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Palermo. Al Teatro Biondo Stabile stupisce l’Aida di Roberta Torre

paolo gallettaTanto è stato detto su Aida, il nuovo spettacolo di Roberta Torre che ha debuttato il 19 febbraio al Teatro Biondo Stabile e che sarà in scena sino al 2 marzo; tanti gli aggettivi e le descrizioni spese, molti i simboli e i sentimenti sviscerati, a tal punto da sentirmi priva di parole per dire la mia perciò comincerò dalla fine avvalendomi dei giudizi istantanei del pubblico “Ci sembra strano perché non siamo abituati”, “Aida mi ha lasciata perplessa e non ho capito quello che diceva il suo amato ma mi sento stravolto”, “Non mi sentivo così da anni”.

Se la scena si apre con un esercito (Silvia Ajelli, Aurora Falcone, Giuditta Jesu) che ha la forma di corpi umani ma il volto di volpi; se la scenografia è uno squarcio nero in un rosso espanso e accecante che riflette con distorsione come in uno specchio infranto le azioni degli uomini, se Aida(Ernesto Tomasini) porta una cresta gialla e si esibisce in stacchetti a metà tra il musical, l’avanspettacolo e la lirica in un’atmosfera circense; se il guerriero Radames(Rocco Castrocielo) parla una lingua incomprensibile muovendosi a singhiozzi e Amneris(Massimo Vinti) sembra una strega dark uscita da una brutta e triste favola che comanda a bacchetta il più viscido dei domatori d’uomini(Salvatore D’Onofrio), non c’è da stupirsi che il pubblico si sia sentito disorientato come dopo un’ubriacatura non prevista. Accantonando tutte le bizzarrie del caso non può il pubblico non aver colto la profondità dei personaggi, la forza dei sentimenti che vibrava in ogni loro gesto.

Radames, fa ingresso con andatura storpia e dolorante, la sua ascesa nell’esercito e il suo amore per Aida vengono espressi in una lingua intraducibile, il gramelot, a tratti irritante e fastidiosa, perché noi uomini razionali e civili non tolleriamo l’ignota lingua del dolore, esigiamo che tutto sia comprensibile e scarnificabile. Ma quale lingua migliore per parlare di quella merda chiamata guerra? Quella che lui ha vinto e che tutto ha ridotto a brandelli, lui compreso. Il guerriero ha lottato per la Patria; per l’unica donna che deve amare gli vien detto;  ma si sente sconfitto e perduto, dovrebbe procedere con passo fiero ma sembra un tontolone capitato per caso in quella merda chiamata guerra. Il suo strazio è un grido di pace che trafigge lo spettatore rischiando di commuoverlo; i ricordi brutali sono acquietati dalle sole parole di conforto di Aida “Senti l’amore che tutto  muove, lotta sempre per amore, fa che la merda non affoghi il tuo amore”. Roberta Torre_AidaRomantici i loro fugaci incontri nei quali si sono si promettono amore eterno nell’al di là, dove l’avidità degli uomini non potrà raggiungerli ne sopraffarli. Affascinante  la perfida e fragile Amneris: dark, robotica, sensuale, nivea, donna degli inferi pronta ad ordire i peggiori complotti con la complicità del domatore al suo seguito, pronto a tutto pur di esaudire i suoi crudeli desideri, come  ottenere l’amore di Radames.

Uno spettacolo che ha voluto colpire, e c’è riuscito, per immagini, colori e musiche e per la ricerca straziante di pace, ma non compreso sino a fondo: la lingua di Radames e il volume molto  alto delle musiche non hanno allietato l’ascolto e l’attenzione, il personaggio Aida è stato superato e ottenebrato dal suo stesso interprete Ernesto Tomasini, lasciando perplesso parte del pubblico che ha però riconosciuto e applaudito il performer per le sue potenti qualità artistiche.

E continua con coerenza e coraggio il mutamento culturale che consciamente o inconsciamente caratterizza ormai le attività teatrali della palermitana d’adozione Roberta Torre che ha firmato la regia di uno spettacolo ancora una volta spiazzante e crudelmente veritiero.

 

Livia D’Alotto

 

 

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