenne l’unità della Chiesa, quell’unità per la quale Cristo pregò il Giovedì Santo nel cenacolo: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi” (Gv 17, 11). Madre Lament serviva la causa dell’unità specialmente là dove la divisione si distingueva con una particolare acutezza. Niente risparmiava pur di consolidare la fede ed accendere l’amore per Dio, pur di contribuire al reciproco avvicinamento tra i cattolici e gli ortodossi: “perché tutti – come diceva – ci volessimo bene e fossimo uno”. Riteneva una particolare grazia della Divina Provvidenza il lavoro in favore dell’unità della Chiesa, specialmente nei territori orientali. Molto prima del Concilio Vaticano II divenne l’ispiratrice dell’ecumenismo nella vita quotidiana mediante l’amore. Il Popolo di Dio in Polonia e nei territori del suo apostolato d’ora in poi potrà ricorrere nella preghiera liturgica alla sua intercessione ed attingere dalla sua vita un modello da seguire…. Amen»
Si celebrano oggi anche:
S. AFRAATE, il «Saggio»
SS. Sarbellio (Charbel), presbitero, e Bebaia, sua sorella, Martiri († cc 250)
SS. Papia e Mauro, Martiri († cc sec. III)
S. Costanzo di Perugia, Vescovo e martire († cc sec. III)
SS. Gioventino e Massimino, Martiri († 363)
S. Valerio, 2° Vescovo di Treviri († sec. III ex.)
S. Gildas di Rhuys (FR), Abate († cc 570)
S. Sulpicio Severo, Vescovo di Bourges, in Francia († 591)
B. Villana De Bottis (Firenze, 1332-1361) Madre di famiglia e terziaria
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Christus vincit,Christus regnat,Christus imperat.
Jesus Christus, heri et hodie, ipse est in saecula!
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1858, Ezra Warner inventa l’apriscatole. L’inventore americano realizza il primo apriscatole, un dispositivo con una lama ricurva che viene inserita nella lattina da aprire.
compleanni
1874 John Davison Rockefeller
1945 Tom Selleck
1956 Amy Stewart
proverbio
La vita dell’uomo su questa terra altro non è che una continua guerra
accadde oggi
1958 la legge Merlin che abolisce le case di tolleranza in Italia entra in vigore
frase celebre
“Vivere significa sempre lanciarsi in avanti, verso qualcosa di superiore, verso la perfezione, lanciarsi e cercare di arrivarci”
Pasternak, Il dottor Zivago
consiglio
Barba
Invece della solita schiuma da barba, utilizzate un gel. È un’emulsione più omogenea, che idrata la pelle in modo più efficace. Radetevi dal basso verso l’alto per evitare la crescita di peli incarniti
cosa vuol dire
Essere in area di parcheggio
Non avere lavoro
Locuzione coniata di recente, legata al fenomeno della disoccupazione giovanile. Il parcheggio è quell’area dove si possono lasciare le auto in sosta, entro determinati spazi
consiglio per terrazzo orto e giardino
La piantagione sul fondo
Si effettua secondo le norme usuali, quindi si ricopre con uno straterello di sabbia per evitare che l’acqua, che va comunque immessa con delicatezza, smuova la superficie e si intorbidisca. Quando la vasca è già colma d’acqua e la profondità non consente la piantagione sul fondo, i nuovi soggetti si lasciano semplicemente cadere nel loro contenitore privato del fondo, oppure con il pane di terra protetto da una reticella di naylon che si zavorra con un sasso, affinchè rimangano nel posto loro assegnato e li radichino.